Attualità
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28/06/2007 00:00

Le nostre città crescono senza un’idea di futuro

di Redazione

«L’Unesco non è una riserva indiana oltre la quale si può agire come si vuole»: il presidente provinciale dell’Ordine degli Architetti, Paolo Mincio, guarda con preoccupazione alle scelte urbanistiche che rischiano di restituire alle nostre comunità città, territori e paesaggi senza identità.
Anche di questo si discuterà questo pomeriggio, nell’aula magna della facoltà di Lingue di Ibla (al complesso Santa Teresa), nel corso del convegno «Arch. – L’utilità della bellezza». I lavori avranno inizio alle 16.30 e saranno aperti dalla relazione introduttiva di Giusy Pagliarello. Seguiranno gli interventi del sindaco Nello Dipasquale, della soprintendente Vera Greco, della giornalista di «Nonsolomoda» Lorena Bari, della storica dell’arte Marta Francocci, del docente di Urbanistica Stefano Munarin.
«Abbiamo scelto – spiega il presidente Mincio – di estendere il confronto oltre la sfera degli architetti. La bellezza, il paesaggio, le città appartengono a tutti e lanciano sfide che coinvolgono le comunità e le classi dirigenti nel loro complesso».
C’è spazio, in un’epoca caratterizzata dalla precarietà e dalla concretezza, per affermare l’utilità della bellezza? «Questo motto – aggiunge il presidente Mincio – è un invito all’intera società civile a mobilitarsi. Gli architetti della provincia di Ragusa lanciamo un allarme perché una logica strettamente mercantilistica della gestione del territorio non abbia il sopravvento sull’interesse della collettività per una qualità della vita più equilibrata e per un uso sostenibile del territorio».
L’allarme lanciato dagli architetti riguarda sia scelte particolari (gli interventi in corso in piazza San Giovanni e nell’area creatasi a Ibla con l’abbattimento dell’ex Ipsia che sono lontani dai canoni seguiti dalle città che stanno rinnovando i loro centri storici) che generali. «Le nostre città – aggiunge Mincio – stanno crescendo senza un’idea di futuro con scelte che non rientrano in alcuna logica e prive di un disegno ragionevole. Per restare a Ragusa – specifica – le aree per l’edilizia economica e popolare, grazie al piano particolareggiato, potevano insediarsi nel centro storico, ripopolando la città antica e senza utilizzare nuove porzioni di territorio. Si è, però, preferita – conclude – una scelta diversa».