Come Serafino Amabile Guastella e Antonino Uccello. Scatti rivelatori
di Redazione


Scicli – “Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento”, Henri Cartier-Bresson
“La fotografia deve suggerire, non insistere o spiegare”, Brassaï
Esistono luoghi e paesaggi che associamo inevitabilmente agli scritti di un narratore, ai quadri di un pittore, agli scatti di un fotografo: si pensi alle Langhe di Pavese, alle armoniose Marche di Raffaello, alla Venezia silenziosa e raggelata di Berengo-Gardin.
E si pensi alla Sicilia (non solo sud-orientale) di Giuseppe Leone.
Peppino Leone da più di mezzo secolo indaga, sviscera, fotografa e (ci) fa conoscere la nostra provincia e la Sicilia intera.
Antropologo coinvolto e attento (partecipe del barthesiano “studium”, l’applicazione, il gusto per qualcuno o qualcosa), ha continuato il lavoro di Serafino Amabile Guastella e di Antonino Uccello, facendo in tempo a fermare e rendere perenni sui suoi negativi paesaggi, luoghi, pietre, monumenti, feste, tradizioni, mestieri, mimiche, gesti, che altrimenti – in tempi di omologazione e dimenticanze – correvano (e correrebbero) il rischio di scomparire.
Le feste rappresentate da Leone si svolgono dentro un contesto urbano: quello delle cittadine siciliane, in cui architetture e processioni, festeggiamenti e mascheroni fanno parte organicamente della stessa cultura. E’ difficile, ad esempio, immaginare la sorprendente e “maravigliosa” Madonna delle Milizie fuori da un contesto barocco, magari nel romanico padano; e come potremmo figurarci l’esplosiva, mediterranea, primaverile vitalità del Gioia fra le nebbie del Piemonte?
Negli scatti con cui Leone immortala “la luce e il lutto” (Bufalino) delle feste sicule ammiriamo quindi anche i sagrati, le facciate, le chiese, le statue, i capitelli, le sovrapporte, le cantorie, gli stucchi, le cupole, i palazzi, i balconi, i mascheroni, i portali, i vestiboli, gli scaloni, i cortili, di Ragusa, Noto, Scicli, Modica, Catania, Comiso, Monterosso, Sortino, Palazzolo, Buscemi e della Sicilia tutta.
Infatti Leone è “geografo incomparabile” (così Jean Clair su Cartier-Bresson), instancabile etnografo e fotografo di panorami, architetture, donne e uomini: dobbiamo a lui un certo modo di vedere, rappresentare e immaginare la nostra provincia ed il Val di Noto (se non la Sicilia tutta).
Dobbiamo alle sue fotografie – probabilmente – la creazione e la divulgazione della nostra immagine: fin dal suo primo libro, quel “La pietra vissuta” (Sellerio, 1977) il cui prefatore era proprio lo studioso del paesaggio Rosario Assunto. E poi “Ragusa barocca” (Sellerio, 1982), con Ganci; “La Contea di Modica” (Electa, 1983), introdotto da Sciascia; “Mastri e maestri nell’architettura iblea”, di Paolo Nifosì (Silvana editoriale, 1985); “L’isola nuda” (Bompiani, 1988), con prefazione di Bufalino; “Il Barocco in Sicilia” (Bompiani, 1992), con testo di Consolo; “Sicilia barocca” (Fabbri, 1995), a cura di Silvano Nigro; “Sicilia terra madre” (Kalòs, 1997); “L’isola immaginaria. Camilleri e la Sicilia” (Kalòs, 2007), introdotto da Ferlita … Per non dire delle mostre a Madrid, Milano, Parigi, New York, Roma, Edimburgo, Monaco,… E per non dire di “Sicilia: l’isola del pensiero” (Postcart, 2015), volume “poeticofotografico” in cui le foto sono accompagnate da brani letterari dei grandi scrittori che hanno percorso i luoghi siciliani, da Pindaro ai giorni nostri, creando così analogie fra tempo e spazio, osservazione e mente.
