I consigli di Salvatore Piccitto
di Redazione


Vittoria – Averlo “scovato” passeggiando nella campagna incantata degli Iblei, dà già una prima, violenta e incontenibile emozione.
Un battito che non diminuisce, anzi che aumenta inesorabilmente, se poi si ha la fortuna di trovarselo proprio sotto il naso nella “tavola” delle calde notti agostane.
Il fungo di Carrubo è infatti un’autentica prelibatezza gastronomica della cucina degli Iblei, una rarità assoluta. Lo è sempre, ma lo è, soprattutto, se “incontrato” in piena estate d’agosto.
“Se passeggiando per i pomeriggi ferragostani, nella campagna degli Iblei, in cerca di frescura, aspettando, con la complicità del silenzio e del buio, di potere ammirare la costellazione e il chiarore delle stelle, ci si imbatte nel preziosissimo e raro tesoro della natura, è un’esperienza dei sensi che non si dimentica facilmente”, commenta il critico eno-gastronomico e docente Onav di Ragusa Salvatore Piccitto che, “legato fortemente al territorio”, coltiva una passione da raccoglitore di erbe selvatiche alimentare, funghi compresi.
“Se la pioggia caduta a maggio, fresca e inaspettata, tanto da avere fatto risvegliare i sapori primaverili della ricca terra degli Iblei, ci mette ancora sulle rotte delle erbe buone da mangiare, come amareddi, lassane, finocchietti, cardi – prosegue il critico enogastronomico – per un raccoglitore appassionato potersi imbattere ad agosto nel fungo di carrubo è come avere scovato un vero tesoro”.
Il fungo di carrubo merita di essere annoverato come alimento “principe” della cucina no-global e salubre degli Iblei.
“Cosi è possibile recarsi alla Fontana Cancellieri per trovare i venditori di erbe selvatiche – aggiunge Piccitto – si può avere la fortuna di imbattersi anche in un raccoglitore di fungo di carrubo, ma l’evento è decisamente eccezionale e molto più raro facendo così acquistare a questo alimento un suo valore aggiunto”. Inoltre il fungo di carrubo conserva altri storici e antichi rimandi con il suo terroir di provenienza. “E’ sicuramente parte integrante del territorio degli Iblei, emblema stesso dell’architettura rurale del ragusano, proprio perché è un tesoro gastronomico da incontrare tra muretti a secco, masserie e ovviamente tra carrubi”.
Quanto alla preparazione de “a funcia di carrua”, occorre affidarsi unicamente alla tradizione e alle antiche ricette tramandate dalle donne di Sicilia. “Basta lasciarsi guidare dai piatti della tradizione territoriale – conclude il docente – e sicuramente autentiche fucine di genuinità sono le ricette del tempo che fu. E da annoverare come depositarie degli aromi e dei sapori delle memorie gastronomiche, sono le donne, e come nel mio caso, essendo originario del Cilento, è proprio mia madre che tutela e tramanda la tradizione culinarie dei suoi antenati. Quanto all’incommensurabile piacere di mangiare il fungo di carrubo dopo averlo scovato su quello non ci sono dubbi di nessun genere”.
© Riproduzione riservata