Verdetto finale
di Redazione
Palermo – Mentre il premier Berlusconi si scaglia contro la magistratura annunciando punizioni per i pm milanesi che, a suo giudizio, avrebbero violato la Costituzione, l’ex governatore siciliano Totò Cuffaro, alla vigilia del verdetto della Cassazione sul suo favoreggiamento aggravato alla mafia, mostra un atteggiamento decisamente più politically correct: «Sono, come sempre, fiducioso nelle istituzioni, e la magistratura è un’istituzione e come tale va rispettata».
Lo ha detto l’ex governatore siciliano qualche giorno fa, interrogato dai cronisti sul suo stato d’animo in relazione all’attesa della decisione della Cassazione: domani, infatti, innanzi alla Seconda sezione penale, si svolgerà l’udienza nella quale i giudici dovranno decidere se confermare o meno, nei confronti di Cuffaro, senatore iscritto al gruppo dell’Udc, la condanna a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto istruttorio, emessa nell’ambito del processo sulle talpe alla Dda.
Il prossimo tre febbraio, invece, riprenderà a Palermo l’altro processo, con rito abbreviato, nel quale l’ex governatore è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e per il quale la Procura ha chiesto una condanna a dieci anni di reclusione.
Contro il verdetto emesso lo scorso 23 gennaio dalla Corte di Appello di Palermo, insieme a Cuffaro, hanno presentato ricorso anche gli altri dieci coimputati. Tra loro, l’ex manager della sanità privata Michele Aiello, ritenuto l’alter ego del boss Bernardo Provenzano nell’imprenditoria e condannato in secondo grado a 15 anni e sei mesi per aver ordito una rete di spionaggio che svelava le notizie sulle indagini di mafia. Il sostituto procuratore generale Giovanni Galati rappresenta la Procura della Suprema Corte e avanzerà, nella sua requisitoria, le richieste sulle pene inflitte. Nel processo d’appello vennero elevate le condanne per Cuffaro, passato da cinque a sette anni di reclusione a seguito della contestazione dell’aggravante mafiosa, per Aiello, che ha visto crescere di un anno e mezzo l’iniziale pena a 14 anni, e per l’ex sottufficiale del Ros Giorgio Riolo, la cui pena è salita da sette a otto anni di carcere. Per gli altri otto imputati sono rimaste invariate le condanne inflitte in primo grado, il 18 gennaio 2008, dal Tribunale di Palermo: sei mesi ad Antonella Buttitta, 4 anni e sei mesi al radiologo Aldo Carcione, un anno a Roberto Rotondo, 3 anni a Giacomo Venezia, nove mesi a Michele Giambruno, 4 anni e sei mesi a Lorenzo Iannì, nove mesi a Salvatore Prestigiacomo, due anni ad Angelo Calaciura. In appello fu dichiarata la prescrizione della condanna a due anni per corruzione, per morte dell’imputata, nei confronti di Adriana La Barbera.
Con rito abbreviato è stato processato a parte il maresciallo della Dia Giuseppe Ciuroal quale, lo scorso 28 ottobre, la Cassazione ha confermato la condanna a 4 anni e otto mesi. Lo scorso 18 novembre la Cassazione ha confermato la responsabilità penale nel concorso esterno ad un altro politico invischiato nella vicenda, l’ex assessore dell’Udc Mimmo Miceli, «delfino» di Cuffaro, stabilendo però che la condanna a 6 anni e sei mesi dovrà essere rideterminata in appello per la mancata valutazione delle circostanze attenuanti.
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