di Redazione
Si riapre la vicenda giudiziaria riguardante una delle pagine più efferate della malavita sciclitana nell’ultimo decennio, quella riguardante la tragica fine, nove anni orsono, di un ragazzo diciannovenne, Daniele Rizzotto, sicuramente assassinato dai vertici di un gruppo malavitoso sol perchè si sarebbe rifiutato di continuare ad operare al di fuori dalla legge. La suprema Corte di Cassazione infatti ha accolto il ricorso presentato dal pm Fabio Scavone contro l’assoluzione in primo grado del presunto mandante (Giuseppe Ruggieri) e dei presunti sicari (Concetto Valentino Nigro e Luca Timperanza), per i quali era stata chiesta la condanna all’ergastolo, ed ha quindi inviato gli atti alla Corte di Assise di appello di Catania. Il processo di secondo grado avrà inizio, in Corte di Assise d’appello, il prossimo 14 maggio.
In primo grado, in Corte di Assise a Siracusa (presidente Romualdo Benanti), i tre erano stati assolti per il reato di omicidio ed erano stati condannati soltanto per l’associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni e ai danneggiamenti: nove anni di reclusione per Ruggieri, sette anni e sei mesi di reclusione per Concetto Nigro, sette anni di reclusione per Luca Timperanza e sei anni e sei mesi di reclusione per Carmelo Nigro. Per quest’ultimo anche il pm Scavone, per il reato di omicidio, aveva chiesto l’assoluzione.
Nel processo che va ad iniziare si sono costituiti parte civile i genitori della vittima, rappresentati dagli avvocati Iacono, Piccione, Passanisi e Lucifora, e la Provincia Regionale di Ragusa, rappresentata dall’avv. Giovanni Riccotti La Rocca. Gli imputati sono difesi (così come in primo grado) dagli avvocati Saverio La Grua, Giambattista Rizza, Giuseppe Pitrolo e Giorgio Terranova.
Daniele Rizzotto venne trucidato, in un anfratto fra Donnalucata e Cava D’Aliga, il 19 settembre del 1999. Erano quelli i mesi caldi durante i quali gli attentati a scopo di estorsione erano tantissimi nello sciclitano. Saltavano ruspe nei cantieri edili, bruciavano falegnamerie, andavano a fuoco imprese di vario genere, venivano scardinate saracinesche di depositi. La “mente” era Giuseppe Ruggeri, già condannato a 24 anni di carcere per omicidio, ma ammesso incredilmente ai domiciliari per “motivi di salute incompatibili con il regime carcerario”! E Giuseppe Ruggeri, dalla cabina di regia nella sua abitazione, servendosi di un gruppo di ragazzi senza scrupoli (fra cui i nipoti, i fratelli Nigro) non aveva tardato a seminare il terrore in tutto lo sciclitano.
Nella foto, Luca Timperanza
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