L'arrestato è un californiano di 46 anni. E' stato preso a Skiathos in Grecia
di Redazione

Roma – Si era rifugiato a Skiathos, confondendosi tra i turisti dell’isola greca nell’Egeo, commettendo però l’errore di portare il telefono con sé. Proprio il controllo sulle celle telefoniche ha dato alla polizia la conferma che serviva Rexal Ford, 46 anni, l’uomo accusato di aver ucciso una bambina di 6-8 mesi a Villa Pamphili e sospettato di aver avuto un ruolo anche nella morte della madre alcuni giorni prima, è stato fermato in mattinata, venerdì, a poche ore dalla notizia filtrata il giorno prima sulla sua identificazione. L’uomo ha raccontato agli investigatori che la bambina trovata morta a villa Pamphili a Roma con la madre «era sua figlia». Lo ha riferito il procuratore aggiunto di Roma Giuseppe Cascini, sottolineando però che «non ci sono al momento elementi scientifici per avere la certezza della relazione parentale». L’uomo sarà estradato in 20 giorni.
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Si tratta di un cittadino con passaporto americano (stessa nazionalità della donna e della piccola) che però, come hanno riferito alcune decisive testimonianze, parlava italiano. I suoi trascorsi in Italia e i suoi reali legami con i due cadaveri sono oggetto di approfondimento.
Un’operazione laboriosa quella della squadra mobile, nelle indagini coordinate dal pm Antonio Verdi e dal procuratore aggiunto Giuseppe Cascini. Una prima traccia per risolvere un giallo che sembrava senza soluzioni, data la contraddittorietà degli indizi, è arrivata dalle testimonianze di chi aveva visto quell’uomo con una bambina in braccio la notte prima del ritrovamento dei corpi (a poche ore e un paio di centinaia di metri di distanza uno dall’altro), il pomeriggio dell’8 giugno, dai frequentatori del parco.
Altri riscontri sono arrivati dalle telecamere delle mense dei poveri, dove l’uomo in una circostanza aveva lasciato le sue generalità. Infine, il racconto di una addetta al parco e dei commercianti del mercato di via San Silverio, anche loro in grado di raccontare di aver visto quel trio parlare inglese e di averlo notato perché lui aveva modi aggressivi verso la donna che a sua volta sembrava irrigidirsi quando lui si avvicinava alla piccola. A chiudere il cerchio è stata poi la nota di servizio di una volante, rivelata da «Chi l’ha visto», che la notte del 20 maggio era intervenuta a Campo de’ Fiori per la segnalazione di una coppia che litigava in strada. Lui aveva malmenato la donna, ubriaco, ma l’episodio non aveva avuto seguito. Il puzzle era però ormai ricomposto e in Grecia è scattato il blitz.
La telefonata a “Chi l’ha visto?”, le telecamere e il cellulare: così è stato risolto il giallo di Villa Pamphili
I cadaveri di una giovane donna e di sua figlia neonata in un parco, privi di vestiti e documenti, per un’indagine in cui è stato messo in campo ogni metodo investigativo. Polizia ed inquirenti sono riusciti in una settimana a dare un volto e a fermare l’uomo che potrebbe essere responsabile di quanto accaduto a Villa Pamphili. Il cadavere della donna, nuda, chiusa in un sacco sotto a una siepe, a poca distanza quello della sua bimba di pochi mesi era stato trovato sabato scorso: inizialmente nessuna traccia, indizio o movente che potesse portare ad una pista credibile. Il lavoro degli investigatori quasi dal nulla.
«Siamo partiti senza avere alcun elemento in mano», ricorda il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, il quale spiega di aver «messo insieme tutti gli indizi possibili, come l’ascolto dei testimoni, gli accertamenti scientifici, il controllo delle telecamere e di tutta la documentazione raccolta nei giorni precedenti, che potesse portare al riconoscimento di uno dei soggetti coinvolti nella vicenda».
Le testimonianze sono state fondamentali per sbloccare la situazione di stallo dopo i primi momenti del ritrovamento: un cittadino, dopo la diffusione delle immagini dei quattro vistosi tatuaggi trovati sul corpo della donna, ha contattato il programma televisivo “Chi l’ha Visto?”, raccontando di aver visto una coppia litigare pochi giorni prima del ritrovamento in una piazza del centro storico e per questo di aver allertato la polizia in quegli stessi momenti.
«È stato uno spunto particolarmente utile per indirizzare le indagini», riflette il procuratore. Lì si è incrociato un dato che era proprio nelle mani degli agenti e la prima tessera ha cominciato a combaciare: in quell’occasione l’uomo era stato identificato dalle forze dell’ordine fornendo le sue generalità e dicendo di essere il padre della bambina. Sempre secondo le testimonianze e attraverso le immagini acquisite da centinaia di telecamere passate al setaccio, la coppia assieme alla bimba era stata avvistata spesso nella zona di Villa Pamphili e anche in altre zone, utilizzando spesso i tavoli del mercato San Silverio, a San Pietro, per mangiare e i bagni per lavarsi. Quello stesso nominativo inoltre coincideva con i dati forniti da Rexal Ford, un cittadino californiano di 45 anni, alla mensa della Caritas. Una volta consolidate quelle informazioni, l’indagine si è allargata agli Usa, che – spiega ancora Lo Voi – «hanno fornito elementi utilissimi per l’identificazione del soggetto».
Si è quindi scoperto che le prime tracce dei tre in Italia risalivano ad aprile, anche se non si hanno ancora notizie sul loro ingresso nel nostro Paese né ci sarebbero registrazioni all’interno del portale alloggiati.
Nel frattempo, solo mercoledì scorso, Ford era partito dallo scalo di Fiumicino con un volo diretto Ryanair verso la Grecia. Qui è stata attivata la polizia ellenica. Le celle del cellulare del 45enne hanno agganciato il segnale nell’isola di Skiathos: «Le autorità greche ci hanno aiutati ad arrivare in tempo per evitare una possibile fuga verso altre isole», aggiunge Lo Voi, consapevole che «è solo l’inizio e l’indagine è ancora in corso e dovrà durare ancora per un bel po’». Dal movente all’identità della donna, le cause della sua morte fino ai giorni successivi che hanno preceduto il decesso della bimba, ci sono ancora troppi punti oscuri. Ma intanto gli inquirenti esultano: «Sono risultati formidabili per la rapidità con cui sono stati eseguiti. Una settimana fa non avevamo nulla in mano».
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