35 artisti siciliani reinterpretano Antonello da Messina
di Lucia Nifosì
Scicli – La sfida non era semplice, non lo è mai quando ci si confronta con un grande maestro. La collettiva che si è inaugurata sabato 19 dicembre al Brancati è e sarà un momento importante nella storia del Movimento Culturale Vitaliano Brancati che da oltre 35 anni promuove la vita artistica e culturale della città e una tappa fondamentale per gli artisti, 35, che sono stati invitati a partecipare. Il Maestro è Antonello da Messina, l’opera l’Annunciazione della Galleria di Palazzo Bellomo di Siracusa realizzata nel 1474 nel pieno della maturità artistica del pittore. Il misurarsi, da parte di un numero cospicuo di artisti, con la stessa opera ha prodotto risultati significativi e di una straordinaria creatività laddove i d’apres realizzati hanno dato un nuovo slancio interpretativo, uno scatto formale e, a volte, inedito, alla solidità compositiva, all’armonia di colori, alla tradizione – sul crinale della pittura italiana e fiamminga – del maestro messinese. Il mistero dell’Annunciazione dell’Angelo a Maria, un mistero che ancora ci affascina e sconvolge, senza perdere i connotati simbolici legati alle Sacre Scritture e la solidità di una lunga tradizione di Annunciazioni, si presenta in una veste contemporanea che porta la cifra di ciascun artista che si è cimentato nel dialogo con il passato.
Quella, ad esempio, di Sandro Bracchitta che interseca la verticalità della colonna, diaframma tra Maria e l’Angelo, con uno stick per l’accertamento di una gravidanza, o quando la classicità compositiva di Antonello viene riletta da N. Sacco come una superficie astratta dove un raggio di luce colpisce il manto della “Madre di Gesù” sulla traiettoria in cui si colloca, nell’opera originale, lo Spirito Santo.
Carmelo Candiano ha concentrato la propria attenzione su Maria giocando l’intera figura su passaggi di rosso da quello aranciato dell’abito, al bruno dello sfondo, allo splendido rosso sangue, fuori dal canone, del mantello che sembra svegliarci dall’incanto e dalla sospensione della scena tradizionale. Lo spazio in penombra dove si svolge la scena sacra è stato inondato di luce mediterranea da Franco Polizzi che ha immaginato in piena ora meridiana, quella di una primavera appena iniziata, il compiersi del mistero nella cittadina di Nazareth. La scelta di isolare l’Angelo Annunziante appartiene alle opere di Colombo, Alvarez e Blanco. Conoscendo bene la tavola di riferimento, isolarne un particolare significa conferirgli forza, concentrazione secondo un uso appropriato della sineddoche dove la parte sta per il tutto. La Rivelazione, per Guccione, non è affidata all’Angelo, ma proviene da una finestra aperta all’interno di un contesto scenograficamente consolidato. Protagonista è la luce che cancella il volto di Maria negando la storicità dell’evento in una visione onesta e laica del rapporto tra spazio-figure-luce.
C’è chi ha voluto portare una parte di sé all’interno delle opere, partecipare come spettatore silente al compiersi dell’epifania. E’ così per Sarnari che ha incorniciato la fornace del Pisciotto in una delle finestre , o per Nucci che ha scelto una palma così come Giovanna Gennaro che , in un accarezzato pastello ricco di malva, ha omaggiato la campagna iblea. Quest’ultima torna anche nel lavoro di Gianni Mania dove all’interno di un rudere giace una Madonna di cartapesta, nota a pochi, facente parte del patrimonio della nostra città.
La sequenza prospettica è la cifra dell’opera di Arturo Brabante e nello svolazzare della pagine del libro sul leggìo immortalato da Mira Cantone rivediamo lo stupore di Maria di fronte all’apparizione dell’Angelo. Il sorriso lieto e imbarazzato di Maria ha rapito Ilde Barone e Diara. Salvo Barone ha accostato il volto diafano dell’angelo Gabriele al volto pensieroso di una Madonna Nera. Il misurarsi con l’Annunciazione di Antonello da Messina, sia che esso sia stato affrontato con la rappresentazione della Madonna o dell’Angelo Gabriele, sia quando la scena è stata rappresentata nella sua interezza– con la trasformazione delle pesanti lacune della pala in momenti di forza: atmosfera, cancellazioni, ricercati artifici – o solo in parte, fa emergere come in tutte le opere presentate il passo contemporaneo, l’invenzione e la sensibilità personale vanno ricercate nella concentrazione su uno spazio architettonico, una scatola prospettica all’interno della quale sono collocate tre figure, degli oggetti, un’ora del giorno, tutti partecipi di un episodio straordinario e inspiegabile che, sottraendo le finalità reali dell’opera originaria, viene spiegato attraverso le regioni della pittura e dell’arte in generale se si considera, come ha messo in luce Paolo Nifosì nella presentazione della mostra, come la scelta di un tema unico “ ha ripristinato il desueto ruolo del committente rispetto agli artisti che, da molto tempo oramai rispondono soltanto al loro immaginario e alla loro poetica, e non è detto che questo modo di procedere abbia aiutati la creatività”. Un “vincolo” dunque quello del tema e della committenza che oggi, come in passato, ha permesso di rinnovare il miracolo.

In copertina, Piero Guccione – Studio Annunciazione di Siracusa – pastello su carta – cm 25×20 – 2010
A fianco, Gianni Mania, Pericoli e Purezze
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