Giudiziaria
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28/10/2025 15:41

Marianna Bello uccisa dall’alluvione a Favara, la famiglia presenta esposto

Chiesta l'apertura di un'inchiesta per omicidio colposo

di Redazione

Favara, Agrigento – Marianna Bello non doveva morire. Ne è convinto il marito Renato Salamone che ha presentato un esposto, anche per conto dei suoi tre figli minorenni. Chiede che venga avviata un’indagine nei confronti del responsabile della protezione civile regionale, del sindaco di Favara e dei dirigenti comunali che non avrebbero evitato la tragedia.

La donna trentottenne lo scorso 1 ottobre fu inghiottita dalle acque del nubifragio che si era abbattuto sull Favara. Il corpo fu ritrovato 19 giorni dopo vicino ad un torrente che sfocia nel fiume Naro ad Agrigento. Nell’esposto firmato dall’avvocato Salvatore Cusumano si chiede l’apertura di un’inchiesta per omicidio colposo.

Le indagini dovrebbero accertare se la tragedia sia stata determinata da “condotte omissive e colpose dell’ingegnere Salvatore Cocina nella qualità di dirigente generale del dipartimento regionale Protezione civile in merito all’errata emissione dell’allerta meteo” e “del sindaco di Favara Antonio Palumbo, dei dirigenti comunali dell’area Lavori pubblici, Urbanistica, Edilizia e Patrimonio per l’omessa custodia e manutenzione del convogliatore idraulico” che ha inghiottito la trentottenne.

Secondo il legale, il primo errore fu la diramazione di un allerta gialla e non rossa per le condizioni meteo. L’evento atmosferico, si legge nell’esposto era “certamente prevedibile grazie alla tecnologia di cui oggi si è in possesso. Pertanto se la Protezione civile regionale avesse diramato l’allerta rossa ciò avrebbe comportato, come già accaduto in altre occasioni, la chiusura delle scuole da parte del primo cittadino”.

Marianna Bello “quel fatidico giorno non avrebbe lasciato i figli a scuola ma sarebbe rimasta con quest’ultimi nella propria abitazione”. Parallelamente l’esposto cita “gravi responsabilità in capo al primo cittadino e relativo ufficio tecnico connesse alla gestione e alla manutenzione di quel convogliatore idraulico (canalone) ubicato nell’area interessata dall’evento tragico segnatamente allocato nella piazza della Libertà comunemente denominata anche ‘Conzu’”.

Ed ancora: “Tale infrastruttura presentava e presenta tutt’oggi segni evidenti di degrado e di mancata manutenzione, mancate protezione per la salvaguardia dell’incolumità delle persone”.

In particolare si cita l’apertura di due delle cinque “bocche del convogliatore”. Una circostanza che “costituisce un elemento decisivo nell’innesco e nell’aggravamento degli effetti devastanti dell’evento. Diversamente se fossero state chiuse le bocche del convogliatore come lo sono tutt’oggi, bloccate dai loro chiavistelli, Marianna sarebbe ancora viva”.