KIABI lancia la nuova capsule bio "Life is full of Colours" e promette di impiegare solo materiale sostenibili entro il 2025.
di Veronica Ziani

“All is full of love” cantava Bjork, “Life is full of colours” è come la vede KIABI. Il brand francese di “moda a piccoli prezzi per tutta la famiglia” ha lanciato una nuova capsule “green”, prodotta con cotone proveniente da agricoltura biologica. Tinte pastello e personaggi Disney colorano top, shorts e shopping bag con la spensieratezza di un futuro possibile. La collezione si inserisce in un progetto ambizioso e senz’altro interessante per un marchio fast fashion: produrre entro il 2025 indumenti e accessori realizzati esclusivamente con materiali sostenibili.
Può un fast fashion essere virtuoso? E’ questa la domanda che si pone KIABI HUMAN, il cuore responsabile del brand, che si mette in ascolto delle richieste di collaboratori e dipendenti, e nel 2020 firma un nuovo documento di responsabilità sociale d’azienda, fissando gli obiettivi per partecipare attivamente alla trasformazione sostenibile.
“Life is full of colours”, capsule collection di KIABI
Il cambiamento avviene con l’azione, ma anche con un arresto e una seria riflessione. I consumatori cominciano a pretendere questo cambiamento: la trasparenza è la chiave della credibilità di un marchio, la serietà un requisito imprescindibile. I disagi causati dall’emergenza sanitaria hanno contribuito a responsabilizzare molte aziende di moda, costrette a pensare formule di business alternative, inevitabilmente più etiche.
KIABI partecipa con serietà per contribuire allo sviluppo sostenibile del settore. Rivede il modello organizzativo, a partire dalla filiera, su cui interviene in prima persona selezionando solo fornitori e stabilimenti che rispettino i diritti dei lavoratori, garantiscano condizioni di lavoro eque e dimostrino sensibilità per l’ambiente.
Interventi attivi nel processo di fabbricazione, nel circuito logistico e nella rete di distribuzione hanno portato alla produzione di 1 milione di capispalla in poliestere riciclato da bottiglie di plastica usate, 2.5 milioni di jeans trattati con metodo eco-wash, 37 milioni di t-shirt e 2.8 milioni di body da neonato in fibre di cotone da agricoltura biologica integrata.
In Italia è in corso un test per inserire i “corner dell’usato“, prossimamente disponibili anche per il web, già presenti negli store di Cormontreuil e Merignac, dove il personale può anche intervenire su capi non più voluti per personalizzarli e prolungarne la vita. Il progetto “Seconda Mano” permette ai clienti di rivendere capi d’abbigliamento di qualsiasi marca e acquistare online indumenti second-hand. Davanti al problema di merce invenduta e rimanenze di tessuto, KIABI risponde con proposte virtuose specifiche di un modello circolare, che non concepisce un prodotto come finito, bensì in continua evoluzione.
In un momento in cui la sostenibilità fa tendenza e il greenwashing è un pericolo anche per un consumatore attento, è giusto essere trasparenti e sinceri sulle azioni promosse per uno sviluppo sostenibile, tanto quanto sugli errori commessi. Riconoscere una mancanza è il primo passo necessario per il cambiamento che vogliamo.
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