Attualità
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23/09/2010 21:04

Tresauro, i lavoratori: fateci campare

Le famiglie sul lastrico

di Gazzettadelsud

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 Ragusa – C’è preoccupazione tra i lavoratori del settore petrolifero. Oltre allo stop al cantiere di contrada Tresauro, provocato dal Piano paesaggistico, c’è il fermo ai lavori di perforazione in contrada Cammarana, questa volta deciso dalla Regione. Qui, si stava cominciando a predisporre lo sfruttamento del pozzo, denominato “Cammarana 1”. Il petrolio nella zona è stato trovato nel 2004 ed ora, sei anni dopo, viene fermata la coltivazione.

 

I lavoratori addetti alla messa a punto delle trivelle sono rimasti sorpresi dalla decisione di fermare le perforazioni in Sicilia e, preoccupati per il loro futuro, hanno preso carta e penna e inviato una lettera aperta al presidente della Regione Raffaele Lombardo. La stessa nota è stata inviata al prefetto Francesca Cannizzo, al sovrintendente Alessandro Ferrara, alla deputazione regionale della nostra provincia, ai sindaci iblei, al presidente della Provincia Franco Antoci, al presidente di Assindustria Enzo Taverniti ed ai sindacati di categoria.

Nella lettera spiegano che «se l’attuale condizione non si sbloccherà» rischiano «di perdere il posto di lavoro, mettendo le famiglie sul lastrico». Tanti i dubbi che affollano le menti dei lavoratori. Il più pressante è quello che riguarda le motivazioni: «Come mai – si chiedono – in un periodo di crisi occupazionale, in cui sono poche le aziende che riescono a mantenere i livelli occupazionali, proprio questo settore che riesce, ancora, a dare lavoro, venga così tanto ostacolato, pagando un prezzo alto». In questo modo, si fa presente, l’unica alternativa per questi lavoratori «diventerebbe abbandonare la propria terra e cercare un improbabile lavoro, possibilmente precario, al nord o, peggio ancora, all’estero».

I lavoratori impegnati nel campo di Cammarana 1 ce l’hanno con chi tanto critica le le trivellazioni: «Non sa – osservano – che l’economia della Sicilia si è sviluppata, 60 anni fa, grazie alle ricerche petrolifere; altrimenti, sarebbe legata solo all’agricoltura e magari ad un turismo che ancora stenta a decollare e non per colpa delle trivellazioni, quanto per una scarsa attenzione delle istituzioni locali e regionali».

Per le maestranze del settore, «le trivellazioni possono benissimo convivere con uno sviluppo turistico del territorio nel pieno rispetto dell’ambiente». E spiegano che «spesso chi si oppone alle trivellazioni non ha nemmeno l’idea di quello che accade in un cantiere di perforazione e, in particolare, di tutti gli accorgimenti tecnici a difesa dell’ambiente». Insomma, è la chiave di lettura dei lavoratori, «l’attività di ricerca e coltivazione degli idrocarburi può tranquillamente convivere con il territorio circostante, garantendo posti di lavoro e benessere condiviso nel pieno rispetto delle regole». Ed a sostegno di questa tesi ricordano che, «nonostante 60 anni di coltivazione petrolifera, Ragusa ha ottenuto il riconoscimento di patrimonio dell’umanità».

A chi contesta le perforazioni, i lavoratori spiegano che «un cantiere di perforazione inquina meno di molte altre attività antropiche, in quanto le normative in vigore e i controlli ambientali, cui è assoggettato e ai quali sono sottoposti i lavoratori e le aziende, sono talmente rigidi che, per ogni minimo errore, il corpo regionale delle miniere interviene per la chiusura definitiva del cantiere inadempiente». Poi, si ricorda che «la nostra legislazione nazionale e regionale è tra le più avanzate del mondo, oltre ad avere una invidiabile storia alle spalle. Non permettiamo – aggiungono – che il patrimonio storico e di conoscenze che hanno costruito i nostri padri venga irrimediabilmente perduto».

I lavoratori accusano quanti parlano senza conoscere la realtà. Loro, invece, vorrebbero «solo continuare a lavorare e mantenere le proprie famiglie in Sicilia, nel rispetto dell’ambiente». Nello stesso tempo, rivendicano «la propria dignità di esseri umani che hanno il diritto di vivere la propria vita nel luogo dove sono nati».