Giudiziaria
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26/11/2007 00:00

Omicidio Rizzotto una verità da riscrivere

di Redazione

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E’ stata accolta con soddisfazione, dalla società civile cittadina, la notizia che la prima sezione della Suprema Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di inammissibilità, pronunciato dalla Corte di Assise di appello di Catania il 14 marzo 2006, dell’appello proposto dal pm Fabio Scavone e dalle parti civili (avv. Bartolo Iacono e Luigi Piccione) avverso il verdetto assolutorio della Corte di Assise di Siracusa per i presunti responsabili della tragica fine del diciottenne Daniele Rizzotto. Una morte che merita chiarezza perchè incastonata in una vera e propria “estate di fuoco”, quella del 1999, quando Scicli e le sue borgate vennero terrorizzate da una banda senza scrupoli, messa sù da Giuseppe Ruggeri, in carcere per una condanna a 24 anni di reclusione per l’uccisione, nel 1987, di Lorenzo Vilardo, e con troppa superficialità mandato ai domiciliari “per gravi motivi di salute” nel giugno del 1999, dal giudice di sorveglianza.
Quel 24 luglio 2003, data del verdetto di primo grado, per il presidente Romualdo Benanti non avevano avuto alcun valore le dichiarazioni di un giovane pentito, Giovanni Pisana, nè tantomeno le affermazioni di altro pentito, Pietro Ruggeri, fratello di Giuseppe Ruggeri. Eppure nel corso del processo, attraverso le dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia e le indagini dei carabinieri non solo era stata ricostruita l’attività crimimosa di Ruggeri e dei nipoti Carmelo e Concetto Nigro, e Luca Timperanza, ma anche la tragica fine di Daniele Rizzotto.
Il ragazzo aveva dapprima aderito al clan, ma subito dopo, vista anche la piega che stava prendendo l’organizzazione guidata dal Ruggeri, si era dissociato. Decisione che gli è costata la vita. Il suo corpo martoriato veniva trovato, con un fucile a canne mozze accanto, la mattina del 19 settembre del 1999, in contrada “Trillarici” fra Donnalucata e Cava D’Aliga. Per tale delitto (e per i tantissimi incendi di natura dolosa) vennero arrestati Giuseppe Ruggeri (mandante), i fratelli Nigro e Luca Timperanza. In Assise, assolti per l’omicidio Rizzotto, erano stati condannati per l’associazione di stampo mafioso: a 9 anni il Ruggeri, a 7 anni il Timperanza, a 7 anni e 6 mesi Concetto Nigro, a 6 anni e 6 mesi Carmelo Nigro. Ora, dopo la decisione della Suprema Corte, gli atti processuali giungeranno ad altra sezione della Corte di Assise d’appello di Catania per il nuovo processo.