Cultura
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18/02/2009 22:34

Vita segreta di Campailla, il genio dimenticato

di Redazione

Modica – Giusto tre secoli fa vedeva la luce la prima parte del capolavoro di Tommaso Campailla, “L’ Adamo ovvero il mondo creato”, poema filosofico in ottave che permise al suo autore di godere di fama europea. E non potrebbe esserci miglior occasione di questo anniversario per riscoprire la figura eccentrica e per molti versi straordinaria di questo poeta, filosofo, medico, astronomo che nacque a Modica il 7 aprile del 1.688. Il quale, già in vita fu tenuto in grande considerazione, e dopo la morte additato quale genio assoluto; per poi però, col tempo, conoscere un oblio sempre più avvolgente.

Ora, per consacrarlo a imperitura fama basterebbe far riferimento a due fatti importanti della sua vita: il contatto epistolare che lo legò a Ludovico Antonio Muratori, personaggio di spicco tra gli intellettuali del ‘ 700, considerato il padre della nostra storiografia, e l’ incontro col filosofo Giorgio Berkeley. E il senso che fu quest’ ultimo a recarsi a Modica per conoscerne il genius loci: la cosa sembra avere dell’ incredibile, eppure così avvenne, come del resto raccontano i numerosi biografi del noto modicano. E dire che fin quasi all’ adolescenza, Tommaso Campailla, di estrazione patrizia, non diede segno del suo fulminante ingegno. E di certo, il suo aspetto esteriore non lo favorì, se è vero che il suo sembiante era a dir poco sgradevole: a sostenerlo, assieme ad altri (Vincenzo Navarro lo definì «alto e brutto della persona, guercio degli occhi, e segaligno»), anche Serafino Amabile Guastella, della vicina contea di Modica, l’ autore di quel capolavoro che fu “Le parità e le storie morali dei nostri villani” come si evince dal discorso che tenne nel 1878, quando al Campailla fu intitolato il liceo classico di Modica. Discorso che il Guastella pubblicò due anni dopo e che consolidò il mito del filosofo e dello scienziato stravagante, inavvicinabile e introverso, introiettato in un suo particolarissimo mondo.

Campailla trascorre così i primi anni di vita senza darsi troppa cura degli studi, anche perché il padre dal canto suo lo esortava alle arti cavalleresche e alla caccia. Questa sorta di isolano don Chisciotte, dunque, solo verso i dodici anni, sotto l’ egida di maestri definiti mediocri, si avvicina al mondo delle lettere. E all’ età di 16 anni si iscrive a Legge a Catania per volere del padre. Il Campailla così si allontana dalla sua Modica, centro dell’ universo, ma poco dopo decide di far ritorno a casa. Gli studi non lo infiammano: non riesce a conseguire il titolo di dottore in Legge, perché nel frattempo ha finalmente scoperto qualcosa di decisivo e sconvolgente: lo studio delle materie umanistiche e di quelle scientifiche (sarà fondamentale in questo senso il magistero di Galileo Galilei). Così per dirla con Cervantes, Campailla abbandona tutto per immergersi in uno studio «matto e disperatissimo», ma da autodidatta, avvicinandosi alle teorie cartesiane, leggendo oltretutto le opere di San Tommaso d’ Aquino, di Scoto, di Suarez, senza disdegnare la scienza medica, addirittura iniziando ad esercitarsi, a un certo momento, nella pratica delle autopsie.

Diventa precettore nella casa del Principe Grimaldi, e per 24 anni partecipa attivamente alla vita amministrativa della sua città, in qualità di giurato (una specie di assessore comunale del tempo, come spiega lo studioso Giovanni Criscione, sacerdote della memoria del Campailla) e di senatore della Contea. Quasi tutti i suoi biografi lo definiscono “ipocondriaco”: pare che da novembre a giugno se ne stia nel suo studio, circondato dai suoi volumi, dedito ai suoi esperimenti, riscaldato notte e giorno da un braciere; in estate, in città, si muove di tanto in tanto su di una portantina, per non turbare l’ equilibrio motorio del suo corpo. Per queste sue stranissime abitudini, la gente lo guarda con sospetto, non distinguendo il crinale sottilissimo che separa il genio dalla follia.

