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01/12/2025 09:38

Nicola Pietrangeli è morto, aveva 92 anni: addio al gigante del tennis italiano

Pietrangeli si è spento all'età di 92 anni, la sua immensa carriera dai dilettanti alla Davis del '76

di Redazione

È morto a 92 anni Nicola Pietrangeli, il primo italiano a vincere uno Slam nel 1959 al Roland Garros (torneo dove riuscì a trionfare anche nel 1960). In totale ha conquistato 48 tornei in carriera, tra cui anche due volte gli Internazionali. È stato il capitano della prima Coppa Davis vinta dall’Italia nel 1976, unico giocatore italiano inserito nella Hall of Fame.

Nato a Tunisi l’11 settembre 1933, padre italiano e madre di origine russa, Pietrangeli arrivò a Roma dopo che la famiglia era stata espulsa dalla Tunisia. Le due vittorie a Parigi – dove è approdato in finale anche nel 1961 e nel 1964 – sono stati l’apice di una carriera di trionfi, con ben 48 tornei conquistati, compresi due volte gli Internazionali d’Italia, nel 1957 e nel 1961, e tre volte Montecarlo, nel 1961, nel 1967 e nel 1968. Dal 1959 al 1961 è stato anche numero 3 del ranking mondiale, in base alla classifica compilata dai giornalisti prima dell’era del computer. Anche grande doppista insieme a Orlando Sirola: insieme hanno vinto Roland Garros nel 1959. In Davis ha il primato di match disputati (164) e vinti (120) ma è da capitano non giocatore che ha legato il suo nome al primo grande successo internazionale dell’Italia, il 4-1 dei Moschettieri azzurri a Santiago del Cile contro i padroni di casa.

Campione della Dolce Vita resa marchio e identità da Federico Fellini, Pietrangeli è stato considerato fra i dieci migliori tennisti del mondo fra il 1957 e il 1964, quando le classifiche le stilavano i giornalisti. Ha trionfato due volte al Roland Garros, nel 1959 e 1960, anni in cui è stato indicato come numero 3 del mondo. Ha vinto due volte agli Internazionali d’Italia e vinto complessivamente 48 titoli, ai quali si aggiungono la medaglia d’oro ai IV Giochi del Mediterraneo di Napoli nel 1963 (battendo lo spagnolo Manuel Santana) e quella di bronzo nel doppio insieme a Sirola. Ha conquistato anche la medaglia di bronzo nel singolare maschile al torneo di esibizione di tennis ai Giochi Olimpici di Città del Messico nel 1968. “Se mi fossi allenato di più – ha detto -, avrei vinto di più ma mi sarei divertito di meno”.

I DUE TRIONFI SLAM DI NICOLA PIETRANGELI
I due trionfi al Roland Garros restano la pagina più prestigiosa della sua storia. Primo italiano a vincere uno Slam, Pietrangeli ha celebrato il primo trionfo parigino il 30 maggio 1959, un sabato assolato e carico d’attesa. Batte da favorito in finale il sudafricano Ian Vermaak, testa di serie numero 4: ventisei anni, braccia lunghe e carriera breve. In quelle settimane, ha raccontato, frequenta Candida, nome d’arte di Catherine Jajensky, spogliarellista polacca del Crazy Horse.

Il locale è l’eden del piacere a Parigi dal 1951, in una villa dal nome che è tutto un programma: l’Ile d’amour, l’isola dell’amore. Gliel’ha presentata il proprietario Alain Bernardin, grande appassionato di tennis. Il suo numero, ha detto Pietrangeli al Corriere della Sera, “era il bagno di mezzanotte: arrivava sul palco e faceva il bagno in una vasca di cristallo. Girava su una Buick bianca decapottabile. Su cui entrai al Roland Garros, la domenica della finale del 1959, con lei a fianco. [Dopo la finale] uscii in tripudio, tenuto d’occhio dalla squadra Narcotici. La Buick era appartenuta all’ex di Candida, Jacques Angelvin, il Mike Bongiorno francese: arrestato perché teneva la droga nel paraurti”.