Quest’ultimo volume è più attento alla Sicilia perenne, solitaria e silenziosa dei paesaggi, delle campagne e delle coste: “una Sicilia malnota o ignota a noi stessi che l’abitiamo (…) una Sicilia insospettabile, spesso non siciliana, forse nemmeno mediterranea” (Bufalino). Il libro è stato presentato a Scicli il 10 Ottobre presso la Quam, a cura della librearia Don Chisciotte e di Federica Siciliano, da Maria Attanasio, che con Leone aveva pubblicato “Il divino e il meraviglioso. Feste religiose in Sicilia” (Leopardi, 2000). Riportiamo qui un resoconto stenografico della serata.
MARIA ATTANASIO: Scicli è una città vivace culturalmente: è bellissimo trovare così tante persone a quest’ora per la presentazione di un libro! Il libro di Peppino si apre con la foto “Ragusa”, del 1956, in cui in primo piano si vede il torrente, quindi la vegetazione, il ponte, il treno a vapore, e infine sullo sfondo, velata dal fumo del fumaiolo, la città: abbiamo l’appartenenza e l’aspirazione al viaggio, peculiarità dei siciliani, che sono radicati nel loro territorio e allo stesso tempo hanno la tensione conoscitiva del piccolo Rosario delle “Città del mondo”. Il percorso di Leone è artistico, conoscitivo ed esistenziale. In genere lui predilige l’antropologia, le persone che giocano lavorano gioiscono pensano dialogano…: invece in questo libro dominano i silenzi e le solitudini. Le citazioni dinamizzano lo spazio, amplificandolo, arricchendolo di echi: Walter Benjamin in “Piccola storia della fotografia” (1931) notava che “la macchina fotografica diventa sempre più capace di afferrare immagini fuggevoli e segrete (…): a questo punto deve intervenire la didascalia”. Oggi siamo sommersi da foto, che sono esibizione di vissuto, che non stampiamo, che non hanno memorabilità. Coerentemente con la prima immagine del libro, l’ultima immortala lo stretto di Messina, perché le foto e i libri di Leone raccontano.
GIUSEPPE LEONE: le foto si fanno con gli occhi e col cuore. Questo è un libro cui lavoravo da anni. Nei libri realizzati coi grandi scrittori – Sciascia Bufalino Consolo etc… – la struttura portante in fondo era il testo del prosatore: viceversa qui sono partito dalle foto, cui ho associato le citazioni dei narratori: alle foto di Scicli ho affiancato le citazioni vittoriniane; alla foto dei musulmani che pregano a Vittoria ho accostato Sciascia: “Vittoria è come un paese di frontiera: ne ha l’animazione, la mescolanza, l’ambiguità, la contraddizione”.
Sciascia a proposito di Leone citava il libro fotografico “Images à la sauvette” (letteralmente “immagini di sfuggita”, nell’edizione inglese “The decisive moment”) di Henri Cartier-Bresson: in effetti Leone si è formato alla scuola di HCB, Brassai, Capa, Seymour, Doisneau, Lange,Larraìn, Eugene Smith, Erwitt, Roiter, Enzo Sellerio, cioè quei maestri della fotografia per i quali ogni scatto deve essere realistico e allo stesso emblematico, concreto e simbolico. Infatti i fotografi lavorano per sineddoche, delimitano una porzione circoscritta di tempo e di spazio che però deve andare oltre, raccontare, significare: “di fatto ogni fotografia è un mezzo per verificare, confermare e costruire una visione totale della realtà”, ci insegna John Berger; e Susan Sontag precisa: “il pittore costruisce, il fotografo rivela”.
Ecco, Giuseppe Leone ha costruito la visione totale della Sicilia, rivelandoci la Sicilia e noi stessi.
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