Reduce da un entusiasmante Tour de France
di Ellj Nolbia

Avola – Sono arrivato ad Avola alle ore 8.
La casa in campagna è accogliente.
È dove Paolo ha scelto di ricostruire le sue energie dopo le fatiche dell’ultimo Tour de France, lontano dalla confusione del centro abitato. A quell’ora ha già consumato la colazione preparategli dalla premurosa mamma Enza ed è pronto per la quotidiana uscita di allenamento. So bene si trattava di una seduta di scarico, così penso di poter reggere la sua andatura “amichevole” con la mia condizione di irriducibile appassionato.
Transitiamo per Avola.
Paolo – molto benvoluto in paese – è costantemente a salutare amici e ammiratori che lo chiamano, lo incitano e Lui ricambia distribuendo saluti affettuosi e cordiali sorrisi.
Attraversiamo le zone balneari. La costa siracusana non è completamente sabbiosa, quindi non sempre è pianeggiante, superiamo le brevi asperità con la sua disinvoltura e il mio impegno. Mi racconta nel dettaglio dell’avventura del Tuor, della caduta al Giro e delle gare della stagione alle quali non ero presente o non viste in televisione. Il suo rimemorare è una cronaca viva e appassionata di dedizione alla squadra, di sacrifici di una vita che lui stesso ha scelto e sognato fin da bambino.
Lo osservavo nel suo procedere senza sforzo e studiavo ogni piccolo particolare della sua posizione, del suo fisico. È stato un piacevole ripasso, perché dell’”Aquilotto di Avola” conosco tutto il suo passato ciclistico e riconosco la sua sagoma anche a centro gruppo per la particolarità della sua posizione e la caratteristica del suo fisico minuto e potente.
Arriviamo alla salita finale. Otto chilometri da Avola ad Avola Antica costituita da tornanti con pendenze fino all’11%. Mi informa del recente record di questa primavera su quel percorso, quando preparava le brevi corse a tappe che ha contribuito a fare vincere al suo capitano, impegnandosi sempre con grande correttezza e rispetto dei ruoli. Il tempo di 16’ 02” per l’intera salita, è un tempo che – dopo aver ripercorso la salita della mia giovinezza – mi sembra incredibile.
Mi sta davanti.
Scandisce il ritmo con un rapporto agile facendolo girare con frequenze di oltre 100 rpm. Le gambe ruotano leste e composte, le spalle, la testa, le braccia ferme sembrano appartenere ad un’altra persona. Parla Paolo senza sosta preannunciandomi le curve e le pendenze, sostenendomi e incoraggiandomi nello sforzo così come avevo già fatto con lui quando era bambino. In un tratto centrale di falsopiano andiamo su a 21 kmh, mi informa che durante i tentativi di record in quel tratto pedala a 40 kmh. Sono le ore 11.30 e abbiamo percorso oltre 70 km, il sole in quei tratti di poca vegetazione e senza ombre, brucia la testa e quando mancano 2 km alla vetta dico a Paolo di continuare e di aspettarmi in cima.
Mi fermo a guardarlo: per i tornanti del lungo tratto sopra di me, il suo procedere seduto è facile e appare felice, quasi un lievitare leggero, quasi un’ascensione immateriale. Dietro i bassi muri a secco, la bicicletta non è visibile e dalla velocità non si capisce quale propulsione porta su quell’omino luminoso dalla pelle color scalatore colombiano, tra un paesaggio aspro che si percepisce sulla pelle, prima di vederlo con gli occhi perché arso dal sole. Paesaggio acre, dove né un’automobile, né un animale randagio si incontra perché il grumo di case in vetta è quasi abbandonato.
Torniamo a casa sua posta ai piedi della salita. La mamma Enza ci porge una bevanda fresca che aveva predisposto per domare l’arsura. Mentre si pranza mi confida che la salita fatta oggi la percorre su e giù anche per 6 volte a conclusione degli allenamenti di 180 km. In bicicletta, niente si improvvisa.
Ellj Nolbia
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