Nel 1959 dopo la finale di singolare gioca anche per il titolo in doppio con Orlando Sirola, l’altra metà della più grande coppia del tennis italiano. Sirola, fiumano di quasi due metri, troneggia dall’alto della sua statura. Pietrangeli, sicuro e preciso, ne asseconda la serenità. “Era un fratello maggiore” ha detto Pietrangeli qualche anno fa ricordando l’amico scomparso nel 1995. “Il nostro – racconta a SuperTennis – è stato un matrimonio fra due persone diversissime. Lui prendeva la chitarra, andava all’osteria, si scolava mezzo litro di vino. Avremmo vinto sicuramente di più se fossimo stati meno giocherelloni”. Sono diventati grandi insieme a Parigi in quel 1959. Insieme battono in finale Neale Fraser e Roy Emerson, che avrebbe vinto il titolo in doppio per i cinque anni successivi al Roland Garros.

Il 28 maggio 1960 Pietrangeli vince il suo secondo titolo consecutivo al Roland Garros, battendo in finale il cileno Luis Ayala che cerca di logorarlo da fondo campo. “E’ stato il mio peggiore avversario – ammette a SuperTennis -. Io correvo bene in orizzontale, meno in verticale. E questo ‘mascalzone’ di Ayala mi faceva solo palle corte e pallonetti”. Dopo la partita, quando si toglie le scarpe, i calzini sono rossi di sangue. “Il dottore mi ha tolto la pelle sotto le piante dei piedi, ho camminato per due giorni con le pantofole” racconta.

1960, OLIMPIADI A ROMA E WIMBLEDON

Nel 1960 Pietrangeli arriva anche in semifinale a Wimbledon. Trascina Rod Laver al quinto set ma, nonostante abbia vinto più punti, finisce per pagare un break incassato nel primo game del set decisivo. In finale avrebbe affrontato un altro australiano, il suo amico Neale Fraser che aveva più volte battuto.

I suoi risultati gli valgono un’offerta di Jack Kramer per entrare nel suo circuito di tennisti professionisti, che allora guadagnavano molto bene nei tornei a loro dedicati ma non potevano giocare gli Slam e la Coppa Davis. In un primo momento accetta, ma la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi nella sua Roma lo convince a rifiutare e stracciare il contratto. Roma gli cambierà la vita.

1957-61 LA DOPPIETTA AGLI INTERNAZIONALI

È questo il suo palcoscenico naturale, dove lo stadio più affascinante del mondo porta il suo nome. Al Foro Italico Pietrangeli ha celebrato il suo primo trionfo agli Internazionali d’Italia nel 1957. In quell’edizione del torneo supera in finale Budge Patty e in finale Beppe Merlo, considerato l’inventore del rovescio a una mano. L’ultima finale tutta italiana al Foro si chiude 8-6 6-2 6-4. Pietrangeli trionfa sul campo che oggi porta il suo nome anche con un po’ di fortuna.

Prende tre nastri, ha ricordato, negli ultimi tre punti: prima un diritto, poi un rovescio velenoso, poi un altro rovescio con palla tesa. È la sua prima vittoria in carriera contro Merlo che non è mai riuscito a vincere gli Internazionali.

L’anno successivo Pietrangeli non riesce a bissare quel grande risultato e perde in finale 5-7 8-6 6-4 1-6 6-2 contro il mancino australiano Melvin Rose, capace di raggiungere la terza piazza del ranking mondiale. Rose, futuro coach anche di Margaret Court, Billie Jean King e Arantxa Sanchez-Vicario, è stato inserito nella International Tennis Hall of Fame di Newport nel 2001.

Da romanzo la finale del 1961, in una Torino da tutto esaurito. È un’edizione speciale, che celebra il Centenario dell’Unità d’Italia nella prima capitale del Regno. Un’edizione che si chiude con una finale speciale tra il giocatore italiano più forte di sempre e quello che viene da tanti ancora considerato il tennista più forte di sempre, l’australiano Rod Laver, unico nella storia capace di completare due volte il Grande Slam (1962 e 1969). Dal secondo però, Pietrangeli sfianca Laver a suon di meravigliose palle corte. “Ricordo che a premiarmi dopo la finale fu l’allora moglie di Umberto Agnelli, Antonella Bechi Piaggio. E ricordo anche che, siccome i giocatori della Juve (che quell’anno avrebbero vinto il 12° scudetto, ndr) erano tutti soci dello Stampa Sporting, al  circolo c’era il campo da ‘calciotto’ e io durante il torneo giocavo a pallone con loro. Perché il calcio è sempre stata una passione fortissima per me”.

