Cultura
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02/09/2010 13:43

Storia della Compagnia del Piccolo Teatro. Un’esperienza modicana

Intervista di Stefania Pilato

di Stefania Pilato

Modica – Sostenitrice del valore dell’incontro, la caratterizzano la costante attenzione all’infanzia e alle cause sociali e la continua osmosi con altre realtà artistiche modicane.

È La Compagnia del Piccolo Teatro, nata all’interno della Parrocchia del Carmine grazie all’impegno di Marcello Sarta, Mimmo Spadaro, Franco Sarta, Fatima Palazzolo, Antonella Palazzolo ed altri ormai usciti dal gruppo. Il debutto risale al 6 gennaio 1989 con “Smascherando” di Michele Paulicelli.

Da allora la Compagnia è cresciuta grazie alla presenza di nuovi membri ed ha intrapreso una carriera – amatoriale, ognuno ha la propria professione – che l’ha portata anche fuori provincia: a Lipari, Messina, Catania, in Calabria e a Milano. Nel 1993 si è costituita in cooperativa, presieduta da Mimmo Spadaro.

Incontriamo la Compagnia nella sede di Villa Cascino.

Il vostro repertorio è decisamente vario. Spettacoli in vernacolo, in lingua, musical, recital, spettacoli per e con bambini. Come scegliete i vostri testi?

“Ci orientiamo verso lavori pressoché inediti. Abbiamo messo in scena anche dei classici, ma tendiamo a proporre opere non troppo sfruttate. E capita anche che un lavoro ci venga commissionato”.

I ruoli come vengono assegnati?

“Si decide di volta in volta in base alla rispondenza tra temperamento, caratteristiche emotive, caratteriali e fisiche di attori e personaggi. Non abbiamo schemi predefiniti, consideriamo una protezione per l’attore non esporlo a ruoli inadeguati”.

Come definireste il pubblico di Modica? Che gusti ha?

“Esigente. È un pubblico attento. Non lo si può fregare, si accorge se una proposta è messa lì per caso, per riempire un cartellone. Quando si lavora con impegno e con serietà, anche se uno spettacolo non incontra il gusto personale, il pubblico dimostra di apprezzare comunque l’onestà con cui è realizzato. Le preferenze vanno verso un teatro leggero, d’evasione, che allontani dai pensieri del quotidiano”.

Il 2010 vi ha visti impegnatissimi. Un bilancio su quanto fatto?

“Positivo, siamo molto soddisfatti. Non pensavamo di poter realizzare quanto programmato. Il nostro motore è la passione. I problemi ci sono, come in ogni gruppo e in ogni famiglia, ma questo non ci ferma”.

Cosa vi aspettate dalla Fondazione Teatro Garibaldi?

“Dicono sia ancora in fase transitoria? Aspettiamo. Se il teatro è di tutti, che siano coinvolti tutti. Poi i vertici facciano le loro scelte, ma solo dopo aver sentito veramente tutti. Non abbiamo partecipato a questa Stagione perché, quando contattati, non avevamo uno spettacolo pronto. Vedremo come andrà il prossimo anno. Ci è stato chiesto di presentare delle proposte e ci stiamo lavorando. Vedremo.

Di certo non siamo d’accordo sul colpo di spugna che si è tentato di dare alla memoria di ciò che è stato fatto prima della Fondazione. Non è vero che solo ora il teatro si apre alla musica, alla danza o al teatro di qualità. “Sud” con Maddalena Crippa o lo spettacolo di Branduardi su S. Francesco, sono stati due lavori eccellenti. Invitiamo gli addetti ai lavori a partecipare di più alle iniziative degli altri. Il teatro deve essere gestito da chi lo ama. E ci dovrebbe essere personale fisso e competente sempre in sede”.

In sala di solito si gela, voi sentite freddo sul palco?

“Non ne parliamo, una sofferenza fisica”.

 

I sogni

“Per noi partiti dalla parrocchia – dice Fatima Palazzolo – recitare fuori Modica è stato come approdare ad Hollywood. Una bella sensazione, ma non è quella che cerco. Per me contano emozioni più intime. Pochi giorni fa abbiamo partecipato ad uno spettacolo su Felicia Bartolotta, la madre di Peppino Impastato. Era presente la madre di un ragazzo fatto sparire dalla mafia. La signora si è commossa e ci ha detto di aver quasi superato il suo dolore rivivendolo con noi. Questo è il sogno: continuare a provare e dare queste emozioni. E se posso aggiungerne un altro, avere un teatro”. Interviene Mimmo Spadaro “sì, un teatro o almeno una struttura polifunzionale. La nostra cooperativa nasce come contenitore non solo teatrale, ma anche per danza e canto. Vorremmo realizzare tutte le cose previste. Molti ragazzi delle medie seguono i nostri laboratori, una volta al liceo però si disperdono perché non c’è un centro aggregatore che permetta di continuare l’attività”. Il sogno di Marcello Sarta “è vedere una grande produzione, importante, che metta insieme le principali realtà culturali modicane. Amo molto l’energia di questa città e mi piacerebbe convogliare tutte queste forze. Ma forse è utopia”. Ornella Fratantonio desidera “mettere in scena “Ritratto di Madonna” di Tennessee Williams. Mi coinvolge molto, ogni volta che lo leggo ho le lacrime agli occhi”. Piero Pitino, infine, sogna “uno spettacolo con bambini davanti ad una platea molto grande. Mi piace l’idea dell’integrazione tra grandi e piccini”.

E poi c’è il sogno collettivo : “La locandiera” per la quale ci sono i costumi già pronti.

 

 

Stefania Pilato 

Nella foto, Fatima Palazzolo e Marcello Sarta, in “Forza, Venite Gente”