Attualità
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13/12/2010 23:19

Tar, finisce l’era Zingales

74 anni, 33 con la toga

di Tony Zermo

Leone Zingales
Leone Zingales

Catania – Il presidente del Tar regionale di Catania, Enzo Zingales, è andato in pensione a 74 anni. Apprezzato per l’equilibrio, la correttezza e la sapienza giuridica, finora ha sempre evitato le interviste, ha parlato solo per atti e per sentenze, come è giusto che facciano i giudici, ma dopo 33 anni e mezzo di magistratura non può esimersi dal fare un bilancio. «Ho cominciato da avvocato assieme a mio padre, poi sono andato al servizio legale del governatore della Banca d’Italia per circa sette anni e nel ’77 ho vinto il concorso per il Tar. Dal ’93 presidente di sezione e dal febbraio 2005 presidente del Tar. La mia vita è racchiusa in queste cifre». 
Com’è organizzato il Tar di Catania?
«Ci sono quattro sezioni, ciascuna con cinque magistrati. Ma invece di venti, al momento ce ne sono solo 17. Il lavoro viene distribuito dal consiglio di presidenza. E nonostante l’impegno ci sono 70 mila ricorsi pendenti, in Italia sono 630 mila. Noi ne esitiamo circa 3500 l’anno, una media di dieci al giorno. L’accumulo dei faldoni aveva addirittura provocato il parziale cedimento di un solaio nel palazzo di via Milano dove risiede il Tar dal 1991».
Nella lunga attività ci sono state sentenze clamorose come quella sul casinò di Taormina.
«Nel ’99 il Comune di Taormina chiese la riapertura del casinò e com’era prevedibile la richiesta venne respinta. Il Comune si rivolse allora al Tar e noi abbiamo proposto il problema alla Corte costituzionale segnalando plurimi profili di incostituzionalità perché se era vero che alcune case da gioco erano state autorizzate prima della seconda guerra mondiale, ce n’erano altre, come Saint Vincent e Campione, che risalgono agli anni 50. E poi abbiamo ricordato che la stessa Corte costituzionale in ben due occasioni aveva sentenziato che il Parlamento avrebbe dovuto legiferare sul problema delle case da gioco secondo un principio di eguaglianza e di distruzione sul territorio. La Corte se ne uscì in maniera imbarazzata che non regge al vaglio né della logica e né del diritto».
Avete anche salvato il Catania calcio per due volte.
«Nel ’93 e nel 2003. La prima volta volevano punire il Catania di Massimino perché non aveva presentato in tempo la fidejussione. Una fesseria perché si poteva sanare tutto il giorno successivo. La Federazione non solo non voleva iscrivere il Catania in C, ma voleva cancellarlo da tutti i campionati. Insomma il Catania doveva essere seppellito, morto. E’ come se uno studente non supera la maturità classica e deve ricominciare dalla prima elementare. Per fortuna siamo riusciti a resuscitare il Catania. Nel 2003 la questione fu più complessa. Il Siena aveva vinto contro il Catania, ma aveva fatto giocare il calciatore Martinelli pur essendo squalificato. Feci una serie di ordinanze e di decreti per l’assegnazione della vittoria al Catania. Addirittura il presidente della Federcalcio, Carraro, ci fece una citazione per danni nel tentativo di bloccarci. Fu un agosto infernale che non dimenticherò mai. Diverse società si erano rivolte ad altri Tar per l’attribuzione di punti, avevano ottenuto l’immissione con riserva nei campionato di competenza, un casotto infinito. Noi avevamo detto che il Catania doveva giocare in soprannumero nel suo campionato di serie B e questo rompeva il giocattolo dei calendari della Federcalcio. Berlusconi era tornato infuriato dai Caraibi e aveva deciso di tagliare la testa al toro: in futuro dare tutto alla competenza del Tar del Lazio perché non è possibile vedersela con tanti Tar regionali e intanto per questo campionato lasciare le società dove stavano, avallando in pratica la nostra decisione. Abbiamo vinto, ma la decisione del governo Berlusconi di accentrare troppe competenze sul Tar Lazio ha finito per ingolfarlo e per deprimerlo».
Avete avuto anche la vertenza per l’inquinamento della rada di Augusta.
«Anche questo è stato un tormentone. Abbiamo fatto la sentenza decidendo che la responsabilità ambientale delle aziende che hanno impianti prospicenti la rada dev’essere collegata al loro contributo all’inquinamento. Cioè chi ha inquinato paghi nella misura in cui ha inquinato. Il Cga ha sospeso la sentenza, ci siamo però rivolti alla Corte di giustizia europea che ci ha dato ragione. Complessivamente debbo dire che sono stati anni di lavoro difficile, carico di responsabilità, ma entusiasmante. Ora comincia una stagione diversa». E sarebbe un peccato se un personaggio del suo livello non continuasse a dare un contributo alla società.