Anche il Mediterraneo sarebbe a rischio
di Redazione


Pozzallo – Missione della nave oceanografica Urania lungo le coste iblee, per progetti di ricerca interdisciplinare promossi dal Consiglio nazionale delle ricerche. Intensificati da qualche anno a questa parte i controlli di carattere sismologico. In base a ricerche sempre più aggiornate, studiosi ed esperti sostengono infatti che anche il Mediterraneo sarebbe a rischio tsunami. Il prof. Enzo Boschi, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), ne è convinto. Gli scenari elaborati dall’Ingv mostrano che, per effetto delle sorgenti tsunamigeiche elleniche, ci sono circa 1200 chilometri di coste italiane affacciate sullo Ionio e sul Canale di Sicilia, da Bari a Trapani, passando per Taranto, Catanzaro, Reggio Calabria, Catania, Siracusa e Agrigento, in cui si possono verificare maremoti con onde più alte di un metro.
Il problema più critico del rischio maremoti nel Mediterraneo è rappresentato dalle piccole dimensioni del bacino, per cui le velocità medie di propagazione dell’onda, che sono di oltre 300 chilometri orari, in caso di allarme, lascerebbero alla popolazione costiera solo dieci minuti di tempo per spostarsi verso l’entroterra.
Il prof. Boschi parla in particolare del vulcano Marsili, il più grande vulcano sommerso d’Europa. Il mostro, lungo 70 chilometri, è piazzato di fronte la Calabria, tra Diamante e Lamezia. Largo 30 metri, alto 3450, sarebbe tenuto a bada, al momento, dalla pressione delle acque del Mediterraneo che stanno 450 metri sopra la sua punta più elevata. Il vulcano è spento, ma sia l’Ingv che il Cnr, con la nave oceanografica Urania, in attività in questi giorni nel tratto di mare compreso tra l’isola dei Porri (Ispica) e Capo Scalambri (Santa Croce camerina), hanno evidenziato segnali importanti. Segnali che vengono emessi da millenni. Unico problema è che il Marsili è sommerso e non può essere tenuto sotto controllo come l’Etna.
Lo sciame sismico, che di recente ha interessato tutto il Mediterraneo meridionale, ha consentito di focalizzare diverse scosse intorno al Monte Marsili. “Le ultime indagini compiute – afferma il prof. Boschi – dicono che l’edificio del vulcano non è robusto e le sue pareti sono fragili. Inoltre abbiamo misurato la camera di magma che si è formata negli ultimi anni ed è di grandi dimensioni. Tutto ci dice che il vulcano è attivo e potrebbe eruttare all’improvviso. La caduta rapida di una notevole massa di materiale scatenerebbe un potente tsunami che investirebbe le coste della Campania, della Calabria e della Sicilia provocando disastri”. Ed anche il prof. Franco Ortolani, noto studioso di cataclismi venuto alla ribalta per avere lanciato l’allarme per la frana di Messina e quella di Val Venosta, sostiene che “si potrebbe creare da un momento all’altro una frana sottomarina che, se di grandi dimensioni, potrebbe mettere in moto una tsunami che si dirigerebbe verso le coste del Tirreno generando un maremoto devastante”.
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