Cultura
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13/02/2008 00:07

Per una città a bassa velocità

di Redazione

Nel 1981 – amministrazione del sindaco Salvatore Calabrese – venne bandito il concorso per “rifare” la facciata della scuola Micciché-Lipparini.

Era stato, nel contempo, contattato l’arch. Portoghesi per redigere il piano regolatore di Scicli, e gli fu proposto di organizzare e presiedere la commissione del concorso.

Con il mio gruppo, iniziammo ad elaborate un’idea. Poi abbandonammo il proposito di partecipare al concorso: vinse un gruppo romano!

La questione che fare della facciata, è ormai problema di diversi decenni, che ha impegnato persone di cultura e amministratori.

Ho letto con interesse gli appassionati scritti, degli intervenuti. Ho scritto sull’argometo, quando il Sindaco Falla ripropose il tema, dissentendo vivacemente con l’architetto Salvatore Scuto – allora sovrintendente ai monumenti di Ragusa -, sul valore architettonico e testimoniale del manufatto, per me molto relativo. Vorrei dare oggi un contributo laterale al confronto. Nell’inconscio collettivo, quella facciata ormai esiste.

Si è sedimentata nel corso di mezzo secolo. È stata metabolizzata dal luogo, senza inserirsi in niente. Si accorge dello stridere, chi arriva a Scicli per la prima volta, e ne ha una sensazione di disgusto.

Gli sciclitani ormai guardano, per abitudine senza vedere. Qualsiasi sostituzione armonica al contesto sarebbe difficile, anche se non impossibile. Non voglio trattare – per brevità -, da dove arriva quella ispirazione formale all’architetto Cilia, e neppure del riscatto sociale che in quegli anni si cercava con la realizzazione di quell’opera, della allora presunta modernità.

Per le relazioni al contesto, mi permetto di suggerire questo mio intervento: http://www.unifi.it/urbanistica/docprog/bellia/ilcontesto.htm

Per la salvaguardia dei beni architettonici e ambientali a Scicli vedi: “Architettura e ambiente”, ed. Scientific Press & GdS, Firenze, 1996.

Vorrei, invece, trattare un argomento che considero di interesse, anche se può sembrare marginale al problema della facciata della scuola: il proposto parcheggio. Demolire un manufatto, per realizzare un parcheggio, è indice di un pensiero e di valori che vanno contro l’attuale urgenza ecologica e la sostenibilità oggi necessaria per preservare e tramandare una città e un ambiente meno compromessi.

Capisco siamo sempre più costretti ad una mobilità comoda e veloce come bisogno indotto. Ma considerate che la velocità è una struttura di classe, quindi non permessa a tutti. Bisognerebbe – per i bene della città e di noi tutti – privilegiare altri mezzi di mobilità, per esempio la bicicletta.

Pedalo da sempre. Vivo in una città importante, anche se non gran-de, mi muovo sempre in bicicletta e in tutte le stagioni.

A Scicli – tranne i ciclisti degli Gli Amici del Pedale e solo per gli allenamenti – nessun ciclista si incontra. Per qualsiasi esigenza di spostamento, anche nel raggio di pochi centinaia di metri, si mette in moto l’automobile.

Non ditemi a causa delle difficoltà orografiche! Forse a condizionare questa scelta c’è il bisogno di sentirsi protetti, oppure il giudizio secondo il quale chi pedala mostra disagio economico?

Le biciclette non sono soltanto termodinamicamente efficienti, costano anche poco, durano più dell’automobile e sono espressione di un pensiero socialmente equo. La bicicletta ha ampliato il raggio d’azione dell’uomo senza smistarlo su strade non percorribili a piedi.

Dove egli non può inforcare la bici, può di solito spingerla. Inoltre la bicicletta richiede poco spazio. Se ne possono parcheggiare diciotto al posto di un’automobile. Di tutti i veicoli conosciuti, soltanto la bicicletta permette realmente alla gente di andare da porta a porta senza camminare, in bicicletta si diventa padroni dei propri movimenti senza impedire quelli dei propri simili.

Ogni incremento di velocità dei veicoli a motore determina nuove esigenze di spazio e di tempo: l’uso della bicicletta ha invece in sé i propri limiti.

Essa permette alla gente di instaurare un nuovo rapporto tra il proprio spazio e il proprio tempo, tra il proprio territorio e le pulsazioni del proprio essere, senza distruggere l’equilibrio ereditario.

Un paese si può definire sottoattrezzato, quando non è in grado di dotare ogni cittadino d’una bicicletta (nella foto a sinistra, la demolizione di palazzo Miccichè, ndd).

È sottoattrezzato, se non può offrire buone strade ciclabili oppure un servizio pubblico gratuito di trasporto motorizzato (ma alla velocità delle biciclette!) per chi intende viaggiare per più di poche ore consecutive.

Non esiste alcuna ragione tecnica, economica o ecologica perché in qualsiasi luogo si debba oggi tollerare una simile arretratezza. Sarebbe scandaloso se la mobilità naturale di un popolo fosse costretta suo malgrado a stagnare a un livello pre-bicicletta.

Per quanto riguarda il traffico, è il mondo di coloro che hanno tri-plicato le dimensioni del loro orizzonte quotidiano salendo su una bicicletta. È anche il mondo caratterizzato da una varietà di motori ausiliari disponibili per i casi in cui la bicicletta non basta più e una spinta suppletiva non limita né l’equità né la libertà.

Ed è, ancora, il mondo dei lunghi viaggi: un mondo dove ogni luogo è accessibile a ogni persona, secondo il suo talento e la sua velocità, senza fretta e senza paura, per mezzo di veicoli che coprono le distanze senza far violenza alla terra che l’uomo ha calcato per centinaia di migliaia d’anni.

Il sindaco Domenici – su richieste pressanti – tranvia o non tranvia, ha incrementato le rastrelliere e ricavato nuove piste ciclabili. Un venerdì al mese – noi di massa critica -, organizziamo una manifestazione ciclistica obbligando il traffico veicolare dei Viali alla velocità del ciclista. Alla autorizzata e pacifica passeggiata, partecipano: mamme con bambini e anche nonni con nipotini.

Nessuno si sognerebbe di abbattere qualsiasi sgrammaticatura architettonica in centro per realizzare un parcheggio, quelli realizzati sono sotterranei o a cielo aperto nella seconda fascia urbana.

Pedalare non inquina e fa bene alla salute, l’automobile è capace di condannarci… a morte!

con cordialità

Pasquale Bellia

Firenze

 

N.B. alcune considerazioni sono tratte da un mio recente libro: “Ciclismo per passione”, ed. autoprodotto, Firenze, 2007.

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