La rivoluzione dell'italiano scritto nel deserto linguistico del web e della carta stampata
di Socrathe

È presuntuoso e a dir poco sconsigliabile riferire le proprie impressioni di viaggio dopo una breve visita ai giornali che si candidano ad essere le “Capitali dell’Informazione” -on line- nel territorio ragusano, nell’infinito, e oltre. Ma i fermenti “culturali“ –che si possono cogliere dentro le care pezze di caciocavallo editoriale dop e stagionato, assieme alla libertà di regola, grammaticale e di stile, con la quale si esprimono i membri della “magnifica información”, i dotti della nuova lingua italiana – sono oramai così espliciti e spudorati da dar forse sapore a questa mia inevitabile, breve ed episodica, testimonianza di viaggio.
La prima impressione, quella che scrive con leggerezza e superficialità il registro delle sensazioni istantanee, è che dappertutto si respira aria di Rivoluzione! Il cambiamento trasuda dagli incipit esuberanti e dai titoli circensi, dà linfa alle didascalie delle foto in copertina, governa i pezzi nel divenire della cronaca. Tracce inconfutabili di una vera e propria sommossa culturale-editoriale.
La libertà di “parola” è pressoché totale. E la “parola” viene utilizzata da tutti i membri della “magnifica información” senza remore e soprattutto senza regole. Nessuna autocensura imposta, libertà di “scrittura”, piena e incontrastata. Articoli scomposti, periodi senza soluzione di continuità, punteggiatura ad ciuccium , apodosi e protasi, a corredo delle ”ipotesi”, utilizzate come armi di distruzione di massa, congiuntivo e futuro sciolti nel condizionale d’avanguardia, avverbi che gridano libertà e quieto vivere, pronomi in lista d’attesa per mutar di sesso a “Casablanca”, e così via.
Et cetera direbbe Aesophus..
Non è un caso territoriale e basta. La grammatica del mestiere e del corretto e limpido periodare è merce assai rara nel panorama “giornalistico” globale, modesto e moderno. A scrivere le pagine di questa triste Rivoluzione dell’Italiano scritto e mal parlato sono i professionisti della “parola”, gli aristocratici giornalisti, o chi si professa tale, che con i ciucci (o ciuchi) degli short messages condividono il sapere enciclopedico del T9. Il Paese dei grandi parolieri e degli illustri esternatori del passato è solo un lontano ricordo. La barcaccia degli scribacchini dei giornali del web e della nuova carta stampata naviga col suo carico di errori, di confusione, d’incertezza linguistica, lo Stige dell’ignoranza melmosa e paludosa.
Il rimprovero d’autorità per tenere a bada l’innocente asinitudine dei giovani italiani, che non sanno coniugare al passato il verbo “cuocere”, che non sanno far di conto e che non sanno manco leggere, marcia al ritmo dello sberleffo sulle prime pagine dei giornaletti di provincia e oltre stretto a suon di articoli periodati con disperazione e effervescenza, assieme a congiuntivi zigani – senza fissa e certa dimora – battuti a tempo di Folk, in rigoroso e impossibile stile web 2.0!
Non bisogna disperare, nonostante tutto. Bisogna aver fiducia nei lumi della ragione che alla lunga rischiarano e vincono il buio. Sotto il banco di una necessità scolastica, grammaticale e ortografica, di una Lingua dimenticata e in disuso da riconsegnare in tutta la sua bellezza e magnificenza e soprattutto con urgenza ai giovani, si cela il bisogno del “tutti a scuola e subito” per una classe di “scrittori” che non c’è, per una categoria di giornalisti degni del nome che portano.
La sollevazione culturale contro il governo delle giovani kappa, la Revolución aristocratica versus la giunta degli acronimi futuristici – nn, qnd, qll, x, xch, kmq, cmq – non può essere gridata alle Masse dalle incolte e grezze pagine di un giornale on line scritto in Html piuttosto che in italiano corretto. I giovani non hanno colpa: si confrontano con l’asinismo diffuso in edicola, e sul web.
Concludiamo. L’etimo spinge il significato di Rivoluzione sulle sponde del rinnovamento, del migliorarsi per migliorare, se stessi e gli altri. E così dev’essere guidato il cambiamento degli Scribi del nuovo millennio, con l’occhio che punta alla perfezione delle piramidi d’Egitto piuttosto che alle carovane dei somari del deserto linguistico. L’altra metà del vero risiede nella riconsegna delle chiavi della Nostra lingua alla Regola, abbattere le porte del somaresimo incalzante e fare entrare l’Italiano Sovrano, a tempo a modo e a luogo.
« Giove impose agli uomini due bisacce: mise quella dei vizi propri dietro la schiena, quella carica dei vizi altrui davanti al petto » – Fedro –
Socrathe
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