Agosto con le sue afe e i cieli pieni di stelle incombeva sulle nostre vite.
di Un Uomo Libero.
Madrid – Lo incontrai seduto in una panca di Piazza Isabel II a Madrid. La bocca della metropolitana era solo a qualche metro. Curvo su se stesso, stringeva tra le mani una testa piena di riccioli trascurati, il volto marcato da una barba incolta. Non vestiva come un barbone. Anzi, sembrava un vero signore. Nell’insieme era una contraddizione vivente.
Mi ero seduto per caso sull’altro estremo della panca e, dapprima, non mi ero curato molto della sua presenza.
Agosto con le sue afe e i cieli pieni di stelle incombeva sulle nostre vite.
Così curvo sotto il peso dei suoi pensieri, mi lanciò un’occhiata curiosa, senza spostare di un millimetro la testa dalle mani. La gente sciamava intorno a noi come api di un alveare.
Non mi ero accorto, nel rumore appena riuscivo a percepire un singhiozzo. Quell’uomo piangeva.
Mi prese una grande compassione per lui, non volevo tuttavia che capisse.
Mi guardò ancora e, questa volta, incontrando i miei occhi li trovò buoni e rassicuranti.
Abbozzai un sorriso. Lui si raddrizzò e distese le braccia sulla spalliera della panca quasi a raggiungere con una mano il mio omero. Guardava intensamente la luna.
– Chissà chi ci osserva da lassù… – dissi timidamente.
Lui mi osservò con interesse e a lungo.
– Forse chi ci ha voluto bene. – Continuai.
Lo sconosciuto restava immobile, ostinato nel suo silenzio.
– A volte, mi chiedo se il cielo immenso, stellato, non sia davvero popolato da chi ci ha preceduto, magari trasformato in una stella. – Sorrisi.
– Una stella? – Ripeté lui, finalmente, con una voce rotta e un accento borghese.
– Sì, magari una stella… – Risposi, contento di quell’ingenua trovata.
– Sarei felice, se fosse così. – Rispose lo sconosciuto. – Ma so che questo è un piccolo inganno pensato ad arte per consolare il cuore e non può essere vero. Come non sempre i corpi che luccicano nel cielo sono stelle.-
– Il Paradiso sarà affollato immagino da spiriti innumerevoli… – La buttai sulla religione.
L’uomo ebbe un attacco di risa isteriche.
-Il Paradiso, l’Inferno, il Purgatorio… – Fece una pausa. – Lei crede ancora a queste favole? – Domandò.
– Beh, io sono credente, magari poco praticante, ma credente. – Lo rassicurai.
– Da tempo ho finito di credere a tutto, io. – Confessò. – Dopo la morte esiste solo la memoria che fa vivere l’estinto in chi rimane. A volte la memoria ha un altro nome, Storia, a me comunque piace “memoria”. L’inferno lo sperimentiamo vivendo e il Purgatorio è solo un pio stratagemma consolatorio che, in effetti, se riflettiamo bene, nega l’Eternità. Infatti, nulla, a dirla coi preti, neppure il peccato o il castigo, sarebbe per sempre.-
Guardai lo sconosciuto con occhi diversi, ora che cominciavo a conoscerlo.
– Questa mattina – riprese l’uomo – ho seppellito la mia compagna. Ci eravamo conosciuti sui banchi della Secundaria, ci siamo amati come solo gli uomini sanno fare. Abbiamo deciso di non avere figli per essere liberi di girare il mondo, di percorrerlo in lungo e in largo. Avevamo due impieghi che ci garantivano un buon tenore di vita. Una sicurezza economica non indifferente ci tranquillizzava, offerta dalle nostre due famiglie di buona estrazione borghese. –
Lo sconosciuto fece una pausa, nel disperato tentativo di non cedere alla commozione.
-L’ho assistita fino all’ultimo respiro, mano nella mano. Giorni fa ci siamo sposati “por lo civil”. Non volevo farla partire senza dimostrarle che la mia vita le apparteneva e che, con lei, una parte di me andava via in sua compagnia. Non siamo stati credenti, ma entrambi avevamo la certezza che la morte è l’unico vero viaggio che ogni uomo è tenuto a compiere. Un pellegrinaggio strano e obbligato verso una meta sconosciuta. Questa volta nella sua valigia non c’erano abiti, gioie e scarpe ma c’era solo un anello nuziale che le misi al dito scarno come ultimo pegno di un amore che resterà tale per sempre.-
La sua storia mi commosse. Non sapevo come consolarlo.
– Ha sofferto molto? – Domandai.
-Sì, ma lei mentiva per non rattristarmi. Guardava le mie lacrime.- Rispose.
– Che farà ora?- Chiesi con molto rispetto.
– Non lo so. – Disse. – Questa città ha perso i suoi colori, il giorno e la notte mi sono indifferenti, il mondo senza di lei è grigio e opaco. Vorrei tanto morire anch’io per ritornare a starle vicino ma non credo in una vita dopo la morte, come ho già detto, non saprei se, morendo, potessi ritrovarla ancora.-
– Forse farla vivere nel ricordo potrebbe. Non tutto ciò che muore ai nostri occhi è destinato a morire, se qualcuno rimane a ricordare. –Obiettai.
– “Non omnis moriar…” – Citò a memoria Orazio, a conferma.
Si alzò. Mi porse la mano.
– Grazie! – Esclamò.
– Che farà? – Chiesi ancora con insistenza e con preoccupazione.
– Non lo so. Il suo amore saprà suggerirmi la decisione più saggia. –
Lo vidi allontanarsi verso la bocca della metropolitana. Si confuse ai passanti e scomparve.
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