La decisione dell'Ufficio scolastico regionale per la Campania
di Redazione

Napoli – Il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale per la Campania ha disposto la sospensione cautelare di Stefano Addeo, il docente del Liceo «Medi» di Cicciano (NA), dopo le minacce rivolte alla figlia della premier Giorgia Meloni sul suo profilo Facebook.
La decisione, si spiega, è stata presa «per garantire e tutelare la serenità della comunità scolastica» e sarà valida fino alla definizione del procedimento disciplinare nel «rispetto della procedura prevista dalla normativa».
Addeo, 65 anni, nel pomeriggio del 2 giugno aveva ingerito un mix di psicofarmaci con l’intento di togliersi la vita.
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A salvarlo sono stati i carabinieri e i medici del 118, avvertiti dalla dirigente scolastica dell’istituto dove insegna. Il docente aveva infatti chiamato la preside rivelando la sua intenzione di farla finita. La donna ha immediatamente dato l’allarme e i soccorsi sono arrivati nell’abitazione di Addeo: l’uomo è stato soccorso e portato in ospedale a Nola: qui è stato ricoverato in codice rosso ma non è in pericolo di vita. «Non ho retto tutto l’accanimento mediatico che c’è stato nei miei confronti – ha detto al telefono all’Ansa dal letto dell’ospedale dove è ricoverato cercando di spiegare il suo gesto – Un’ora fa ho provato il suicidio con un mix di psicofarmaci. Ho commesso un errore, ma non dovevo essere crocifisso in questo modo, mi hanno linciato. Ho chiesto scusa, non ce l’ho fatta». Prima di dare seguito ai suoi propositi suicidi, Addeo aveva affidato a una lettera aperta al quotidiano ‘Roma’ la richiesta di un incontro chiarificatore con la premier, per rinnovare le sue scuse: «Le chiedo, se possibile, di poterla incontrare per poterglielo dire guardandola negli occhi», aveva scritto. Parole che sarebbero state raccolte a palazzo Chigi: la premier infatti, secondo quanto si apprende, aveva dato indicazioni di far pervenire la sua disponibilità ad un incontro, prima che uscisse la notizia del tentativo di suicidio. «Non c’è giustificazione possibile per le parole scritte. Mi assumo ogni responsabilità – aveva scritto Addeo nella lettera a Meloni – anche se confesso che mai nelle mie intenzioni vi era l’idea di augurare la morte a una bambina. È stata una frase infelice, inadeguata, inaccettabile, che non mi rappresenta né come uomo né come educatore». Addeo parla della sua situazione personale, del rapporto con la madre anziana e della sofferenza per quanto accaduto: «So bene che nulla può cancellare il male fatto con quelle parole. Solo la verità, il pentimento e il rispetto possono servire, ora». Per questo il docente si rivolge direttamente alla premier, chiedendo perdono per il gesto «che ha ferito Lei e la sua famiglia, e in particolare sua figlia, che mai avrebbe dovuto essere tirata in ballo in alcun modo».
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