di Graziana Iurato

In una delle sue ultime dichiarazioni alla stampa, il Ministro della pubblica Istruzione ha intimato i dirigenti scolastici e i docenti a non fare politica a scuola con questa affermazione: ”Chi fa politica deve farlo fuori dagli edifici scolatici. Si tratta di una minoranza che piega la scuola ai suoi interessi di parte”. Vorremmo proprio sapere perché nel nostro paese far rispettare i propri diritti e opporsi con proteste lecite alle politiche di un governo che sta sempre di più accentrando il potere in mano a “pochi” ministri o dirigenti delle scuole, viene considerato “fare politica”!
O forse, non ci rendiamo conto che viviamo in un presente manipolato da certi “uomini di potere” che non contrastati da nessuna forza reale promuovono leggi e decreti che stanno mutilando lentamente ogni forma di democrazia e di promozione della qualità della vita? L’ideologia pericolosa del Governo-Azienda si riproduce nella Scuola-Azienda. Ti licenzio, poiché osi protestare!
”E’ stupefacente la capacità del ministro Gelmini di incensarsi per l’approvazione del decreto cosiddetto ”salva-precari” che, per la verità, non salva nessuno. Se davvero il ministro vuole affrontare il problema del precariato nella scuola, venga subito in Parlamento a discutere la nostra mozione e a dirci quali sono le reali cifre del dramma creato all’intera scuola dai tagli del governo Berlusconi”. Lo dice Manuela Ghizzoni, capogruppo in commissione Cultura di Montecitorio dei Democratici, la quale dichiara con forza la vacuità di questo provvedimento che promette ai precari ciò che si otteneva già: indennità di disoccupazione e precedenza per le assegnazioni di supplenze brevi. Sono solo giri di parole retoriche che hanno lo scopo di zittire le proteste e i malumori di queste settimane, con il risultato finale di mostrare il lavoro di un ministero che “fa acqua”da tutte le parti!
La storia della scuola italiana è stata attraversata da diverse riforme, dalla Casati del periodo postunitario alla Gentile del periodo fascista, ai decreti delegati del secondo dopoguerra, ma nessuna di queste è stata pensata al di fuori del contesto storico-sociale in cui si è concretizzata. Eppure, oggi assistiamo all’attuazione di una riforma della scuola scissa dalla storia attuale del nostro paese, norme che non tengono conto minimamente delle gravi problematiche economiche e sociali che la collettività italiana sta attraversando, andando incontro così a ripercussioni profonde e irreversibili che interessano indistintamente tutti gli aspetti della società civile.
Ogni provvedimento che agisce sull’intera comunità dovrebbe prima indagare su di essa, individuando le cause legate al vertiginoso aumento della dispersione scolastica, che spesso incoraggia la crescente criminalità giovanile, si dovrebbero studiare le ragioni che alimentano il fenomeno del bullismo e dello sfruttamento dei minori ancora in età scolare, si dovrebbe constatare l’aumento crescente di suicidi tra i giovanissimi, i numerosi fenomeni di intolleranza e razzismo verso i disabili e gli extracomunitari, il notevole aumento di giovani disoccupati che già in età scolare entrano a far parte di organizzazioni mafiose.
L’ultima indagine dell’OCSE-PISA 2006, promossa per accertare le competenze dei quindicenni scolarizzati nelle aree della lettura, della matematica e delle scienze in 56 nazioni dell’unione europea, ha evidenziato un notevole incremento della dispersione in Italia e un livello di formazione finale tra i più bassi della comunità (l’Italia si è piazzata al 36° posto su 56 nazioni), mentre il Programma Operativo Nazionale dell’Istruzione basato sul Quadro Strategico Nazionale (QSN) per la politica regionale di sviluppo 2007-2013, partendo dalla constatazione che il livello inadeguato delle competenze dei giovani e della popolazione adulta é uno dei fattori della persistente stagnazione produttiva e della scarsa mobilità sociale del Paese, ha considerato l’istruzione una priorità della politica regionale unitaria 2007-2013 e, per le Regioni dell’Obiettivo Convergenza (Calabria,Campania, Puglia, Sicilia), la pone tra i servizi essenziali resi ai cittadini individuando come obiettivo misurabile “l’innalzamento delle competenze degli studenti e la capacità di apprendimento della popolazione”.
A questo punto, ci chiediamo se questi importantissimi indicatori sociali siano stati presi in considerazione prima di avviare una riforma così radicale che trafigge con forza la professionalità dei docenti, ma soprattutto ignora gli alunni, i quali, oramai, da attori-fruitori al centro del loro processo di formazione saranno solo dei numeri vacui, senza alcun volto!
Nessuno ha pensato che i fondi-ammortizzanti del decreto “Salva precari”, magari, potevano essere sapientemente investiti nella qualità della formazione dei nostri ragazzi e quindi sul futuro del nostro paese, in primo luogo riportando serenità e fiducia nelle classi con un numero tale di alunni che permettano al docente di poter lavorare bene nel rispetto delle individualità, senza frustrazioni e quel senso di impotenza che tuttora ci attanaglia?
Non pensate che sia proprio questo il punto dal quale bisognava partire per avviare un innalzamento qualitativo del nostro sistema scolastico?
Graziana Iurato
Nella foto, precari della scuola protestano davanti la Prefettura di Ragusa
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