Cronaca
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16/03/2009 18:38

Marina di Modica, oggi i cani hanno sbranato una bambola

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Modica – Ventisette ore dopo l’aggressione che è costata la vita a Giuseppe Brafa, il bambino di dieci anni sbranato dai cani a Marina di Modica, la caccia ai cani di Virgilio Giglio non è ancora terminata.

Sono le 15,30 di lunedì quando una donna di 74 anni, che vive sola lungo la litoranea di Marina, a cinquecento metri dal luogo in cui Giuseppe ha trovato la morte il giorno prima, lancia l’allarme: sette, otto cani si sono introdotti nel giardino di sua proprietà, approfittando del varco lasciato libero dall’impresa che sta realizzando la pista ciclabile. I cani ringhiano, abbaiano alla donna, che si rifugia in casa. Trovano su una sedia una bambola della nipotina della signora. Forse pensano sia una nuova preda per i loro denti famelici e spietati: sbranano la bambola, contendendosela come se fosse un bambino in carne e ossa.

Pochi metri più a sud, i carabinieri, i responsabili dei servizi veterinari dell’Ausl, le telecamere del Tg5. “I cani che hanno sbranato Giuseppe sono ancora liberi”, grida un residente all’indirizzo dei presenti. L’uomo è armato di spranga e bastone: “Se non li uccidete prendo il fucile, li abbatto io”.

Le due ditte incaricate della cattura dei cani si consultano. Nessuno ha a portata di mano un fucile “captivo”, in grado di sparare proiettili con  effetto sonnifero. Si decide per spargere del mangime per cani con potenti dosi di sonnifero lungo la campagna attorno alla “casa canile” di Virgilio Giglio. “Ma non possiamo chiedere ai cani di dirci dove andranno a dormire!”, esclama un uomo.

“Serve una task force”, dice Nunzio Firrincieli, dei servizi veterinari dell’Ausl. “Eravamo stati qui in settembre, quando Giglio fu denunciato, i cani erano ben nutriti, il recinto sicuro, il luogo sufficientemente pulito”.

Oggi non è così. La puzza nauseabonda di escrementi, carcasse di cani morti, carcasse di polli e bovini serviti da cibo ai cani, costringe qualcuno ai conati di vomito.

Il capitano della Compagnia Carabinieri di Modica, Alessandro Loddo, annuncia di aver chiesto ai Nas il sequestro della casa canile: “Lo stato igienico del luogo è insostenibile”.

Virgilio Luigi Giglio, 64 anni, proprietario e affidatario dei cani, dopo che in settembre era stato denunciato per le lesioni riportate da una turista inseguita e ferita in spiaggia dagli animali, è in carcere. Attende di essere interrogato dai magistrati. E’ accusato di omicidio colposo, resistenza a pubblico ufficiale, malgoverno di animali, omessa custodia di beni sottoposti a sequestro.

L’uomo, ex edicolante, viveva in una casa che era un immondezzaio, un cimitero di cani e di ossa, senza energia elettrica, in uno stato di totale abbandono esistenziale. Lui e i suoi cani.

“Da venti anni non possiamo passare di qui”, dice una donna. “Chi passa sa di poter essere sbranato”. “Nel 1992 riuscii a sottrarre il mio cagnolino dalle grinfie dei cani di Giglio solo per miracolo”, racconta un ragazzo di Modica che villeggia in quel luogo. Ma da quanti anni questo è diventato il regno dei cani? “Dagli anni Ottanta”.

La polizia municipale di Scicli aveva inviato un rapporto in Procura, chiedendo che i cani venissero tolti a Virgilio Giglio, incapace della custodia.

Sergio Bramante è uno dei responsabili della ditta che si è occupata della cattura dei cani: “C’era un rapporto morboso tra gli animali e Giglio. Il padrone non aveva una leadership sugli animali, non aveva delimitato il loro territorio. Dormiva in una brandina, poco distante dal canile, in un rapporto di compenetrazione con gli animali. Procurava carcasse di bovini, di pollame, nutriva i cani , e nutrendoli si sentiva parte del branco. I cani sono, da un punto di vista ancestrale, dei lupi, e se non vengono educati mostrano la loro peggiore componente asociale. Asocialità che aveva colpito il loro padrone”.

Non parlano i due feriti sopravvissuti all’aggressione. L’uomo di 47 anni di Modica, e il bambino di nove anni, ricoverato al Maggiore, con prognosi di venti giorni. Quest’ultimo è stato colpito da una forma di afonia da choc. Da domenica non parla.

A Modica Alta, nella casa di Giuseppe Misicoro Brafa, c’è un pellegrinaggio di anime in pena. Persone molto anziane si accasciano ai muri colpite dalla commozione che neanche l’età riesce a sostenere, mentre tra i bambini, i compagni di classe della quarta C della scuola elementare di Piano del Gesù, prevale un cordoglio compito: “Giocavamo a calcio insieme –racconta uno-. Giuseppe era centrocampista. Ma no centrocampista che attacca, ma centrocampista che difende, capito?”. Stopper? “Si, bravo, stopper”.

La famiglia di Giuseppe ha una casetta nel dedalo di residenze che si trovano a fianco della casa canile di Giglio. Il papà dipendente Asl, la mamma come dipendente di un hotel di Modica Alta, la sorella più grande sedicenne, domenica erano andati ad assaporare una giornata di sole al mare.

