Roma - È morto a Roma Vincenzo Micocci, 82 anni, uno dei più importanti personaggi della storia della discografia italiana. Micocci è stato l'inventore del termine cantautore e attraverso il suo lavoro con l'Rca e con la sua etichetta It ha prodotto i dischi di Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Antonello Venditti fino a Rino Gaetano e Mario Castelnuovo. Un autentico protagonista degli anni d'oro della musica italiana.
Con Vincenzo Micocci, infatti, scompare un pezzo importante della storia della musica in Italia. Micocci apparteneva a quella generazione che ha inventato l'industria musicale italiana, un uomo colto e raffinato che ha saputo conciliare il fiuto del talent scout con le doti di manager.
Quando, ancora studente universitario, negli anni '50 lavorava nel negozio di dischi dello zio a Roma, quel negozio di via delle Convertite, diventò il punto d'incontro degli appassionati di jazz - lavorava come critico per "L'Espresso" e "La Fiera Letteraria" - ma anche il suo trampolino di lancio per la carriera futura. Occupandosi degli acquisti, fu notato da un agente della Rca per la sua abilità di ordinare titoli americani, in particolare Belafonte e Perry Como, che risultavano vendutissimi. Fu così segnalato a Ennio Melis, il direttore che lo assunse nel 1956. Diventato direttore artistico, mise sotto contratto Gianni Meccia, per il quale coniò con la collaborazione di Melis, il termine cantautore (in occasione del lancio del 45 giri "Il barattolo"), Nico Fidenco ed Edoardo Vianello. Nel frattempo non abbandonò la sua passione per il jazz: assieme a Salvatore Biamonte ha condotto un ciclo di trasmissioni alla radio, ha pubblicato "Il libro del jazz" e una serie di antologie discografiche che hanno fatto la storia del jazz in Italia.
I successi ottenuti nei primi anni '60 alla Rca, dove aveva messo sotto contratto giovani arrangiatori come Ennio Morricone e Luis Enriquez Bacalov e talenti come Gianni Morandi e Rita Pavone, lo porteranno a trasferirsi a Milano per assumere il ruolo di direttore artistico della Ricordi.
Qui, dove mette sotto contratto Ornella Vanoni, compie un altro dei passi che lo hanno reso un protagonista: scrittura Bobby Solo che, nel 1964 partecipa al festival di Sanremo con «Una lacrima sul viso».
Il cantante romano (vero nome Roberto Satti) viene colpito da una laringite e rimane afono: Micocci risolverà la faccenda introducendo il playback per la prima volta in Italia. «Una lacrima sul viso» sarà il primo brano italiano a superare il milione di copie. Tornato a Roma, dopo la non fortunata esperienza della Parade, fonda la «It» un'etichetta, dove hanno lavorato anche i figli Stefano e Francesco, che ha fatto esordire Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Ron, Rino Gaeatano, Sergio Caputo, Grazia di Michele, Amedeo Minghi, Paola Turci, Mario Castelnuovo, ma che ha pubblicato anche coraggiosi dischi di jazz come quelli di Mario Schiano ed Enrico Rava e ha ottenuto un grande successo con le canzoni di Ettore Petrolini affidate a Nino Manfredi («Tanto pe cantà» fu un best seller), Laura Betti o a giovani interpreti come Fiorella Mannoia.
È solo con gli anni '90, e le prime avvisaglie della grande crisi del disco, che la sua attività si dirada. Tutto questo è solo una parte della vicenda professionale di Vincenzo Micocci che in realtà per quasi mezzo secolo ha lavorato, collaborato e, in molti casi, formato un numero impressionante di artisti e professionisti della musica. L'anno scorso ha pubblicato la sua autobiografia, «Vincenzo, io ti ammazzerò», dal titolo della canzone che nel 1978 gli dedicò Alberto Fortis dopo che Micocci gli aveva rifiutato un contratto. La prefazione del libro è firmata proprio da Fortis.
di Redazione
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