di Redazione

Lo scienziato che teorizza l’«immortalità» di Berlusconi, il medico che con i suoi elisir rinvigorisce il Cavaliere e che lo sorresse nel novembre del 2006 sul palco di Montecatini mentre barcollava, proprio lui, Umberto Scapagnini, il sindaco di Catania invidiato per le belle fidanzate e considerato il Gastone della politica perché la fortuna gli casca sempre addosso, stavolta parla a cuore aperto di se stesso. Senza riferimenti a passioni, amori e politica. Perché racconta del tumore che s’è ritrovato sotto una tempia, “a un pelo dal cervello». E lo fa per spiegare che «non bisogna avere paura di guardarlo in faccia, di chiamarlo cancro, di combatterlo, convinti come bisogna essere sin dal primo momento che lo si può sconfiggere e ricominciare».
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Scapagnini con Berlusconi |
Mettiamo allora da parte battute, ballerine e quadretti ironici sugli infusi di eterna giovinezza per entrare ed uscire con lui da un dramma che si sta lentamente lasciando alle spalle. Sempre con la sua proverbiale fortuna. Perché il destino ha voluto che il figlio, Giovanni, professore all’università del Molise, pure lui ricercatore allevato in America nientedimeno che da Bob Gallo, lo scopritore dell’Aids, stia testando con lo stesso gruppo proprio il contrattacco a quel tipo di tumore annidatosi sotto la tempia sinistra del padre. Una sperimentazione avviata fra le due sponde dell’Atlantico con una “cavia” eccellente nel mezzo, appunto il paziente Scapagnini. «Adesso sto bene. Si vede, no? Ma quando a metà novembre Giovanni ebbe il risultato istologico e venne a trovarmi non sapeva come dirmi che si trattava di un cancro», ricorda il papà-paziente. «Una tragedia. Ho dovuto rianimarlo io. Poi ci siamo messi insieme a controllare carte ed esami, a capire, a studiare, a preparare la controffensiva…».
IL PRIMO SINTOMO – Il racconto dell’ormai ex sindaco che ha lasciato Catania per candidarsi al Senato comincia con una premessa che è un consiglio per chi legge, per potere cogliere il tumore in tempo: «Il nemico è sempre in agguato. Basta un momento di debolezza biologica e scopri di non avere armi a difesa. Non bisogna farsi trovare impreparati, deboli, esposti». E qui torna il tema degli “elisir”, di quelle vitamine da miscelare con dieta, riposo e attività fisica. Sempre ascoltando il proprio corpo: «Mai sottovalutare i sintomi, la fitta, il malessere, l’annebbiamento…». Il primo sintomo? «Tutto comincia con un banale lipoma. Sotto la tempia, vicino all’occhio sinistro dove vent’anni fa avevo tolto un neo. Una macchia celava qualcosa da esplorare. Ecco, in questi casi non bisogna compiere l’errore che spesso si fa nel Sud, partendo verso luoghi miracolistici. Perché esiste ormai una scienza così diffusa che ovunque tu sia è possibile inquadrare la patologia. Se poi bisogna arrivare necessariamente al chirurgo, allora capisco che si cerchi chi offre più garanzie».
