di Redazione
I contraccolpi alla composizione delle liste nel Partito Democratico (caso Lumia, province Siracusa e Ragusa, segreteria di Palermo) ed alla Sinistra Arcobaleno (caso Luxuria) danno la misura di ciò che sta succedendo in Italia nella campagna elettorale più pazza della sua storia politica.
Le trepidazioni, arrabbiature, i cambi di casacca non sono solo il frutto di errori a go-gò compiuti dai gruppi dirigenti ma dal carattere straordinario delle scelte che si compiono in questi giorni. I capi degli schieramenti politici non decidono chi deve andare in lista ed aspirare all’elezione ma decidono chi deve andare o meno in Parlamento, in una parola ”eleggono” i deputati ed i senatori. Nel PDL si sono fatti i conti, hanno una aspettativa di parlamentari che dovrebbe mandare alle Camere 14 candidati dalla Sicilia orientale e 11 dalla Sicilia occidentale. 25 in tutto, dunque. Ebbene questi 25 neo-parlamentari saranno scelti uno per uno dai capi della PDL, e cioè Berlusconi e Fini, sulla base delle indicazioni e sollecitazioni che verranno dalla Sicilia.Che cosa pensate che stia accadendo in queste ore? Attesa trepidante, aspettativa ansiosa.
Non solo, c’è la ricerca del posto in prima fila. E qualunque scelta venga compiuta, anche la più corretta (utopistico)Non si tratta certo di una condizione peculiare del Pdl. E’ accaduto anche nel PD. Il sistema elettorale crea le condizioni di una conflittualità esasperata ancor prima che si vada alle urne e, addirittura, prima che la campagna elettorale faccia i primi passi formali.
Si scende in campo quando le liste sono state composte, teoricamente, non prima. La legge elettorale provoca una inversione: la sfida viene anticipata all’interno dei partiti perché l’obiettivo più importante è di accaparrarsi il posto giusto in lista, non il consenso degli elettori. Certo, anche quello. Ma è un lavoro che si può fare in sourplace senza ansie né uso dei gomiti. La poltrona è stata già conquistata.
Sono le aberranti conseguenze della legge elettorale. Ovviamente non si può addebitare tutto alle regole, gli errori di valutazione rimangono tali. Il fatto che sui nomi ci sia stato un dissenso corale, per esempio, incide sulla “qualità” delle reazioni, non sulla sostanza delle scelte. I commentatori più attenti ritengono che sulla composizione delle liste pesino anche altri bisogni, come la presenza di uomini di fiducia nei rami del Parlamento.
Ogni leader pretende di avere una propria rappresentanza, il fatto che questo costi al suo partito un indebolimento della lista,non viene trascurato, è sicuramente oggetto di valutazione, ma pesa di meno nell’economia dei bisogni. Insomma, meno voti in cambio di una rappresentanza più affidabile. Aberrante vero?Sì, così è, se vi pare.
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