Era la postina
di Redazione
Era la postina, la persona che gestiva gli scambi epistolari del boss.
“Non appare credibile che Martina Gentile abbia appreso della relazione esistente tra la madre e Messina Denaro solo dopo l’arresto della Bonafede, posto che la stessa Bonafede, nelle sue spontanee dichiarazioni, ha riferito che, di fatto, lei e la figlia avevano costituito con il latitante Messina Denaro una famiglia, seppure anomala per non esserci mai stata una convivenza tra loro; e la stessa Gentile, d’altra parte, nella lettera scritta a Messina Denaro si rammaricava del fatto che i rapporti non potessero essere più quelli di un tempo”.
È uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza con cui il gip di Palermo ha condannato Martina Gentile, figlia della maestra Laura Bonafede, storica amante del boss Matteo Messia Denaro a 4 anni e 8 mesi per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati. Il provvedimento è stato depositato nei giorni scorsi.
La donna aveva negato di essere a conoscenza della storia d’amore tra la madre, moglie di un mafioso ergastolano, e l’allora latitante e si era detta pentita di aver provato affetto peri capomafia ricercato. Affermazioni a cui il gip, che riporta brani delle lettere che Gentile scriveva al boss, non ha creduto. “Non sapevo cosa fare, cosa dirti prima ti avrei voluto dire di darmi un passaggio e ti fermavi a mangiare a casa … utopia! Incredibile come ci hanno tolto tutto”, si legge in uno dei pizzini che Gentile mandava a Messina Denaro riportato nella sentenza.
Per il gip Gentile faceva parte di “una cerchia ristrettissima di persone vicine a Messina Denaro che conoscevano dove trascorreva la sua latitanza”. Nè può accedersi alla tesi della rilevanza esclusivamente privata e affettiva del rapporto tra la Gentile e Messina Denaro, e considerato, come detto, che già il solo fatto di avere un codice comunicativo comune anche ad altre persone e che serviva essenzialmente, se non esclusivamente, a mascherare l’identità delle persone nominate nelle missive costituisce di per sé un comportamento idoneo ad ostacolare le indagini volte a catturare il latitante”.
© Riproduzione riservata