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Umberto Scapagnini |
LA SCELTA DI MESSINA – Bisogna quindi guardare dentro. E Scapagnini resta a Catania «perché la risonanza magnetica dell’ospedale Cannizzaro è all’avanguardia: attrezzature e capacità mediche che possiamo trovare nel Nord Italia, in Francia o in America». Il risultato scuote. Il referto parla di una neoplasia piazzata fra tempia e osso zigomatico. Brutta storia. Necessario l’intervento chirurgico. Occorre aprire, pulire ed esaminare. Operazione ad alto rischio per vie nervose e diramazioni vascolari. Ma anche in questo caso il professore che ha insegnato per cinque anni all’università di San Francisco, al California Medical Center, e per un anno al Mit di Boston rifiuta l’idea del viaggio della speranza: «Avrei potuto fare tutto in America, ma ho scelto il dipartimento del neurochirurgo di Messina, Francesco Tomasello. Sta lì uno dei migliori maxillofacciali europei, allievo di Giannetti, scuola romana, Francesco Da Ponte, da nove anni titolare di cattedra». L’intervento risale al 13 novembre. Ovviamente, un 13 fortunato. «La sera stessa me ne sarei tornato a casa. Stavo benissimo, certo che non fosse niente di grave. Ma dopo qualche giorno arriva Giovanni con l’esito istologico. Lui parla, si commuove, ci fermiamo. Capisco di avere una “massa”, beh una “masserella” incollata al cervello. E la chiamo subito per quello che è: la metastasi di una neoplasia della famiglia dei melanomi». Immediata la telefonata a un vecchio amico, Natale Cascinelli, direttore dell’Istituto dei tumori di Milano dopo Veronesi, adesso direttore scientifico: «Mi suggerisce un bombardamento di raggi con una macchina di nuova generazione che a Catania avremo a fine anno. Per questo raggiungo Milano, la Medicina nucleare del San Raffaele, dove il professore Ferruccio Fazio mi sottopone a una tomografia mirata con un apparecchio in grado di emettere 51 fonti di energia, un raggio simile a un coltello chirurgico. Ogni volta una Tac e una irradiazione. Una dopo l’altra». Scapagnini si ritrova così davanti a un tunnel nel quale entra per un mese di seguito, mezz’ora a seduta: «Un tempo infinito. Dopo una vita a cento all’ora, mi fermo per più di dieci ore dentro un tubo. Immobile, solo, lo sguardo bloccato sulla calotta lucida che diventa uno schermo in cui rivedo il film della mia esistenza. La memoria mi restituisce immagini nitide. Le facce delle persone amate. Poi aspirazioni, successi, dolori. Un’occasione per relativizzare. Senza mai deprimermi perché, oltre alla fede, mi portavo dentro le energie positive di centinaia di amici che chiamavano spronandomi. Com’è poi accaduto al ritorno, a Catania, dove ho ritrovato pure avversari politici, persone con cui ci si scontra giorno dopo giorno, che arrivano e tifano per te, contro il male, per la vita. Stupendo. Distingui minuzie e grandezze del nostro mondo».
L’ESPERIMENTO DEL FIGLIO – L’emozione più grande resta quella del verdetto emesso al San Raffaele. «Mi dicono: “clinicamente guarito”. Ma so che è necessaria una terapia e scopro che il mio salvatore sarà Giovanni». Volto noto anche quello di Scapagnini figlio. Tanti lo seguono la mattina del sabato su Raiuno. Parla di malanni, anticorpi, esperimenti. E uno lo prova su suo padre. «Una terapia basata sulla stimolazione delle difese immunitarie», sintetizza lui somministrando al paziente eccellente una sostanza presente nel timo per aggredire le cellule. Il linguaggio è tecnico: «Un polipeptide, una catena di 21 aminoacidi non ancora in commercio in Italia». Il destino (e la fortuna) vuole che Giovanni Scapagnini, professore di Biochimica clinica e genomica funzionale, abbia insegnato per quattro anni all’Institute of Human Virology di Harvard e che sempre con Bob Gallo si stia occupando della sperimentazione dei “polifenoli” estratti dal te verde. «Hanno scoperto che il principale fattore, il composto EGCG, blocca specificatamente la diffusione di questo tipo di cellule neoplastiche. Inibendo i fattori della mobilità. Proprio come se le paralizzasse», spiega Scapagnini-paziente. E conferma Scapagnini-figlio: «Una tecnica avviata anche per soggetti al terzo stadio, al National Cancer Institute, a Betesda, nel Maryland, roccaforte del Nih, il National Institute of Health».
IL FATTORE FORTUNA – Lo ammette che ci vuole un po’ di fortuna e se ne augura ancora tanta, il paziente: «Spero di potere confermare che Berlusconi non sia l’unico immortale». Ci scherza su, ma tiene a spiegare perché: «In questi casi bisogna trovare dentro di sé la serenità e la forza di potere reagire. E io dedicherò il resto della mia vita scientifica e politica alla lotta contro un male che si può e si deve vincere».
Felice Cavallaro
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