IL SIMBOLO DELLA COPPA DAVIS

Nella storia del tennis, Pietrangeli è il simbolo della Coppa Davis. A 18 anni potrebbe scegliere se rappresentare Tunisia o Francia oppure se prendere il passaporto italiano. Il resto è storia. Per l’Italia ha giocato 164 partite in Coppa Davis, 110 in singolare e 54 in doppio: nessuno ne ha disputate di più nella storia della manifestazione, in totale e nelle singole specialità. Un record praticamente imbattibile anche perché sono cambiati i regolamenti. Pietrangeli in nazionale ha giocato anche una quindicina di partite all’anno per quasi vent’anni. Oggi non sarebbe possibile.

Debutta in Coppa Davis a Madrid, contro la Spagna, a punteggio già acquisito sul 3-0 per l’Italia. Il vero esordio, si può dire, è dell’anno successivo in doppio con Sirola. Insieme vinceranno 34 incontri di doppio consecutivi. Sono loro a guidare l’Italia alla prima finale della sua storia dopo la memorabile rimonta nella finale Inter-Zone contro gli Stati Uniti a King’s Park. Non c’è nulla da fare, però, nello scontro per il titolo contro l’Australia di Neale Fraser e Rod Laver, due dei migliori giocatori del mondo.

Nel 1961, Pietrangeli è ancora una volta il mattatore a Roma nella finale inter-zone contro gli Stati Uniti, ma a Melbourne contro l’Australia si ripete lo scenario di un anno prima: l’Italia perde 5-0.

La Coppa Davis è sempre rimasto il suo grande amore, lasciato da giocatore solo a 39 anni con una vittoria, in doppio contro l’Olanda a San Benedetto del Tronto nei quarti della zona europea. Accanto a lui, il suo erede, Adriano Panatta.

IL TRIONFO IN COPPA DAVIS IN CILE

La Coppa Davis non l’ha vinta da giocatore, ma da capitano a Santiago, nel Cile che da tre anni era sotto la dittatura di destra guidata dal Generale Pinochet. I partiti e i movimenti di sinistra erano fortemente contrari alla partenza dell’Italia perché, con una tesi familiare ai sostenitori dei boicottaggi sportivi in ogni tempo, giocare lì avrebbe significato legittimare il regime.

Ci si mette anche Domenico Modugno, che canta una canzone modesta nel testo ma potente nel messaggio contro la trasferta. Nel mese di novembre del 1976, ha rivelato a SuperTennis, Pietrangeli ricece anche “due minacce di morte: ‘Brutto fascista, ammazziamo te e tutta la tua famiglia’. Non è divertente”. Nicola resiste. Presenzia a infiniti dibattiti pubblici, anche in televisione. A sbloccare la situazione è Ignazio Pirastu, responsabile dello sport del Partito Comunista Italiano (PCI), perché i comunisti cileni hanno avuto segnali inquietanti: il popolo si sarebbe compattato attorno al regime se non si fosse giocata la finale.

L’Italia parte per il Cile e trionfa al termine di una finale senza storia. Ma nemmeno la vittoria cambia l’atteggiamento dell’opinione pubblica. Tornano praticamente di nascosto, e per una notte Pietrangeli dorme con la Coppa Davis (e il suo gatto) nel letto di casa.

Penso che Pietrangeli abbia fatto più di ogni altro per il tennis italiano” ha scritto il ceco Jaroslav Drobný, tre volte campione Slam tra il 1951 e il 1954, nella prefazione al libro di Pietrangeli “Tennis” (Edizioni Mediterranee).

In campo, ha aggiunto, “talvolta prendeva le cose un po’ troppo alla leggera, ed è forse questa la ragione per la quale il suo tennis aveva dell’imprevedibile. Quando era in vena, giocava da sogno. Quando era in giornata no, pareva un incubo materializzato. Nessuno, però, smetteva di vederlo giocare, con la speranza di veder apparire a sprazzi il suo genio tennistico, che – al contrario – quand’era in forma mostrava fino alla nausea. In Pietrangeli ha sempre prevalso l’essere umano sulla fredda macchina capace di giocare alla perfezione ma senza anima”.