di Redazione


Ambrogio Lorenzetti,
Effetti del Buon Governo in campagna, 1337-40,(particolare)
Palazzo Pubblico, Siena.
Mobilità sostenibile
Alcune regole, per le pratiche di buon governo
pensare globalmente, agire localmente
L’Illuminismo
è morto,
il marxsismo
è morto,
il movimento operaio
è morto
Questo intervento vuole far muovere l’attenzione – oltre sul valore delle preesistenze naturali e rurali – verso le possibilità di una diversa mobilità, rispettosa dei significati storici dei luoghi e che guarda all’opportunità di uno sviluppo sostenibile. Diversi interventi, in questo giornale on line (Giampi da Jungi, W. Whitman, Ulisse, Stefano, rosso27, Aureliano, Accidia, uno studente, un altro studente ecc), hanno evidenziato, anche se con differente risalto, questa attenzione. Poi a convincermi, l’interesse mostrato dall’onorevole Orazio Ragusa e il resoconto stilato dall’assessore Venticinque: quindi con piacere voglio offrire un contributo.
Due considerazioni preliminari
1) – Durante il primo mandato al sindaco Falla, un gruppo di persone con a cuore il destino del territorio sciclitano, firmammo un documento per preservare il destino del litorale tra Sampieri e punta Corvo. Il documento, in effetti, mirava a frenare gli interventi edilizi che già erano in opera sulla stessa costa. Gli interventi erano stati regolarmente “concessi” dalla precedente amministrazione Padua, poco prima dell’abbandono. Quindi gli apprezzabili sforzi del Sindaco Falla: furono quasi vani. Le due o tre casette, dopo una interruzione di legge, nel tempo vennero completate.
2) – Nel preparare il mio intervento al convegno “La Fornace Penna / reperto di archeologia industriale, consolidamento e recupero” del 1996, per indagare il principio insediativo e il senso del luogo, mi occupai – tra gli altri temi riferiti al luogo – della nascita e del ruolo della tratta ferroviaria Siracusa Licata.
Su queste due tematiche e da queste, si muoverà l’intervento di seguito riportato diviso – per brevità e snellezza – in due brani distinti. In questo primo provvedimento provo a trattare di alcuni temi della viabilità veicolare. Nel secondo della viabilità ferroviaria, della sostenibilità nei trasporti e dell’intermodalità.
Il territorio
una realtà complessa
Il territorio è una realtà complessa dal punto di vista della sua genesi: è il prodotto del succedersi di una serie di stratificazioni storiche, nel corso delle quali l’uomo ha interagito con la natura modificandola, addomesticandola, trasformandola più o meno profondamente, a volte rispettandola, a volte offendendola.
È una realtà complessa dal punto di vista degli usi in atto e di quelli possibili e dei conflitti che possono nascere tra usi alternativi e tra usi antagonisti: un campo può essere usato per coltivare, o per realizzare un parco, o per realizzare cento alloggi o dieci fabbriche. Una zona industriale accanto a un ospedale o un aeroporto accanto a un quartiere residenziale sono dannosi, come è dannosa una scuola irraggiungibile dalle abitazioni che deve servire.
Ed è una realtà complessa dal punto di vista delle letture che ne sono possibili, dei punti di vista sotto i quali può essere utilizzato: molti dei saperi e mestieri dedicate al territorio esprimono proprio questi diverse possibili letture, questi diversi punti di vista: il sociologo, il geografo, l’economista, il geologo, il naturalista, lo storico, e ancora l’ingegnere dei trasporti, l’archeologo e così via.
Il territorio è, nel contempo, un bene irriproducibile e in quanto tale va conservato e valorizzato. Fra gli elementi del paesaggio che caratterizzano il territorio sciclitano vorrei porre l’attenzione sulla viabilità storica, sulla sua “permeabilità” e sulla salvaguardia del paesaggio vegetale.
Una realtà sistemica
Di tutte queste cose che abbiamo enumerato (vicende, usi, letture, oggetti) il territorio non è un semplice magazzino: non è un luogo in cui tutte queste cose sono semplicemente e casualmente ammonticchiate. Tutte queste cose hanno ordine tra loro, sono connesse tra loro in modo che una modifica in un punto, un’azione su una di esse, modifica tutte le altre.
