Il 59enne era stato sette anni tra carcere e affidamento in prova, poi due e mezzo come misura di sicurezza
di Redazione
Milano – Dopo il periodo di permanenza in comunità previsto dai giudici, aveva scelto di restare in quella struttura per continuare a curarsi: la 4Exodus di Villadosia, Varese. Aveva forse trovato un senso in ciò che faceva, Vincenzo Lanni, uno scopo che rendesse sempre più lontano il ricordo di quei due accoltellamenti del delirante 20 agosto del 2015, quando a Alzano Lombardo e Villa di Serio, dove viveva vicino a Bergamo, aveva accoltellato e ferito due anziani: Antonio Castelletti, allora 82 anni, e Luigi Novelli, 80.
Perché? «Volevo uccidere perché sono un fallito» aveva dichiarato. Ricordi? No, perché giovedì scorso Lanni è stato allontanato da quella stessa comunità in cui viveva da ormai cinque anni e una nuova fiammata di rabbia era tornata dominante, dentro di lui. Un equilibrio precario, spezzato: «Mi sono arrabbiato quando mi hanno allontanato». Un litigio probabilmente, la voce alta con un educatore della 4Exodus, forse parole anche violente. E basta. Il ritorno in strada con un coltello in mano.
Potrebbe interessarti anche...
Vincenzo Lanni era libero di andarsene perché aveva scontato la sua pena. Nel 2016, quando era stato condannato a otto anni di reclusione e tre di struttura psichiatrica, ne aveva già scontato uno in carcere, per la misura cautelare. A maggio del 2020 ne erano passati altri tre e mezzo in cella, quindi quattro anni e mezzo in tutto, tra Bergamo, Opera e Bollate. E poi, come ricorda in una nota il rappresentante legale della stessa 4Exodus Marco Pagliuca, era iniziato l’affidamento in prova ai servizi sociali (alternativo alla reclusione) «a maggio del 2020 all’interno della nostra struttura nell’ambito di un percorso di reinserimento».
Durato fino all’aprile del 2022, quando è stata decretata l’espiazione della pena: 7 anni scarsi dal momento del delitto contro gli otto previsti dal giudice, tra vari sconti lungo il cammino. Ed era quindi iniziato il periodo della «misura di sicurezza» quantificata in tre anni ma la cui necessità viene poi valutata dal Tribunale di sorveglianza di anno in anno. Risultato: percorso concluso a dicembre 2024, quando i giudici non hanno più riconosciuto la pericolosità sociale. Un passaggio che ora la Procura di Milano vuole capire a fondo.
© Riproduzione riservata
