di Redazione
Il presidente della Repubblica nella lettera inviata alla Corte d’Assise di Palermo chiede che il presidente Alfredo Montalto “possa valutare nel corso del dibattimento il reale contributo che le mie dichiarazioni, sulle circostanze in relazione alle quali è stata ammessa la testimonianza, potrebbero effettivamente arrecare all’accertamento processuale in corso”. Il capo dello Stato, nella missiva, elenca diverse circostanze. Innanzitutto ricorda che “la lettera indirizzatami il 18 giugno 2012 dal dottor Loris D’Ambrosio, con la quale egli volle rimettermi l’incarico (da me conferitogli il 18 maggio 2006) di Consigliere per gli Affari dell’Amministrazione della giustizia, è stata, per mia libera iniziativa, pubblicata nella raccolta di miei interventi del periodo 20062012 ‘sulla giustizia’. Quella mia iniziativa, di certo non dovuta, corrispose ad un intento di massima trasparenza nel documentare e onorare il travaglio umano e morale del consigliere D’Ambrosio, provocato dalla diffusione, sulla stampa, di testi registrati (non si sa quanto correttamente e integralmente riprodotti) di conversazioni telefoniche con il senatore Mancino, intercettate dalla Procura di Palermo e da cui vengono ricavati elementi di grave sospetto su comportamenti tenuti dal mio collaboratore”. Sono diverse le intercettazioni telefoniche registrate dagli inquirenti tra l’ex presidente del Senato Nicola Mancino, imputato nel processo per la trattativa tra Stato e mafia per falsa testimonianza, e il consigliere D’Ambrosio. Inoltre nella lettera inviata da Napolitano alla Corte d’Assise di Palermo, il capo dello Stato parlando della missiva inviatagli dal consigliere D’Ambrosio prima di morire “era caratterizzata da profonda ‘amarezza e sgomento’ e direi anche indignazione per interpretazioni (dello scambio di telefonate con il senatore Mancino) e piu’ generali, arbitrarie insinuazioni che colpivano la costante linearità della condotta tenuta dal dottor D’Ambrosio, in modo particolare rispetto all’impegno dello Stato nella lotta contro la mafia”. “Il giorno seguente, il 19 giugno 2012 scrive Napolitano lo invitai nel mio studio alla presenza del segretario generale della presidenza della Repubblica per tentate di rasserenarlo e per confermargli la mia stima e fiducia e farlo anche per iscritto, consegnandogli la lettera con la quale lo inviatavo a mantenere l’incarico di mio consigliere”.
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