Attualità
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18/03/2013 23:40

Un gesuita di nome Francesco

San Francesco era un laico. Oggi un cristiano sulla cattedra di Pietro

di Salvatore Emmolo

Papa Francesco
Papa Francesco

Città del Vaticano – Gli ultimi mesi hanno proposto al mondo intero alcuni eventi che spingono a sperare: l’elezione di Obama che ha allontanato il timore che la più grande potenza militare ed economica scivolasse ancora una volta verso tentazioni fondamentaliste, militariste e monetariste; la verifica sperimentale dell’esistenza dei bosoni di Higgs che mostrano che il nostro universo è un cosmo ordinato, accessibile alla nostra mente; e pochi giorni fa l’elezione di Papa Bergoglio che ha acceso grandi speranze non solo nel mondo cattolico.

Jorge Mario Bergoglio è il Papa della discontinuità: per la prima volta un papa sceglie il nome di Francesco che, ricordiamolo, era un laico e da laico si assunse il compito di ricostruire la chiesa che rischiava di rovinare nei torbidi del nascente capitalismo Comunale e nelle lotte tra papa e impero.

Per la prima volta un gesuita viene eletto alla cattedra di Pietro, ma nel suo primo discorso alla piazza in attesa si definisce più volte “vescovo di Roma” riaprendo con questa scelta linguistica il dialogo ecumenico con una forza e un’efficacia che sembrava perduta.

Ma le prime volte nei giorni seguenti non si conteranno, dall’augurio familiare del “buon giorno” o “della buona sera”, rivolto a chi è venuto a salutarlo in piazza san Pietro, alla scelta di tenere la sua croce in ferro da cardinale, rinunziando alla croce dorata, dalla dismissione di abbigliamenti desueti, destinati a marcare la natura atemporale del ministero pontificio.

Anche il suo modo di pregare è quello di un buon parroco che invita i fedeli a recitare le preghiere consuete, ma è rispettoso nei confronti delle migliaia di giornalisti di ogni fede o privi di alcuna fede che egli benedice senza pronunciare parole inopportune.

Chi pensasse ad un papa ingenuo sarebbe lontano dalla realtà: Jorge Mario Bergoglio nel conclave del 2005 fu l’antagonista di Benedetto XVI e probabilmente la sua rinunzia a continuare la competizione dipese dalla consapevolezza che i tempi non erano maturi per la svolta che egli intendeva dare alla Chiesa. Ma le ultime affermazioni di Carlo Maria Martini, che poco prima di morire ha valutato il ritardo della Chiesa nell’ordine di secoli, avrà convinto i cardinali riuniti in conclave dell’urgenza di smettere soluzioni di ripiego e a far convergere i loro voti su Bergoglio che alla vigilia non era accreditato di un probabile successo.

Pure l’età avanzata può aver giocato a suo favore, anche se nessuno ha dimenticato che il pontificato più incisivo del XX secolo fu quello breve di Giovanni XXIII, ma naturalmente azzardare previsioni su ciò che Papa Francesco riuscirà a risolvere nel mondo intricatissimo della Curia romana è un esercizio a cui ci sottraiamo.

Molti si chiedono cosa lascia presumere la sua lunga attività come gesuita e cardinale argentino, passato dal contrasto verso la teologia della liberazione, ai terribili anni della dittatura di Videla, per giungere alla sua ascesa nel clero argentino fino a divenire cardinale a Buenos Aires. Sul suo passato il giudizio è difficile, perciò per alcuni aspetti del periodo della dittatura rimandiamo all’importante lavoro di Horacio Verbitsky, “L’Isola della Silenzio”, ma vogliamo ricordare che Leonardo Boff, leader riconosciuto della teologia della liberazione, ha accolto senza alcuna riserva la notizia della elezione di Bergoglio, nella certezza che per la chiesa si apre un tempo nuovo.

Certamente il compito di Francesco non è facile, ma le sue sono le mani sicure di chi ha guidato la grande chiesa d’Argentina e nel sud del mondo vivono oggi due terzi dei cattolici e il cardinal Bergoglio non ha esitato ad opporsi ai governi progressisti dei coniugi Kerchner a partire da posizioni peroniste.
Dunque una figura estremamente complessa quella del nuovo papa gesuita venuto dalla “fine del mondo”, il cui operato è tutto da scoprire, ma come scrisse paradossalmente Hannah Arendt, all’atto dell’elezione di Giovanni XXIII, certamente un cristiano è oggi sulla cattedra di Pietro.