di Redazione
Recitano a soggetto, sono duttili, abili, capaci di calcare qualunque scena, dall’Ambra Iovinelli al Teatro Greco di Siracusa, avanspattacolo e Steinbeck, il Bagaglino e Pirandello. Non hanno bisogno dell’autore, ma è come se seguissero diligentemente il copione.
Si calano dentro il personaggio, lo vivono intensamente e poi se ne spogliano con grazia. Gli umori degli spettatori li influenzano poco, perché aspirano a rappresentare anche quelli, ad essere tutti gli altri di volta in volta. Zelig, rimanendo se stessi? No, Zelig e basta. Divengono miserabili, eroi, vittime, carnefici, idioti e geniali con straordinaria semplicità. Non hai il tempo di pensare: questo è cretino, che loro con una battuta di fulminaìno e ti convincono che il c retino, forse, sei tu.
Ogni volta che rappresentano un personaggio, rappresentano anche il suo mondo, e lo percorrono fino in fondo.Di chi stiamo parlando? Non degli attori per mestiere, quelli che vediamo a teatro, non dei geni del palcoscenico, Gassman o Arnoldo Foa, ma degli uomini politici. Wuelli che calcano lla grande scena e gli altri, che si esibiscono nei retrobottega.Buoni o cattivi che siano, hanno la straordinaria dote di recitare senza recitare.
Gli attori veri indossano la maschera, assumono toni, umori, gesti della maschera che interpretano, ma non perdono mai la coscienza di sé. Coloro che esercitano l’arte della politica recitano se stessi. operdono la loro identità senza petderla.Il grande teatro della politica – altro che teatrino –si consegna alla platea senza paura né remore. Raccoglie l’identità della platea, non di un solo spettatore. Un miracolo. Riesce a fare di tante uomini e donne, un solo uomo ed una sola donna.
Chi sta sulla scena non è altro rispetto alla platea. Egli smarrisce se stesso consapevolmente, annega nella platea. Per amore? Per forza? No, una naturale empatia. Riflettete sul teatro della politica siciliano, concentrate la vostra attenzione sui personaggi chiave di queste giornate intense e dismettete, per un momento, la parte dell’accusatore, della vittima dei misfatti altrui.
Guadagnate il vostro senso critico e sedetevi comodamente in platea. State assistendo ad una commedia, un dramma, una tragedia, una serie di sketch esilaranti? Non importa, quel che conta è che recuperiate la distanza dagli eventi.
Osservate i personaggi principali, quelli che hanno affollato i vostri pensieri, stimolato le vostre curiosità, che vi hanno fatto arrabbiare o sorridere, quelli che avete mandato al diavolo o applaudito: Totò Cuffaro, Raffaele Lombardo, Gianfranco Miccichè. E poi, Anna Finocchiaro e Rita Borsellino.Chi premiereste di loro? A chi concedereste la palma di migliore attore? Miccichè o Lombardo, Cuffaro, Rita Borsellino, Anna Finocchiaro?
Prima di rispondere, imponetevi una pausa, recuperate gli umori che il personaggio vi ha trasmesso, depurati delle tossine della vostra passione politica, se ne avete. Ricordate che cosa c’è attorno a loro senza usare la memoria. Impossibile? Non è vero: provate a sentire il clima, l’atmosfera che i personaggi evocano. La gente anonima, i luoghi, gli oggetti. Giudicate l’arte della politica, non il personaggio, le seduzioni, non i fatti, gli atteggiamenti non i comportamenti, le parole non i contenuti, la leggerezza e non la profondità, le mistificazioni e non la credibilità.
Infine compilate una pagella senza ricorrere ad alcun taccuino, confidando sulla vostra attitudine a percepire ciò che conta veramente.Istintivamente sarete dapprima indotti a preferire la compostezza, guidati verso la qualità, ma durerà poco, il cuore e la mente vi trascinano altrove, vi spingono verso il palcoscenico, v’ingiungono di salire in pedana, a toccare con mano il personaggio più vicino. E scoprite che di stare accanto a colui che vi assomiglia di più. O che più vorreste rappresentare. Perché a quello in realtà aspirate, a stare sulla scena.Non è così? Certo, non è sempre così, ma capita frequentemente che sia così.
Chi premiate dunque?
Premiate voi stessi attraverso il personaggio scelto. E’ giusto così.Però c’ anche un altro modo di salire sul proscenio. Starci dentro senza essere attore, né platea. E’ il modo più difficile, perché obbliga alla conoscenza, allo studio. Obbliga a mettervi in discussione, a interrogarvi, a giudicare voi stessi prima che gli altri. In definitiva obbliga ad una disciplina mentale che si conquista poco per volta e mai definitivamente.Senza di quella, ubbidirete alle leggi del “mercato”.
Entrate in negozio, scegliete un dentifricio, illudendovi di avere fatto voi la scelta, mentre avete ubbidito agli spot pubblicitari. Ma questi sono ragionamenti, la realtà incombe e noi siamo quello che siamo.
Torniamo al teatro della politica e premiamo i protagonisti della pièce siciliana.Io non avrei dubbio: Gianfranco Miccichè ha dato un volto umano al rivoluzionario liberale e all’uomo delle istituzioni, al contestatore irredimibile e all’ubbidiente esecutore di decisioni altrui. Zelig, rimanendo se stesso. Se stesso nel vortice degli eventi. Uno, nessuno, centomila.
E Raffaele Lombardo? Troppo austero. Anna Finocchiaro? Non riesce a stare sulla scena, sembra uno di noi. Come Rita Borsellino e come, sotto certi aspetti, Totò Cuffaro.
Fonte: Siciliainformazioni.com
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