L’evento ha fatto tappa a Tunisi e Siracusa
di Simona Sirugo

Modica – La Sicilia, da sempre crocevia del Mediterraneo tra le rotte che collegano Oriente ed Occidente, penisola italiana e Africa, e che veicolano anche uomini e pertanto anche culture, in età tardo-antica conosce una rinnovata e straordinaria vitalità, un incremento demografico che non interessa soltanto i centri urbani distribuiti sulla costa, ma anche gli insediamenti dell’entroterra.
Gli indicatori del cristianesimo nelle sue prime manifestazioni riescono difficilmente a sconnettersi dal substrato culturale che li ha generati e che resta sostanzialmente quello delle masse pagane e quello delle minoranze che professano culti orientali. Questo quadro generale coinvolge anche la zona degli Iblei, che in seguito a recentissime scoperte e ricerche, si sta dimostrando particolarmente sempre più ricca di testimonianze cristiane.
Del processo di cristianizzazione dell’entroterra della Sicilia sud-orientale, si conserva un importante riflesso dei suoi albori a Cava Ispica, dove la maggiore catacomba comunitaria della provincia di Ragusa, denominata Larderia, ha un impianto originario che potrebbe rimontare già alla seconda metà del III sec. d.C., al tempo della cosiddetta Piccola Pace della Chiesa.
Di questo, nelle sue più ampie articolazioni, si è parlato nel corso della presentazione della mostra itinerante “Sulle tracce del Cristianesimo primitivo negli Iblei” ( Tunisi – Siracusa e Modica) nella sala Auditorium del Palazzo della Cultura.
L’evento è stato promosso promosso dall’Assessorato alla Cultura, Centro Storico e Aree Archeologiche dell’Ente, dall’associazione culturale “Amici del Museo” con il patrocinio della Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Ragusa.
Il contesto storico archeologico si basa su un’altra importante documentazione del nuovo credo religioso che sono i luoghi di culto: infatti in provincia di Ragusa si conservano alcune delle chiese più antiche della Sicilia costruite tra il V secolo e la prima età bizantina: quelle di Caucana e della Pirrera nel territorio di Santa Croce Camerina, San Pancrati di Cava Ispica ed il complesso monastico di recente scoperto nella cava del Prainito.
La presentazione della mostra ha visto la presenza del Sindaco Antonello Buscema del Vescovo della Diocesi di Noto Mons. Antonio Staglianò, del Soprintendente BB.CC.AA. di Ragusa, Arch. Alessandro Ferrara e dell’assessore per i Beni Culturali Anna Maria Sammito.
Stimolanti gli interventi che hanno preceduta la presentazione della mostra itinerante. La Dott.ssa Maria Rita Sgarlata, Ispettrice a Siracusa per la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, e Docente di Archeologia Cristiana presso l’Università degli Studi di Catania si è soffermata su “Il paesaggio rurale negli iblei ed il processo di cristianizzazione”, e ha introdotto e motivato tale mostra, inaugurata per la prima volta, nel maggio del 2007, al Musée National du Bardo a Tunisi, dal Ministère de la Culture et de la Sauvegarde du Patrimoine de la République Tunisienne, in collaborazione con l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e Ambientali e della Pubblica Istruzione della Regione Siciliana, e con la Fondazione Orestiadi di Ghibellina, dal titolo Sur le traces du Christianisme antique en Sicile et en Tunisie.
Fu poi esposta, con le sole immagini riproducenti in pannelli i monumenti più significativi, nelle sale del Palazzo Dar Bach Hamba della Fondazione Orestiadi nella Medina di Tunisi.
Arriva a Siracusa nell’Aprile del 2010, arricchita di immagini e corredi del territorio, testimonianti il processo di cristianizzazione avvenuto in età tardo antica. È questo il tema della seconda parte dell’intervento della Prof.ssa Sagarlata, durante il quale ha illustrato l’architettura sacra dell’area ibleo-siracusana e quella ibleo-ragusana. Da Kaukana (contrade Pirrera, Grassullo, Recucco) a Comiso (Cava Porcara, Monte Racello e lungo l’Ippari) da Ragusa (lungo la cava di Celone, S. Leonardo o Annunziata, ipogei della Gisternazza, Trabacche e gli ipogei minori di Buttino-Centopozzi) a Modica (nelle contrade Penninello-Malvagia, Michelica, Treppiedi, Cava Martorina, Scorrione), fino ad arrivare a Cava Ispica e alle testimonianze della Larderia, di S. Marco e di Camposanto, l’area è, infatti, interamente costellata da cimiteri sub divo e sotterranei, scavati nel pendio della catena degli Iblei.
