di Redazione

Con la sentenza della Corte d’Assise di Catania si conclude il caso giudiziario, durato 9 anni, che ha coinvolto il marito di Maria Giovanna Aprile, Carmelo Allibrio, accusato dalla Procura della Repubblica di Modica di avere ucciso la moglie, accusato di un delitto senza il corpo del reato, senza un cadavere. Nemmeno questa sentenza, però, mette la parola fine alla storia di Maria Giovanna. Resta la pena dei familiari, che probabilmente non sapranno mai se la loro congiunta sia davvero sparita volontariamente, oppure sia morta incidentalmente durante un volontario allontanamento e mai più trovata, o peggio sia stata uccisa e il cadavere soppresso. La storia di Maria Giovanna continua da oggi solo in quel triste spazio di ombre, ricordi e sospetti in cui restano relegati per sempre, migliaia di casi di donne, bambini e uomini che scompaiono in Italia. Sono persone che non tornano più a casa, mentre il loro ricordo ossessiona per anni i loro coingiunti.
Il 25 ottobre del 1998 Maria Giovanna Aprile spariva da Scicli. La scomparsa fece subito clamore, giornali, emittenti televisive locali e nazionali si occuparono subito del caso. Perchè una madre di due gemellini di pochi anni, scompare senza dare notizie di sè, senza cadere, nemmeno per una volta soltanto, nella tentazione di fare una telefonata per chiedere dei propri figli? In questi nove anni non è mai arrivata quella telefonata tanto attesa, la lettera desiderata, notte e giorno, dai genitori di Maria Giovanna. Perchè una donna malata gravemente di diabete, insulino dipendente, senza soldi e lavoro, abbandona due figli in tenera età, chiude pagina con la propria vita e inizia una nuova avventura senza avere punti di riferimento? Queste domande hanno alimentato il sospetto, che qualcosa di terribile, invece, fosse accaduto alla donna, in quella maledetta domenica di ottobre. Il dubbio si è insinuato da subito fra i familiari e la pista degli inquirenti, quasi immediatamente privilegiata, è stata quella dell’omicidio, con un unico indiziato che da sempre è stato solo il marito.
Fra 25 giorni ricorre il nono anniversario di questa sparizione. Oggi, se lei è ancora viva, avrebbe 36 anni e se in quella domenica d’ottobre non fosse accaduto nulla, Maria Giovanna sarebbe ancora la madre di due gemelli, che ormai hanno quindici anni. Se è stata una scomparsa volontaria Maria Giovanna, da quel 25 ottobre è diventata una donna senza cuore, lasciando la pena dei due bambini alle cure della madre e lasciando il dubbio sulla sua sorte nel cuore di tutti coloro che le vogliono ancora bene. Sarebbe stata anche una donna senza pietà, lasciando ricadere la colpa della sua presunta morte sul marito che ha subito un processo. Ancora oggi questi interrogativi non hanno alcuna risposta.
