di Redazione
Si è ancora alla ricerca del bacillo di Koch; il test di Mantoux è negativo. Nonostante questo nessuno, trai sanitari dell’ospedale Maggiore di Modica, si sente di escludere la possibilità che il 20enne clandestino somalo ricoverato da martedì scorso nel reparto di Malattie Infettive, sia affetto da tubercolosi. Anzi c’è chi, a mezza voce, ammette che la sintomatologia è eloquente così come i dati emersi dalla Tac effettuata sul giovane. L’ipotesi della tubercolosi dunque sarebbe confermata. “Verosimilmente, si tratta di tubercolosi – ha dichiarato ieri ad un’agenzia il direttore sanitario del Maggiore, Raffaele Elia -. Il giovane è stato sottoposto ad una Tac da cui si rilevano delle lesioni cavitali ai polmoni, che sin da subito sono stati per noi campanelli d’allarme in quanto fanno sospettare l’infezione da Tbc. Prima di poter stilare la diagnosi definitiva però dovremo attendere – ha ancora detto il direttore sanitario del Maggiore – l’ultima analisi, pronta tra qualche giorno, che riguarda la ricerca del bacillo di Koch”. Il risultato negativo del test di Mantoux, a cui era stato sottoposto il clandestino somalo, aveva aperto qualche spiraglio positivo. Ma gli stessi sanitari del Maggiore hanno spiegato che, qualora l’infezione si prolunghi da diverso tempo, è probabile che non venga rilevata dal test. Potrebbe infatti impedire al paziente di rispondere alle sollecitazioni virali. “La negatività del test – hanno affermato dal nosocomio di via Aldo Moro – non esclude la presenza del bacillo”. Dunque, al momento, solo la Tac mostrerebbe in maniera palese i segni della presenza dell’infezione. Ma, come detto, a nessuno dal Maggiore o dall’Azienda sanitaria, viene in mente di abbassare il livello di attenzione o smentire l’ipotesi della tubercolosi. Prova ne sia la direttiva, impartita dagli organismi sanitari, di far scattare, alla dogana di Pozzallo, tutte quelle misure di controllo, analisi ed eventuale profilassi, previste in casi del genere. Ad essere sottoposti ai test alla tubercolina sono tutti i soggetti venuti a contatto con il giovane clandestino somalo. Non soltanto dunque i 166 extracomunitari ospiti della struttura pozzallese, ma anche i tanti operatori della dogana, dai volontari di protezione civile, alle forze dell’ordine, al personale medico ed infermieristico. Un numero elevato di uomini che dunque avrebbero potuto contrarre l’infezione il cui contagio avviene per via aerea. Nei locali della dogana si vive in uno stato di latente allerta. Nessuno mostra palesemente la preoccupazione, ma in tanti sottolineano l’inadeguatezza dei locali ad ospitare decine e decine di extracomunitari. Una “location” ideale dunque per il contagio di questo tipo di malattie infettive che, oramai inesistenti in Europa, stanno facendo la loro ricomparsa attraverso i flussi migratori. L’allerta rimane assai alta, nonostante si tenti, da più parti, di smorzare sul nascere ogni forma di allarmismo.
Giorgio Caruso
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