di Redazione

New York, 11 nov. E’ morto all’eta’ di 85 anni a Caldwell, New Jersey, il batterista Andy White: secondo familiari e colleghi, e’ stato stroncato da un ictus. Artista ben noto negli ambienti musicali professionistici, dove suono’ accanto a numerose star, non riusci’ invece mai a raggiungere la fama presso il grande pubblico. Tranne che in un’unica, irripetibile occasione: quando, l’11 settembre 1962, fu convocato in extremis ai celebri studi londinesi di Abbey Road per completare la sezione ritmica che avrebbe dovuto incidere il singolo ‘Love me do’, disco d’esordio degli ancora sconosciuti Beatles. Opportunita’ offertagli grazie alla diffidenza del produttore George Martin nei confronti del ‘titolare’, Ringo Starr, di cui non apprezzava la tecnica. In realta’ Ringo si era unito ai Fab Four solo da pochissimo tempo, avvicendando Pete Best inviso agli altri, e non aveva ancora avuto modo di integrarsi con il resto del gruppo. Cosi’ Martin incarico’ uno dei propri assistenti, Ron Richards (futuro scopritore degli Hollies di Graham Nash), di rivolgersi al sindacato cui era iscritto White per trovare un sostituto. I due gia’ si conoscevano, e Richards gli offri’ una scrittura per tre ore di lavoro con l’etichetta ‘Emi’. Ecco come divenne il ‘Beatle per un giorno’. White si sedette dietro a piatti e tamburi, mentre Ringo fu dirottato al tamburello. Lo stesso avvenne per il lato B, ‘P.S. I Love You’. Ben presto pero’ Ringo si fece largo, ottenendo finalmente l’apprezzamento del produttore e recuperando il suo posto. Fu quindi lui a suonare sulla versione dei brani inclusa poi nel primo album del quartetto di Liverpool, ‘Please Please Me’. Quella con White rimase confinata su 45 giri per decenni, finche’ non fu inclusa in alcune tarde antologie, ma tant’e’: il suo spicchio di gloria ormai se lo era conquistato. ‘Avevo sentito parlare dei Beatles perche’ la mia prima moglie, Lynne, era di Liverpool anche lei e me li aveva menzionati, ma non ne sapevo granche”, avrebbe dichiarato cinquant’anni dopo in un’intervista al ‘Daily Record’, tabloid della natia Glasgow. L’impressione, a dispetto del breve tempo trascorso insieme, fu comunque positiva: ‘Si percepiva che loro erano qualcosa di diverso, di molto speciale. Certo’, aggiunse, ‘non immaginavo proprio quanto speciali sarebbero diventati’. Conclusa la magica parentesi, White torno’ alla sua carriera di sessionman e a insegnare, da buon scozzese, oltre alle percussioni pure la cornamusa. Continuo’ a fare la spola tra le due sponde dell’Oceano Atlantico. Nel 1965 partecipo’ alla realizzazione di ‘It’s Not Unusual’, uno dei maggiori successi di Tom Jones. Mise le sue bacchette a disposizione, tra gli altri, di Burt Bacharach, Rod Stewart, degli Herman’s Hermits, come gia’ aveva fatto con Chuck Berry, Bill Fury, i Platters e Bill Haley & His Comets, considerati i primissimi capiscuola del rock’n’roll. Accompagno’ persino un’ormai piu’ che matura Marlene Dietrich nei suoi spettacoli di cabaret tedesco. Infine si ritiro’, stabilendosi definitivamente negli Usa. Neppure allora volle pero’ separarsi dal proprio feticcio, un adesivo con cui aveva ornato il paraurti dell’auto: ‘5thBeatle’, c’era scritto. Glielo aveva regalato un suo studente, ammirato. .
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