L’orario della scomparsa di Maria Giovanna, sulla base delle dichiarazioni rese dal marito agli inquirenti, è una fascia compresa fra le 7,30 e le 9,30 di quella domenica d’ottobre. Fu lui l’ultimo a vederla, a dichiarare di averla lasciata nella casa di via Musso, alle 7.30, quando uscì per andare a sistemare delle tegole a casa di una cliente. Alle 9.30 il muratore ritornò nella propria abitazione, situata nel centro storico, a due passi da piazza d’Italia, il cuore della città. Allibrio non trovò la moglie ad attenderlo, al suo ritorno. Il marito di Maria Giovanna uscì nuovamente da casa e si recò dalla suocera, per riferirle che la figlia era andata via. In giornata fu presentata la denuncia per la scomparsa della Aprile. Questa è in sintesi la versione del marito, una versione che non ha mai convinto gli inquirenti. Le ricerche di Maria Giovanna partirono dal momento in cui fu presentata la denuncia, dal 25 ottobre. La madre della scomparsa si rivolse disperata a Chi l’ha Visto, fortemente preoccupata anche per le condizioni di salute della figlia. Ancora oggi la foto di Maria Giovanna, il suo viso smagrito, caratteristica di chi soffre di diabete, due occhi un po’ smarriti nascosti dietro un grande paio di occhiali, è sulla pagina degli scomparsi mai ritrovati, nel sito internet del programma che va in onda ogni lunedì su Rai 3 e che ha dedicato a questo caso diverse puntate. A parte Allibrio, nessuno vide Maria Giovanna, neanche i due figli, che dichiararono agli inquirenti che la madre si era chiusa nella stanza da letto quel sabato pomeriggio. Quella notte Maria Giovanna non vide i suoi bambini e, cosa strana per una madre che sarebbe partita l’indomani e che non li avrebbe più rivisti, non diede loro nemmeno l’ultimo bacio della buonanotte. I parenti più vicini cercando la donna, setacciarono il territorio da quella domenica. Ma nessuno a Scicli, quella domenica mattina, vide una donna lasciare via Musso, camminare a piedi, o salire su un autobus, su una macchina, nemmeno nella vicina e centralissima piazza Italia. Nessun testimone, come se Maria Giovanna fosse sparita nel nulla. Nella prima puntata e negli aggiornamenti successivi del programma Chi l’ha visto non arriverà mai alcuna segnalazione, nè emergerà alcuna pista utile che potrà condurre al ritrovamento della donna. Nella primavera del ’99 la famiglia si rivolse a un investigatore privato che seguì l’unica pista interessante, emersa in una delle puntate televisive, avviando delle ricerche a Parigi, per ottenere riscontri su una presunta segnalazione di Maria Giovanna vista a Parigi da una donna. L’investigatore Elio La Rosa interpellò anche l’Interpol è verificò tutte le possibili piste legate al diabete e alla necessità della Aprile di assumere insulina ogni giorno. E’ come se Maria Giovanna, dal 25 ottobre del ’98 non avesse più utilizzato il servizio sanitario, almeno sul territorio nazionale e nemmeno in Francia, per l’acquisto dell’insulina. Le indagini proseguirono su tutto il territorio nazionale. Dopo l’arresto del marito, nel maggio del 2003, con l’accusa di omicidio e soppressione di cadavere, iniziò il travagliato percorso giudiziario, quello che si è concluso ieri. Negli ultimi anni, soprattutto negli ultimi mesi prima della scomparsa, il rapporto di Maria Giovanna col marito si era incrinato. Le cose non andavano bene. Maria Giovanna viveva una vita parallela e quando i suoi figli si erano fatti un po’ più grandi, aveva ricominciato a fare un minimo di vita mondana, ad uscire, ad andare a ballare. Frequentava altri amici. Soffriva per la malattia che le imponeva dei limiti e non faceva mistero della sua voglia di cambiare vita.
La madre Giuseppina ha sempre difeso, però le scelte di sua figlia, pur ammettendo i cambiamenti della sua personalità, i problemi che Maria Giovanna stava vivendo negli ultimi tempi. Giuseppina, dopo la scomparsa, ha sempre dichiarato che anche quando “Maria Giovanna avesse deciso di andare via, mi avrebbe telefonato, mi avrebbe informato sul suo stato di salute e soprattutto non avrebbe mai abbandonato i suoi figli così”. In questi 9 anni mamma Giuseppina ha lottato come una tigre, ha cresciuto i figli di sua figlia senza fargli mai mancare niente, si è aggrappata ad ogni filo di speranza e non si è mai rassegnata al silenzio del suo telefono e al vuoto della sua buca delle lettere. Paradossalmente, pur sperando, Giuseppina ha sempre creduto che Maria Giovanna non è viva e che invece il debole cuore di sua figlia abbia cessato di battere da quel 25 ottobre del 1998. Paradossalmente la famiglia della scomparsa si è anche rivolta a una sensitiva, che ha sostenuto che la donna è ancora viva. Ecco perchè è difficile credere che questa storia sia finita con la sentenza della corte etnea. C’è ancora una madre, a Scicli, che nonostante tutto lotta ancora, dopo nove anni, per ritrovare la figlia, prima che venga dichiarata la morte legale di Maria Giovanna Aprile.
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