di Redazione


Al telefono parlavano di copertoni e biciclette, ma in realtà commerciavano droga in bar, vie e piazze di Scicli. Nel codice cifrato delle conversazioni telefoniche dicevano anche di armi, ma quelle non sono state ancora rinvenute.
“Mixer”, perché nel coacervo di rapporti che lega i diciotto arrestati nell’operazione condotta a termine dai carabinieri del Comando provinciale di Ragusa e dalla Dda di Catania c’è un mix di rapporti. Parentela, amicizia, interessi, droga, e soldi. Molti soldi.
Volti noti: Luca Temperanza, già arrestato nell’operazione Firefox, nel 1999, oggi agli arresti per altro reato; Fulvio Mormina, tratto in arresto in febbraio all’uscita dal traghetto, a Messina, con un ingente quantitativo di cocaina; ma anche insospettabili, Pietro Agosta, imprenditore edile di Donnalucata, mentre gli amici di Angelo Scifo si dicono increduli.
“Penso a Scicli e penso sempre a Elio Vittorini, alla definizione di città più bella del mondo”- dice il procuratore Dda Fabio Scavone in conferenza stampa. Ma Vittorini aggiungeva prudentemente un “forse” nella sua definizione.
A Scicli ci sono i bubboni, le radici delle famiglie criminali. “E’ un dato ambientale rilevante a Scicli e a Vittoria la presenza tradizionale di nuclei familiari legati al mondo della criminalità –spiega il procuratore, che di questo ha memoria storica-. Ed esiste una certa qual impermeabilità all’attività investigativa. L’unico caso di pentitismo è quello di Pietro Ruggieri, registratosi ormai parecchi anni fa”.
Famiglie arrivate alla seconda, alla terza generazione di attività criminale. “Gli incendi alle auto e ai cassonetti non c’entrano nulla –aggiunge il procuratore-, siamo di fronte a un gruppo elastico, cui si affiancavano battitori liberi, pure in rapporto tra di loro, ed episodicamente legati all’organizzazione principale, che non aveva un vero leader, ma dei riferimenti”. Fulvio Mormina era un riferimento, riforniva il mercato locale, che faceva di Scicli la base operativa, il centro motore dei contatti con Messina, Trapani, Agrigento, Roma. Eroina, cocaina, hashish.
E i consumatori? I clienti? “Giovani, molti giovani, un tessuto esteso, ramificato di contatti, di avventori”.
Il mix di interessi ben assortito: alcuni dei protagonisti sono parenti, altri amici, altri soci occasionali. Rapporti strutturati sulla necessità di essere pronti a rispondere alle esigenze del mercato, multiforme, onnivoro, sempre assetato di “biciclette” e di “copertoni nuovi”.
Discorsi a corto circuito quelli intercettati dagli inquirenti, dove il non-senso logico delle frasi, l’insistenza di Luca Temperanza, che vuole commerciare armi, restituiscono il quadro di un ambiente malato, presente nel tessuto sociale della città, e in parte confuso con la sua parte sana.
Se è vero che diverse persone colpite da mandato di cattura sono riconoscibili come appartenenti a un certo ambiente criminale, ci sono altri, che vivevano in un limbo, una zona grigia, e il cui arresto ha destato stupore, sorpresa, incredulità.
Segno che la capacità di permeare ambienti nuovi da parte di queste organizzazioni è molto forte, e il loro potere mimetico ben esercitato.
L’operazione Mixer squarcia un velo e apre uno scenario immaginato in parte, in parte inatteso, in una comunità che vive in una città bella, ma che non ha conquistato ancora la serenità.
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