I tracciati viari – storicamente consolidati – esprimono modalità insediative e di organizzazione del territorio differenti in ragione dei differenti rapporti tra il loro ruolo e la configurazione geomorfologica dei luoghi. La cosiddetta trama minore – esprimendo gli spostamenti umani in ambito localizzato – ha interagito con le estensioni territoriali di pianura o di collina. In altri termini, se i tracciati principali connessi alle grandi direttrici e le mete remote che ne sono la ragione hanno occupato parti di territorio in qualche modo più adatte e meno bisognose di opere di rimodellamento delle sedi, la rete minore si è estesa su parti con maggiore difficoltà di assetto, attraverso opere di rimodellamento anche complessi.
Un tema territoriale interessante, sempre presente nella letteratura e più ancora nell’iconografia, è costituito dalle strade murate o incassate tra due muri continui o le trazzere, vere e proprie corsie tra fasce di inerbamento naturale per greggi. Trazzere che, per una loro maggiore debolezza, sono ingranate nelle più generali sistemazioni al suolo, derivanti dalla messa a coltura agricola del territorio nella stratificazione degli atti umani sedimentatesi in varie configurazioni nell’arco di secoli. Questa intima connessione riguarda il carattere e la dimensione della trama fondiaria, i materiali e le tecniche costruttive delle sistemazioni del suolo, al punto che la trama viaria minore storica può essere riguardata come struttura durevole ed elemento identificativo delle formalizzazioni del paesaggio agrario.
Se la maggior parte degli edifici antichi di pregio e dei giardini storici è notificata o vincolata, nessuna strada, o rarissime, sono segnalate come “bene culturale”.
È da accogliere, quindi, con entusiasmo la ricerca e la sensibile attenzione posta all’epoca dall’assessorato dell’amministrazione Falla, verso quella rete minuta di tracciati che caratterizzava e “drenava” il territorio fino alla città: dal sentiero, al tratturo, alla viottola, alla strada murata, alla carrareccia, alla mulattiera, alla trazzera, fino al borgo esterno.
L’espansione della città – con la trasformazione dei luoghi agricoli in aree urbane – ha cancellato parte di questa rete, e spesso, là dove è rimasta, le recinzioni delle proprietà – con una geometri particellare sempre più frazionata e fitta – ne escludono l’uso. Così il territorio come bene storico fruibile, perde valore e significato. Lo studio su tale viabilità minore, avviato sul territorio sciclitano dagli organi provinciali e comunali, ha selezionato e classificato i percorsi storici più significativi per la fruizione del paesaggio, delle emergenze naturali e antropiche, prevedendone il recupero, la valorizzazione e la manutenzione con interventi diretti di ripristino di iniziativa pubblica o, forse, con incentivi ai privati. L’Appalto recente per la riqualificazione del tratto costiero di Punta Pisciotto ad opera della Provincia di Ragusa, è già un segnale nella direzione delle tematiche del Buon governo. La possibilità di collegare Cava d’Aliga a Marina di Modica con tracciati pedonali e ciclabili che attraversano anche il Parco di Costa di Carro, oltre alla pineta di Sampieri: sarebbe opera di Buon Governo. Già i contadini di Sampieri si recavano quotidianamente presso gli orti di Cava d’Aliga, attraverso i percorsi lungo costa. Addirittura delle volte portavano in barca ortaggi e frutta raccolti nelle coltivazione fino a Sampieri.
Questi percorsi pedo-ciclabili delle Regie Trazzere, non pensiamoli per i “turisti”, pensiamoli per la gente di Scicli. Il territorio è strettamente e solidamente strutturato alla storia di chi lo ha lavorato, di chi ha lottato per la sua sopravvivenza. Presso di esso sono incise le tracce di un mestiere contadino centenario, di amore per quel duro lavoro e di attaccamento alla terra, e al “miracolo” del raccolto stagionale. Di tutto l’accattivante apparato dedicato ai turisti – come più volte altrove ho scritto – si ha un effetto come per i medicamenti: certi i danni, incerti i benefici. Mi sono opposto come ho potuto e per tutto il tempo che ho potuto, all’edificazione dei villaggi turistici in quella zona: finché mi fu “consigliato” di smettere. Andrebbero oggi bloccate da subito tutte le aggressioni (lottizzazioni) della costa in nome di un turismo come risolutore di ogni necessità economica e sviluppo possibile: spesso è solo un allettamento ingannevole. Stiamo distruggendo l’unico bene irriproducibile: il territorio, il paesaggio. Per il privilegio economico di pochi insaziabili imprevidenti, si nega un beneficio a tutta la collettività, tramandando alle generazioni successive i segni impressi e indelebili di un folle agire.
