Esce da Marsilio la riedizione del saggio di Giampiero Mughini sul famigerato intellettuale antisemita
di Redazione

Chiaramonte Gulfi – E’ stato riedito da Marsilio il libro di Giampiero Mughini (Catania, 1941) “A via della Mercede c’era un razzista”.
Il razzista del titolo è Telesio Interlandi (Chiaramonte Gulfi 1894 – Roma, 1965) , fondatore e direttore fino alla fine de «La Difesa della razza», la rivista voluta espressamente da Mussolini che dal 1938 al 1943, nel quadro di un razzismo forsennato a tutto campo, fu la banditrice in Italia del più violento e turpe antisemitismo.
Si Interlandi Ragusanews si occupò cinque anni fa (leggi qui). Su questo siciliano «normanno» aveva già posto uno sguardo indagatore poco prima di morire Leonardo Sciascia, che progettava di scriverne.
A Roma Telesio Interlandi si trasferisce non più giovanissimo, dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale e aver fatto le prime esperienze nella carta stampata a Firenze. Si fa subito notare per le sue capacità e ancor di più per la sua passione politica estrema. E’ un fascista senza mezze misure che piace a Mussolini, il quale lo prende in simpatia e gli affida la direzione di un nuovo quotidiano, «Il Tevere», del quale farà anche una sua personale cassetta delle lettere quando non vuole servirsi del troppo ufficiale «Popolo d’Italia». Dal canto suo Interlandi provvede a farne un foglio di battaglie aspre, di dure polemiche specie di carattere culturale contro i «bigi» e i «tiepidi» ai quali l’ala radicale e «rivoluzionaria» del fascismo si contrappone anche all’interno del regime
«Il Tevere» vede la luce e vive sullo sfondo fremente della Roma politica e giornalistica degli anni Venti, città dominata dall’atmosfera creata dal nuovo regime al potere, un ambiente culturale animatissimo, aperto, polemico, per nulla ripiegato nel conformismo.
In questa Roma intellettuale quasi tutti sono fascisti.
Interlandi aveva fatto il suo quotidiano e poi un settimanale, «Quadrivio», entrambi così duramente fascisti, aprendosi tuttavia a una larga collaborazione con quel mondo del quale peraltro faceva in fondo parte lui stesso. Aprendo ad esso le sue redazioni, facendo ampio spazio sui suoi fogli alla cultura, ai suoi esponenti più illustri: da Luigi Chiarini a Pirandello, da Alberto Moravia a Mario Praz, da Anton Giulio Bragaglia a Umberto Barbaro, da Antonello Trombadori a Carlo Bernari.
Il libro di Giampiero Mughini induce alla domanda: com’è potuto accadere che un ambiente così intensamente impregnato di cultura abbia visto nascere dal suo seno un tale esempio di pregiudizio e di violenza bruta, come quello che Interlandi incarna già prima del 1938, e dopo quella data in misura forsennata?
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