A colloquio con Stefania Pilato
di Stefania Pilato

Modica – “La Madonna Vasa Vasa e San Pietro erano le occasioni ppi farisi ziti; San Giorgio ppi ingignarisi il primo vestito che dava inizio all’estate”.
Piero Pisana trasforma una conversazione sulla sua esperienza quarantennale di attore amatoriale in una chiacchierata di più ampio respiro su Modica, la cultura, le tradizioni, i personaggi della città.
Una sorta di storia del costume tracciata attraverso i tanti anni sul palcoscenico, il contatto con il pubblico, le esperienze personali a riflettori spenti.
Da Salvatore Quasimodo al culto del pane, da Ciccio Belgiorno all’aranciata ‘nna buttigghia, tutto viene legato dall’amore per il teatro.
Quando hai iniziato a recitare?
Da ragazzino, per caso, in parrocchia. Erano gli anni ’60, anni di contestazione. Ho scoperto che, da timido quale sono, il contatto con il pubblico mi gratificava e mi faceva superare diversi limiti. Il teatro è davvero una scuola di vita! Una delle prime cose che ho fatto è stato il cosiddetto show dell’Archimede. Ogni 8 dicembre le quinte dell’Istituto mettevano in scena uno spettacolo, ed era un appuntamento molto attesa in città. Nonostante fossi ancora al terzo anno, mi chiesero di partecipare. Si realizzò un mio sogno: recitare sul palcoscenico del Teatro Pluchino, allora il più grande teatro non solo di Modica, ma della provincia.
Dopo tanti anni, c’è ancora un sogno da realizzare?
Più d’uno. Il più importante è legato ad un film. Ho il soggetto, la sceneggiatura e pure il regista: Ignazio Agosta. Mancano solo i soldi. È una specie di caccia al tesoro attraverso i nostri luoghi e le nostre tradizioni. Una riscoperta del territorio seguendo un itinerario che va da San Giorgio a Cava Ispica, passando per tanti altri luoghi: un uomo entra in possesso di una borsa che contiene una mappa, da qui, sulla falsariga delle antiche “trovature” parte la caccia al tesoro. La storia è articolata, c’è anche una componente sentimentale, ma non diciamo troppo… Un altro sogno, non proprio legato al teatro, è realizzare un museo multimediale dei costumi e delle tradizioni. Negli ultimi 100 anni non sono cambiati solo i tempi, ma anche i gesti, le posture e i visi. C’è un patrimonio che meriterebbe di essere tramandato attraverso foto e filmati.
Non hai una compagnia eppure sei molto spesso in scena…
Sì, è vero. Non ho una compagnia, ma questo non mi penalizza. Collaboro con tutti. Mi piace il confronto con gli altri. Ogni compagnia ha una propria idea di teatro, interpreta repertori diversi, lancia messaggi diversi. E questo mi arricchisce.
Hai uno spettacolo del cuore?
Due spettacoli hanno segnato il mio percorso. Il primo è stato “Il diavolo, il pazzo e l’avvocato” di Vincenzo Giannì, un testo ironico, ma con contenuti importanti. È stato il primo spettacolo con una certa drammaticità, con un copione da seguire, senza spazi per l’improvvisazione, che mi ha forgiato come attore. Il secondo è stato “Che tempi quelli”, con la regia di Marcello Sarta. Uno spettacolo su Modica e sui modicani degli anni ’50 in cui abbiamo fatto rivivere personaggi della città conosciuti da tutti. Abbiamo racconta la vita quotidiana nei quartieri, la miseria, l’emigrazione, il cibo che scandiva il calendario delle feste dell’anno, le feste che scandivano le occasioni importanti della vita come fidanzamenti e matrimoni. Con un sorriso, certo, ma sottolineando anche aspetti amari delle condizioni di allora. L’ho portato a Catania e Messina, per delle Associazioni, e con sorpresa ho notato che, al di là dei nomi, i personaggi erano riconosciuti. È insomma uno spaccato di vita che descrive un’epoca, non solo una città.
Dopo tanto teatro, la presenza fissa in tv. Quali sono le differenze?
Quando reciti devi dimenticare te stesso per dare vita al personaggio, ovunque ti stia esibendo. Tra teatro e televisione la differenza è nei tempi. In teatro puoi entrare in confidenza poco a poco. In tv no, tutto si brucia in pochi minuti, devi andare a martello con le battute e non puoi costruire un dialogo con il pubblico. Dal palco di un teatro invece puoi esprimerti in modo più completo e approfondire i contenuti. La tentazione di fare l’attore per professione? Sì, sto lavorando in questa direzione. Il pubblico del teatro mi conosce già. Attraverso l’impegno televisivo sto raggiungendo una notevole popolarità presso altro pubblico. Non voglio restare imprigionato in un ruolo. Il personaggio deve restare Piero Pisana, non una caricatura. Vedremo se tra un anno avrò raccolto dei frutti. Ho diversi contatti in provincia e a Siracusa. L’ambizione dell’attore deve essere conquistare il mondo, se si perde questa tensione…un attore finisce.
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