Le sistemazioni agrarie fra le trazzere, sono fra le componenti più caratterizzanti il “paesaggio vegetale” e prevederne la conservazione e salvaguardia è l’indubbio minimo impegno. Il paesaggio sciclitano, e quello lungo la costa in particolare, è caratterizzato da alcune essenze che vi sono inscindibilmente legate. La palma nana, l’agave, ecc. Qualsiasi essenza estranea a questo ambiente con un suo equilibrio naturalistico e storico ambientale, può comportare uno scadimento di questi caratteri di consanguineità. Figuriamoci il danno di altri metri cubi di cemento in aggiunta. Esistono necessità sociali riconosciute? Le borgate lungo la costa, hanno bisogno di nuove case per le esigenze abitative dei residenti? Tempo addietro scrissi un articolo dal titolo: luoghi cospicui, problemi emergenti. In quel brano mettevo a confronto la veduta invernale delle borgate con quella estiva. Credo sia inutile il commento, quanto le conclusioni.
L’opera pubblica di recupero del Parco di Costa di Carro, è stata finanziata appunto nell’ambito del Pit 4 “Le vie del barocco” e consentirà il recupero di un lembo di territorio di grande valore paesaggistico. Non voglio entrare in merito al tentativo (forse già non più un tentativo) di arrivare a una transazione tra le parti che consenta di non bloccare l’iter del Parco, voglio scansare ogni polemica.
Altra esercitazione meno virtuosa
Con un lavoro apatico, che sta durando decenni, passo passo, viene avanti la Siracusa-Gela. Ho avuto notizia, siamo arrivati a Noto.
Su un tale stato di delicatezze e di equilibrio naturalistico appena sopra riportato, si “spalmerà” indifferente un nastro di asfalto.
In uno scenario di contraddizioni – lessi anni addietro – commenti al progetto da parte di vari interlocutori che si interrogavano su fatti che, a parere di chi scrive, reputo di secondaria importanza: lo stato di aggiornamento della cartografia; l’inserimento della infrastruttura viaria nella pianistica vigente o in progetto sia a livello comunale o sovracomunale. Reputo miope indizio di debolezza il considerare sempre e solo l’aspetto tecnico ingegneristico di un segno tracciato su un supporto cartografico a troppo alto denominatore per poterne avere il controllo attento e rispettoso dei luoghi, senza scadere nell’inevitabile riduzione del senso relazionale tra gli elementi costituenti il paesaggio.
Per gli interlocutori del tempo, avevo e ho sincera grande stima e sono certo dell’onestà del loro pensare, ma i temi trattati li ho percepiti – avendo solo l’informazione letta – piuttosto fragili, pretestuosi, quasi cifrati. Nel succedersi degli articoli – in vari numeri del giornale di allora – ho avvertito la difficoltà nel centrare il tema, le problematiche trattate, credo, abbiano toccato di tangenza argomenti di ben altra importanza che, a chi legge, non è dato capire e non abitando a Scicli, difficili da immaginare.
Ma, a chi serve la Siracusa-Gela ?
Al cittadino sciclitano che si muove altre comune per lavoro, serve poco; al turista – da sempre desiderato – che si muove per apprezzare e conoscere territori, paesaggi e piccole città, non serve, anzi urta gli interessi artistici e naturalistici del suo cercare; al trasporto dei prodotti ortofrutticoli che si muovono – ohimè! – su gomma, non credo dia grandi vantaggi.
Forse serve come “via di fuga” in caso di calamità, come è stato spiegato al Ministero a Roma per motivare i 400 miliardi di lire destinati (all’epoca) per l’avvio dei lavori di una tratta prelevati dai 3.870 miliardi di lire della Protezione Civile relativi al terremoto siracusano del 1990 e “per incapacità progettuale” non spesi, (se non per una piccolissima percentuale. 7%!).
Informazioni tratte da I miliardi nel cassetto, Venerdì di Repubblica n. 575 del 26 marzo 1999, pag. 31.
Permettetemi una spiccia riflessione sul concetto odierno di strada
La strada è l’elemento fondativo di molte città (la via dei pellegrini e gli ospitali relativi, solo per fare un esempio molto noto). La strada come ambito di mobilità, di spostamento nasce prima della città stessa: nelle piste, nelle tracce, nei tratturi, nelle trazzere, ecc. La dimensione del transito, del viaggio e del luogo stabile, stanziale è una combinazione che è all’origine della città. La strada non va identificata solo con la carreggiata, la sezione stradale, ma anche quei rapporti qualitativi e durevoli che si sono stabiliti con gli elementi morfogenetici del territorio consolidati durante la loro lunga storia.
