di Redazione
“Le liste del Partito Democratico in Sicilia, per il Parlamento nazionale, sono inadeguate, in certi casi offensive, comunque sbagliate”. Questo giudizio non è stato consegnato alla pubblica opinione da un avversario politico del Partito Democratico, né da un fegatoso antagonista del veltronismo, e nemmeno da un uomo politico uso ad esasperare i toni, ma dal vice presidente del gruppo parlamentare del PD all’Assemblea regionale siciliana, il deputato Roberto De Benedictis, uomo affabile, di buona creanza, seppure determinato.
Le conclusioni cui arriva De Benedictis sono aspre: “Se non si rimedia, i vertici del PD si assumeranno fino in fondo la responsabilità di un disastro annunciato”.Le decisioni romane, ne dobbiamo arguire, non gli sono proprio andate giù. Perché? Cominciamo da un dato inoppugnabile: non ci sono candidati provenienti dalle province di Siracusa e Ragusa. Credo che si tratti di un evento politico senza precedenti, De Benedictis, siracusano, ha un diavolo per capello. Basta per dare un giudizio così negativo? No, ma la cancellazione della Sicilia sud orientale non è il solo elemento discutibile delle liste del PD. Se non si rimedia, saranno guai, afferma De Benedictis. Ci sono margini per un ripensamento? Non lo sappiamo, sappiamo che c’i sono reazioni veementi.Hanno davvero ragione i siciliani di arrabbiarsi per le scelte di Roma nel PD?Crediamo proprio che ne abbiano. Cerco di spiegarne il motivo.Nella composizione delle liste alla Camera ed al Senato, infatti, sono stati inseriti quadri dirigenti esterni alla nomenclatura siciliana. Il capolista alla Camera nella circoscrizione della Sicilia Occidentale è il Ministro della Pubblica istruzione, Beppe Fioroni; poi ci sono altri nomi, tutti ben piazzati in lista, come Piero Martino dell’Ufficio stampa nazionale del partito, Enzo Carra, deputato uscente teodem, Piera Bernardini, segretario del partito radicale, Ricky Levi. sottosegretario alla presidenza, Marco Causi, assessore al bilancio del comune di Roma. Anna Serafini, senatore uscente e moglie di Piero, dirigente nazionale del partito. Esterni, dunque. E tutti deputati e senatori in pectore, non solo candidati, per via della legge elettorale con le liste bloccate.
Quali regole sono state seguite?
Lo ignoro, di sicuro non sono comprensibili.
Non si è èribilegiato lo svecchiamento, non si è cercasto fuori dal partito, non si sono invitate personalità “esterne” ma radicate nel territorio. Niente. E invece, che cosa è accaduto?
Nonostante la modesta concessione di deroghe (un solo caso, Enzo Bianco, ben piazzato alla Camera, Sicilia Orientale) e l’esclusione di Lumia, che farebbero intuire una svolta epocale sul rispetto degli impegni assunti (di modernizzazione e svecchiamento), la composizione delle liste invia messaggi ambigui e furbi.
Quali?
Salvatore Cardinale, ex ministro, siciliano di Caltanissetta, non si ricandida e non cerca deroghe, ma ha fatto qualcosa di peggio ad avviso dei dissenzienti, facendo candidare la figlia Daniela; è piombata dal primo al nono posto Loredana Ilarda, la ragazza del call center che Walter Veltroni presentò a Palermo come la bandiera del nuovo PD e la capolista nella Sicilia occidentale.
Siccome l’aspettativa di successo arriva al settimo o ottavo posto, e Daniela Cardinale c’è dentro, le conclusioni da trarre sono semplici: i dirigenti nazionali del PD hanno nominato deputati e senatori (e non solo candidati alla Camera e al Senato) senza seguire criteri riconoscibili, grazie ai quali gli esclusi si sarebbero potuti fare una ragione e gli altri, i dissenzienti, avrebbero ingoiato il rospo. Così come stanno le cose, hanno ragione quelli che hanno reagito in modo assai aspro all’esclusione di Lumia vice presidente della commissione antimafia, perché non ne comprendono la motivazione.
Per fare posto alla figlia dell’ex Ministro, come si chiede De Benedictis? Il problema non è affatto l’esclusione di Lumia che indebolisce la lotta alla mafia – sarebbe bene avere il senso della misura in certe circostanze – ma i motivi che impediscono a Lumia di tornare alla Camera e consentono a Daniela Cardinale di diventare deputato.
I militanti, quelli che hanno il partito nella testa e nel cuore, insomma, sono disposti ad accettare tutto, ma non accettano il pugno allo stomaco. Leviamoci un’altra spina. Anna Serafini. Si porta appresso il gap di essere la moglie di Piero, è una vecchia militante e dirigente, ed è un dato di fatto. E questa condizione è gia difficile farla digerire a casa sua, figuriamoci in Sicilia, dove la conoscono solo come moglie di Piero. Errori di grammatica, insomma.
Veltroni è meglio del PD? Sicuro, se non fosse che Veltroni è il PD: se non tutto, una buona parte. La composizione delle liste siciliane del PD misura dunque la distanza tra le parole e i fatti. Veltroni, di questo passo, dovrà fare il miracolo, visto che lui tira, il PD, impaludato, no.
Il nepotismo, comunque, non è il male peggiore delle liste PD, la questione di fondo è la riproposizione del gruppo dirigente nei posti sicuri, una scelta che rende poco credibile la vocazione alla modernità ed al cambiamento. L’impressione è che il pensiero prevalente sia stato di occupare tutte le caselle buone per nominare deputati e senatori.
Non è così?
Possibile, ma è la percezione quella che conta. Trattandosi di persone cui non fa difetto certo l’intelligenza politica, bisogna ritenere che abbiano fatto una valutazione: sul piatto della bilancia hanno posto da una parte la sopravvivenza del gruppo dirigente e dall’altra l’obiettivo del successo ottenuto grazie ad un rinnovamento coerente. Ha pesato di più la prima considerazione che la seconda.
Ci penserà Walter a rimediare?
Gli Ecodem del Partito democratico, intanto, si sono riuniti per chiedere la testa del segretario regionale del Pd, Francantonio Genovese. Sinceramente non crediamo che abbia avuto un ruolo determinante nelle scelte: non ha battuto i pugni sul tavolo, ma questo lo sapevano tutti che non l’avrebbe mai fatto. O no?
Fonte: Siciliainformazioni.com
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