di Redazione
Gli altri comuni del palermitano, del messinese e del catanese, insieme a quelli delle altre sei province siciliane, invece, adrebbero a costituire nove liberi consorzi di comuni, in cui gli organi di governo sarebbero scelti con elezioni di secondo grado, senza ricorrere, dunque, al voto dei cittadini. Una riforma complessa, che per essere portata a termine, richiederebbe un anno di tempo. Ma secondo il vice presidente della commissione Affari istituzionali, Vincenzo Figuccia del PdsMpa, sul tema della riforma delle province si rischia “un ingorgo a causa della molteplicità di norme depositate”. Per l’autonomista la soluzione più logica è “mantenere le attuali province regionali riducendo il numero dei consiglieri e degli assessori, ed assegnando a questi una indennità minima che valga come rimborso spese”. Quanto alle città metropolitane, per Figuccia, potrebbero crearsi “mostri e vedo già qualcuno abituato a fare il sindaco da tanto tempo, come Leoluca Orlando, che sogna un ruolo da principe in un soggetto istituzionale simile al principato. L’idea del governo Crocetta di ridurre tanti comuni a semplici municipalità, con la figura del solo sindaco, è semplicemente un passo indietro per la democrazia e la rappresentatività”.
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