I tracciati stradali importanti come la Siracusa-Gela, vengono pensati per evitare il centro abitato, mentre la strada nasce come elemento che costituisce la ragione stessa della nascita del centro, arricchendolo dei flussi di sapere, dello scambio, della pluralità, delle esperienze legate alla mobilità. La Siracusa-Gela non ha questo carattere per via del tipo di mobilità che vi si svolgerà e che tende a scavalcare l’insediamento, ad evitarlo.
Si genera, nel caso in esame (il territorio di Scicli), addirittura una specie di legge geometrica per cui una maglia viaria radiocentrica – come quella che da Scicli raggiunge le borgate e bene si nota nella cartografia allegata -, confligge con il tracciato dell’eventuale autostrada che la intercettare, e che induce una serie di fratture in un reticolo viario preesistente e fortemente e storicamente consolidato. Queste vie naturali – nate da esigenze del lavoro nei campi (una sorta di urbanistica del “contadino” scaturita da necessità ed economicità di gesti) – non si incrociano mai, e tutto il territorio è orientato sui cunei agricoli dal mare verso Scicli, proprio per la struttura radiale delle attività. Quindi non è solo un procedere tecnico di circolazione veicolare che si può risolvere in certo modo, ma è un fenomeno di ribaltamento di alcuni rapporti che Scicli ha avuto sempre con il suo territorio.
La struttura del territorio sciclitano, ha una gerarchia viaria molto articolata, fino a una tessitura minuta di tracciati che si tendono a dimenticare e che nelle trasformazioni insediative vengono ridotte nel loro significato pubblico. Ci si può accorgere come tutta la viabilità che era pubblica – poderale, interpoderale – viene via via privatizzata; il problema non è tanto nel fatto che si privatizzi un tracciato, ma risiede nell’impedire ad una comunità di circolare in un sistema che ha per natura un carattere territoriale.
Per concludere questa prima parte
Dopo questa veloce panoramica sui problemi collegati a certi tipi di trasporto, proviamo a presentare le alternative che il consumatore solidale ha a disposizione. In alcuni casi si tratta di banalità, ma a volte tendiamo a scordarci anche di queste e a lasciarci guidare nelle nostre scelte dalle mode o da comportamenti indotti da una società che ha perso il suo equilibrio e la capacità di misurare le proprie azioni.
Camminare
Con la diffusione dei mezzi di trasporto a motore, l’utilizzo delle gambe è caduto in disuso e oggi, chi si sposta camminando, è guardato con un pò di diffidenza. La manipolazione dello spazio e del tempo ha profondamente cambiato le nostre abitudini. Questa manipolazione è il risultato di una spirale in cui siamo caduti e da cui faremo fatica ad uscire: i mezzi di trasporto hanno ampliato e allontanato i luoghi in cui compiamo gran parte delle nostre azioni. Come? Aumentando la distanza tra il luogo di residenza e il luogo di lavoro, di studio o dove facciamo gli acquisti. Di conseguenza si sono trasformate anche lo nostre città che progressivamente hanno separato e allontanato tra loro le diverse funzioni. Questo ci ha reso sempre più dipendenti dai mezzi di trasporto perché fare acquisti o andare a lavorare a piedi è diventato per i più impossibile. Ora la diffusione di mezzi di trasporto privati, come abbiamo visto, sta intasando ancora di più le città e il problema viene affrontato con un ulteriore allontanamento dei luoghi, aumentando ancora di più la dipendenza dai motori. A rendere ancora più complessa e subdola la spirale che ci ha risucchiati – oltre alla dimensione dello spazio – c’è quella del tempo. Le trasformazioni della nostra società hanno sempre più divorato il nostro tempo. Come abbiamo detto, una bella fetta di questo tempo se ne va proprio dentro gli ingorghi e le file del traffico.
Pedalare
In una società sostenibile e intelligente, la bicicletta dovrebbe essere alla base del sistema dei trasporti. Nella nostra società è relegata a funzioni marginali.
Il 40% degli spostamenti urbani sono inferiori ai 4 km, una distanza che in bicicletta si copre in poco tempo. Tanto più se si considera che nel traffico urbano la bici è sensibilmente più veloce dell’auto, permette di evitare le vie intasate, di raggiungere qualunque punto e parcheggiare senza problemi. Si calcola che in città la velocità media di un’auto sia di 7 km orari, mentre quella della bici è di 10.