È nel 1693 che inizia lo studio della filosofia di Cartesio, il suo vero maestro come s’ è detto, e alle teorie cartesiane guarderà per dar forma al suo capolavoro, “L’ Adamo”. Dove è possibile scorgere il precipitato di tutta la dottrina di Campailla, nel senso che, come ha spiegato già Criscione, le opere successive non sono altro che rielaborazioni di tesi già definite nel poema maggiore. È un’ opera, “L’ Adamo” che impiegherà il Campailla per tutta la vita, ossia fino al 1737. La prima parte del poema, dal primo sino al sesto canto, viene pubblicata a Catania: strutturato in ottave, sciorina in modo originalissimo la dottrina cartesiana, relativamente alla natura non vivente e a quella vivente.

I modelli del filosofo e scienziato medicano sono tanti, forse troppi: il “Paradiso perduto” di Milton, la “Divina commedia”, “L’ Adone” di Giovan Battista Marino. E si registrano influenze di Ludovico Ariosto e soprattutto di Torquato Tasso. A leggerlo oggi, si prova un senso di vertigine: troppo legato allo spirito del tempo, sopraffatto da artificiosità stilistiche, da invasive ampollosità barocche. Lo schema è logoro: Adamo (alla stregua di Dante personaggio), sotto la guida dell’ arcangelo Raffaele, intraprende un cammino di formazione e di apprendimento globale che riguarda i principi delle cose, l’ astronomia, gli elementi e le loro peculiarità, il discorso umano, le passioni, l’ immortalità dell’ anima.

Nel quinto canto, che molto sarebbe piaciutoa Borgesea Manganelli, sulla falsariga dell’ Adone di Marino, viene immaginata una biblioteca con ogni volume che sarà pubblicato nel mondo. Appena comincia a diffondersi, il poema di Campailla riscuote l’ approvazione di tanti, tra studiosi ed eruditi. Nel 1718, a due anni dalla pubblicazione degli “Emblema”, una raccolta di sonetti, il filosofo George Berkeley volle conoscerlo e, poiché il Campailla era inamovibile dalla sua Modica, fu lo stesso Berkeley, assieme a Locke e Hume uno dei grandi empiristi britannici, ad andarlo a trovare in Sicilia, informandolo fra l’ altro delle nuove teorie newtoniane, che verranno poi usate dal Nostro nella sua opera anche poetica.

A Berkeley Campailla affida tra l’ altro alcuni scritti da presentare alla Royal Society. Del rapporto con il filosofo irlandese, rimane traccia in alcune lettere che i due si scambiarono. Otto anni dopo, il regio consigliere Giuseppe Prescimone invia a Ludovico Antonio Muratori, allora bibliotecario di Rinaldo I d’ Este, i “Problemi naturali” e “L’ Adamo”. Questi ne rimane particolarmente impressionato, e riesce a mettersi in contatto direttamente con l’ autore.

L’ epistolario Campailla-Muratori consta di sei lettere, quattro inviate dal modicano, due dal grande storico.. In un saggio di Aldo Gerbino si legge che il Muratori, il quale si interessò soprattutto alla teoria dei sogni del Campailla non apprezzandone però sino in fondo la dipendenza dalle teorie cartesiane, volle addirittura il filosofo siciliano a Padova, come titolare di una cattedra universitaria.

Non dimentichiamo che Campailla fu anche studioso della sifilide: a lui si deve infatti la realizzazione delle cosiddette “botti” o stufe mercuriali per la cura della lue, ancora esistenti all’ interno dell’ antico Ospedale di Santa Maria della Pietà e sono visitabili all’ interno di un percorso museale dedicato al filosofo e scienziato di Modica. Si tratta di tre stufe, specie di botti costruite con un misterioso e che a tutt’ oggi resta, dopo 300 anni, intatto e durissimo.

Il protagonista LA BRUTTEZZA Diverse le testimonianze dei contemporanei sull’ aspetto poco gradevole dell’ eclettico studioso modicano, tra le altre quella di Serafino Amabile Guastella LA CORRISPONDENZA L’ interlocutore principale di Campailla fu Ludovico Muratori considerato il padre della nostra storiografia. Fu intenso il rapporto epistolare tra i due scienziati –

SALVATORE FERLITA

 

La Repubblica