Delle chiese bizantine di Caucana e delle nuove scoperte effettuate in questi ultimi anni grazie all’intensa attività di scavo in collaborazione con l’università della Calabria diretta dal Prof. George Willson ha parlato il Dott. Giovanni Di Stefano, Direttore Parco Archeologico di Camarina e Docente presso l’Università della Calabria.
Di esse si conserva l’impianto planimetrico costituito con un piano pavimentale musivo policromo in cui la decorazione è ripartita in una maglia di ottagoni e di quadrati di minori dimensioni collegati da trecce cordonate: nei quadrati sono motivi geometrici, negli ottagoni due maschere dal volto umano di pieno prospetto, ma, soprattutto, figure di animali quali capre, antilopi, cigni, anatre, pavoni, accompagnati da motivi vegetali stilizzati. Nel nartece sono presenti undici sepolture (nove fosse e due sarcofagi) di cui una decorata con mosaico ed una corredata da un’iscrizione; altre cinque sepolture si trovano nella navata settentrionale. L’area cimiteriale si estendeva immediatamente a ridosso della chiesa; sei sepolture del tipo a baule si dispongono a raggiera attorno all’abside: tra queste una presenta una grande croce a braccia patenti; altre tombe si trovano all’esterno in corrispondenza dei lati brevi delle navatelle.
A chiudere la presentazione della Mostra il Dott. Vittorio Giovanni Rizzone, Docente presso la Facoltà Teologica di Sicilia – Studio Teologico San Paolo di Catania. Il suo intervento, dal titolo “La documentazione epigrafica” ha illustrato la cospicua documentazione epigrafica del territorio modicano, indicatori cristiani più attendibili da ricercare nel campo delle iscrizioni dove il credo religioso viene esplicitamente dichiarato o espresso attraverso un proprio linguaggio cristiano. Emergono da questo straordinario repertorio epigrafico, scritto prevalentemente in greco, le vive realtà di piccole comunità cristiane locali, quali, quella di contrada Treppiedi, in cui fa da collante un presbitero ed un munifico evergeta, quella di Cava Ispica, in cui una facoltosa famiglia del luogo, la gens Antonia, è imparentata con un membro della gerarchia ecclesiastica. Ma altre iscrizioni diffuse nel territorio fanno conoscere la ricca articolazione della società cristiana di questo territorio (un committente di un edificio sacro di origine africana a Nord di Modica, un notaio a Scicli, un medico di origine egiziana a Chiaramonte Gulfi, etc….).
“La presentazione della mostra Sulle tracce del Cristianesimo primitivo negli Iblei ha voluto offrire proprio in occasione del Natale, alla città e non solo, un momento di riflessione alla scoperta delle radici del nostro cristianesimo, commenta l’Assessore alla Cultura Annamaria Sammito, intercettando una mostra che è stata già esposta a Tunisi nel 2007 e a Siracusa nel 2009. L’obiettivo è stato quello di divulgare attraverso un percorso fotografico le testimonianze principali delle prime comunità cristiane che si sono insediate nel nostro territorio, è stato quello di andare alle radici, se vogliamo, del nostro credo religioso. Una cospicua sezione della mostra è dedicata allo straordinario patrimonio epigrafico di Modica dove i nomi dei nostri antenati rivivono e si personificano in un Aithales che a Treppiedi fece costruire un cimitero o in tutta la gens Antonia seppellita in un ipogeo di Cava Ispica.
Si tratta di un operazione culturale che tenta di trasferire studi specialistici ad un pubblico più vasto convinti che la conoscenza sia la migliore forma di tutela e di valorizzazione dei tesori e delle storie della nostra terra. La mostra resterà aperta fino al 4 Marzo ed è possibile visitarla per le scuole o per i gruppi attraverso il servizio delle guide del Museo Civico di Modica.”
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