Per quanto riguarda la sostenibilità si consideri che la costruzione di una bicicletta richiede un centesimo delle materie prime necessarie per un’auto e la vita è doppia. Per una bicicletta servono circa 12 kg di ferro, 200-500g di alluminio, 650 g di gomma e polimeri. Se si considera che la bicicletta non consuma carburante, servizi e ricambi durante l’uso, si può dedurre che il suo consumo di risorse è compreso tra un centesimo e un millesimo di quello dell’autoveicolo.
Di recente numerose organizzazioni che si battono per la pace e la solidarietà hanno adottato la bicicletta come simbolo di scelta quotidiana alternativa al sistema che contestano. Ad esempio, durante la guerra in Iraq, sono state organizzate diverse manifestazioni in bicicletta proprio per contestare un atto di aggressione militare finalizzato in gran parte al controllo di pozzi petroliferi necessari a garantire un sistema di trasporti basato sull’auto privata e un sistema produttivo illogico e dissipatore. Ma il fenomeno forse più interessante degli ultimi anni è Critical Mass.
Trasporto pubblico
L’applicazione del motore ai trasporti collettivi ha, aperto grandi potenzialità in gran parte positive. L’inversione di tendenza e la controproduttività sono iniziate quando ci si è illusi di poter rendere il sistema individuale e di massa. Non più treni, tram e corriere, ma automobili che per lo più viaggiano con un solo passeggero. Come descritto all’inizio del capitolo questa illusione si sta rilevando in tutta la sua assurdità, mentre grandi potenzialità positive si sarebbero potute aver da un sistema di trasporti pubblici veramente efficiente, sviluppato al di fuori dell’ombra soffocante dell’auto privata.
Invece, non solo la politica è stata incapace di prevedere le conseguenze di quello che stava succedendo, non solo non ha fatto nulla per governare la diffusione del trasporto privato, ma addirittura lo ha promosso, da un lato costruendo a spese della collettività le infrastrutture e dall’altra squalificando e limitando i trasporti collettivi.
Non voglio annoiavi con dati e percentuali, voglio riportare solo questo indicatore sul divario tra trasporto collettivo e trasporto privato se si mettono a confronto le percorrenze annue risulta: su 862,8 miliardi di km percorsi dai passeggeri nel 1997 in Italia, ben 618,5 miliardi erano su autovetture (71%), 89,1 su autobus (10%) e solo 57,6 su rotaia (7%)
Anche in questo caso ha giocato un ruolo importante l’aspetto culturale: in pochi anni si è inculcata nella società l’idea che il trasporto pubblico fosse un servizio assistenziale per chi non può permettersi un’auto, per anziani e altre persone svantaggiate. Eppure sarebbero tanti i motivi per preferire il mezzo pubblico, ogni volta che fosse possibile.
Tanto per cominciare, si eviterebbe lo strass che oggi è il principale compagno di viaggio di chi si sposta in auto e deve guidare in mezzo al traffico facendo fronte ai rischi e agli ingorghi. Di certo non si corre il rischio di rimediare multe o di perdere punti sulla patente. Per contro si può stare comodamente rilassati sul sedile di un treno o di un autobus, scegliendo tra la lettura di un libro o del giornale, un sonnellino, un po’ di introspezione, una piacevole conversazione con i compagni di viaggio, magari mentre si fa una maglia ai ferri.
Per brevità, mi fermo a questo punto, evitando di parlare di “trasporti flessibili”, “dell’auto collettiva”, “condivisione del tragitto” (questa modalità, alcuni pendolari organizzati già la mettono in essere), dello “studioso dei flussi di traffico”. Pratiche a Scicli difficili da organizzare.
Conclusione intermedia
Sono convinto che le risposte a temi di tale importanza non vadano richieste solo alla politica, ma occorre uno sforzo culturale e sociale affinché la nostra società abbia gli strumenti e le possibilità di articolare le proprie risposte. Sono contento se alcuni politici – un po’ per sensibilità, un po’ per promozione elettorale – si stanno avvicinando a questa pressante questione. In effetti è il corso delle cose ha richiedere una nuova accezione, anche se ancora qualcuno fatica a percepirne l’urgenza. Se questo è vero, le responsabilità della politica come cultura e coinvolgimento, sono enormi e lo sono da tempo, sia in senso positivo che negativo. La difficoltà a mettere in pratica lo slogan “pensare globalmente, agire localmente”, corrisponde al limite della percezione culturale dei problemi globali, dal momento che si tratta di problemi di qualità e dimensioni per Scicli – credo – inediti che tendono a sradicare il vivere “cittadino” dal suo contesto ambientale e territoriale.
arch. Pasquale Bellia
Tutte le foto sono di Pasquale Bellia
© Riproduzione riservata