La madre, straziata, sta accanto alla bara. Ha la foto del figlio in mano. “Era contento, aveva vinto una coppa, era stato a sciare sulla neve”. Nell’altra mano la donna stringe la maglietta del Milan, quella che suo figlio indossava mentre in bici si addentrava nella stradina sterrata. Territorio intangibile di quei cani che hanno capito che i bambini sono prede indifese. E che nella foga omicida hanno anche sbranato una bambola.

 

 Il cordoglio per la morte di Giuseppe Brafa

I funerali di Giuseppe Brafa si svolgeranno domani pomeriggio, martedì, nel duomo di San Giorgio, alle 15. Il sindaco, Antonello Buscema, ha proclamato il lutto cittadino.

L’Ascom ha annunciato che i commercianti abbasseranno le saracinesche per la durata del funerale.

“La tragica e assurda morte del piccolo Giuseppe -si legge nel messaggio del primo cittadino alla Città- è un evento luttuoso che addolora la nostra comunità. Siano vicini e solidali nel dolore alla famiglia Brafa e continuiamo a chiederci se tutti i provvedimenti necessari siano stati attivati per evitare che ancora oggi possano accadere simili tragedie”.

Già, i provvedimenti necessari sono stati attivati? A Scicli e a Modica tutti si chiedono di chi è la responsabilità di ciò che è accaduto. Un distinguo importante è dato dal fatto che i cani della “casa canile” di Virgilio Giglio non sono randagi, ma stanziali. Hanno un padrone, che da settembre ne è anche affidatario su disposizione della Procura della Repubblica di Modica. Da un punto di vista giuridico questo è un passaggio fondamentale. Le polemiche sul randagismo rischiano di essere fuori centro rispetto a una tragedia in cui il focus è sul padrone dei cani, autoescluso dalla società, chiuso per scelto nel suo recinto, insieme ai suoi animali, con essi confuso e immedesimato. Lontano da ogni contatto sociale, che non fosse quello necessario a cercare loro il cibo.

Poteva un uomo che viveva in abbandono esistenziale, in una casa priva di energia elettrica, accampato in una brandina a fianco ai suoi animali, provvedere alla cura e alla sicurezza del branco?

Le due ditte specializzate nella cattura hanno lavorato domenica e lunedì, non riuscendo ad avere contezza del numero complessivo degli animali. Lunedì ne sbucavano ancora da ogni dove. I cani hanno capito che il loro territorio è stato definitivamente violato. Un branco violento, di sette animali almeno, si disperde e si ricongiunge per fare dei blitz, come nella casa dell’anziana donna dove hanno dilaniato una bambola.

Nella stradella che dalla Fornace Penna di contrada Pisciotto porta alla scogliera di Marina di Modica la gente vive asserragliata in casa.

Virgilio Giglio non parlava con nessuno, aveva come unico motivo di vita dare il cibo ai cani, che si riproducevano  dismisura, sino al punto che anche due cuccioli morti giacevano sopra un cartone a mo’ di soprammobile. Cibo, carcasse, animali vivi e animali morti, tutto in un unico raccapricciante impasto.

“E’ partito lo scaricabarili”. E’ uno dei commenti più usuali in queste ore. Era possibile evitare la tragedia? Si, era possibile, rispondono in molti. “A Marina di Modica molti di noi sono stati aggrediti da questi cani”, racconta uno dei responsabili del circolo velico.

A Modica Alta gli anziani conoscono la famiglia di Giuseppe. Il nonno ha una ditta che commercia materiali per l’edilizia, alcuni conoscono il fratello o la sorella del padre.

La madre, a fianco alla bara, non si da pace: “Guardatelo, lo hanno sbranato, qui lo hanno morso, e qui, e qui”.

La comunità di Modica sembra schiacciata dal peso insostenibile del dolore. Troppo assurda, troppo incomprensibile, troppo lontana dalla civiltà dei microchip, della prevenzione del disagio sociale, dalla modernità che salva uomini e animali.

Nei muri i manifesti listati a lutto, in cui singoli, gruppi, aziende esprimono il loro cordoglio. Su tutti quello dei compagnetti di classe della scuola elementare Piano del Gesù: “Il tuo sorriso, la tua spensierata gioia resterà in quel banco vuoto e nel nostro cuore. I compagni della quarta C e tutti gli alunni del Primo Circolo”.

Nel pomeriggio, in fila per tre i bambini della scuola arrivano a casa del loro compagnetto come se fosse un giorno di lezione. I primi portano in mano una composizione di fiori bianchi. Bianchi come il candore e la purezza innocente e inconsapevole di Giuseppe.

La visione spegne per un attimo nei presenti la rabbia, la voglia di far polemica. E’ il giorno del dolore. Del silenzio. E del pianto.

 

 

 

Nella foto, all’interno del casolare adibito a canile, di proprietà di Virgilio Giglio, i resti della carne destinata ai cani, insieme alle carcasse di cani morti.
Alcuni dei cani sequestrati oggi
L’esterno della casa canile di Giglio
L’interno della casa canile
Un altro esterno della casa canile
La carcassa di un cane morto nella casa canile di Giglio