di Pasquale Bellia


“U’ spittaculu si fa chjddhu cama fattu sempri … e non si ni parra chjù”.
Pozzallo – Un foglio di sottile legno bianco divideva il nero mare di Pozzallo, dal piccolo teatro sulla spiaggia.
Una fioca luce illuminava la scena di una rappresentazione teatrale avvincente per esuberanza delle protagoniste nel cimento di teatro, canzone, commedia e anche danza. Ad esibirsi due giovani attrici, già con interessante curriculum di attività teatrali. Con ruoli importanti in teatri notevoli.
Amalia Contarini (Pica) della nostra Sampieri, ed Eliana Esposito (Tina) di Catania.
Nel dipanarsi degli sketch, non mancavano le venature autobiografiche – ma una autobiografia riveduta e corretta – alla luce di un impalpabile senso d’ironia in una mescolanza di canti, scenette e monologhi. Una parodia continua, ricca di azioni e vivacità fisica ed espressiva.
Come spesso nel cabaret di coppia, una (Pica, una vera picata) recita da ritardata mentale, da impedita. Manifestando la sua stordagine con espressioni dialettali, nella poca comprensione di ogni fare dell’altra (Tina), costretta a spiegare tutto e ad operare convincimenti infruttuosi. Tina, perspicace, si mostra per quasi tutti gli interventi come attrice impegnata recitando e cantando, con bella voce tonante: di commedia, di tragedia, di dramma e melodramma. Incomprensioni e doppi sensi sono a supporto della recita, tutto poggiato su una eccellente capacità interpretativa che passava dalla drammatizzazione a momenti di recitazione vernacolare. L’esecuzione è stata tecnicamente perfetta per espressività, sincronismo e assonanza. Le caratterizzazioni dei personaggi sempre pertinenti alla scena interpretata e un codice gestuale coinvolgente costruito su geometrie dinamiche di passi e movimenti del corpo. Comunicavano – Tina e Pica – con tutto un repertorio di strumenti espressivi e di trasmissione: mani, occhi, corpo, danze e corse, parole e canzoni.
Diverse strutturalmente le due protagoniste, così come le coppie della storia (peraltro, quasi sempre maschili) ci hanno da sempre presentato. Franco e Ciccio, Cochi e Renato, Ric e Gian, solo per citarne alcuni.
Pica magrissima, con un corpo pieno di spigoli e con le braccia inchiodate alla clavicole.
Tina morbida, ben tornita con la femminilità espressa in ogni parte e dalla dolcezza di un viso ben modellato.
U spittaculu si fa chjddhu cama fattu sempri … e non si ni parra chjù
Come nella consuetudine della maggior parte delle rappresentazioni teatrali, lo spettacolo non ripercorre un copione rigido. Non è mai ”chjddhu cama fattu sempri e non si ni parra chjù”.
La bravura nell’adattare al luogo e agli eventi che intorno si svolgevano la recitazione, è chiaro segno di capacità nell’improvvisare e bravura nel gestire la scena. Stessa spigliatezza nel trasformare un evento momentaneo, anche di disagio, adattandolo strumentalmente allo spettacolo. Una scrittura dello spettacolo – quello di Amalia ed Eliana – che ha un telaio di struttura solida sul quale poggiano, via via, le variazioni estemporanee come ricami narrativi sempre diversi. Tutto sostenuto da un canovaccio di riferimento ben strutturato e insieme latente. Il loro copione non ha la fissità di una trama definita battuta per battuta, ma si adatta con pregiata e brillante flessibilità e freschezza ogni volta caso per caso, secondo quanto suggerito dall’istantaneità. Fino a coinvolgere nella recita le rivelazioni del pubblico – per altro attento e vivace –, i fatti della vita di Pozzallo che nel momento della recita si svolgevano a tre passi di distanza. Quest’adattabilità immediata, improvvisata di una traccia appena definita, lo considero segno di maturità e bravura indiscussa.
Amalia Contarini recitava tra la sua gente. Questa appartenenza e prossimità affettuosa riportava nelle sue espressioni. Senza imbarazzo richiamava – anche se non sempre platealmente – fatti ed espressioni ragusane. Lei accennava, istigava una riflessione, il resto lo offriva al completamento dello spettatore con le sue conoscenze ed esperienze di vita vissuta. Una forma di cooperazione che fa dello spettatore soggetto attivo partecipe alla recita.
Si è trattato di uno spettacolo esilarante, al quale un pubblico entusiasta ha dato opportuno riscontro.
Un pensiero rivolgo ad Amalia, che conosco dalla nascita. E credo anche ad Eliana, per certi versi, si può adattare.
Crescere “fuori centro”, lontani dal ribollire delle sollecitazioni della crisi della modernità, porta ad un pensiero profondo, a dedicarsi alla “cura di se”. A coltivare quelle virtù che spesso – sotto la pioggia dell’effimero apparente – sfuggono alla comprensione del tutto. Certo nel piccolo Borgo di Sampieri i livelli di consapevolezza sono misurabili e le prospettive di crescita limitate. Però il piccolo centro porta a concentrarsi sulle proprie passioni, ad alimentarle e a lavorarci senza fretta e senza sosta. Quando si è strutturato una lista di priorità solida e vera che lo stare ”fuori centro” consente, dopo si può affrontare il mondo altro che oltre il piccolo Borgo rassicurante ci aspetta. A quel punto le decisioni devono essere solide, determinate perseguendole con il coraggio della passione.
Il cammino, anche se complicato, porta sempre una crescita. Per Amalia ed Eliana mi auguro un tragitto di soddisfazioni con innumerevoli successi, in un ambito espressivo dell’arte complesso ma non impossibile. Le qualità delle due protagoniste sono cristalline. Loro sanno che il percorso di studio e ricerca intrapreso è un processo inarrestabile che non trova mai conclusione. Le sento determinate a perseguire gli obiettivi prefissati di qualità e giustezza.
Auguro alle nostre artiste un successo crescente, così come è nei loro desideri.
Amalia e Eliana durante un dialogo serrato
Un improbabile e irresistibile Can Can
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