Il nuovo album
di Redazione

Milano – Più che un album, è un’opera epica, una “Marina Commedia” con protagonisti “Marinai, profeti e balene” il nuovo lavoro di Vinicio Capossela, in uscita il prossimo 26 aprile. Un disco «fuori misura» come lo chiama il suo autore, che ha diviso i 18 nuovi brani in due album, uno «oceanico e biblico» e l’altro «omerico, mediterraneo».
Capossela, uomo di città, spiega di aver scelto la via del mare come «metafora del fato, perché il destino è come una balena, lo capisci solo quando ormai è compiuto». Non a caso, diversi brani hanno a che fare con l’imperscrutabilità del destino, il cui velo solo i profeti – cui è dedicato il brano “Dimmi Tiresia” – possono squarciare, ma a caro prezzo perché «la questione non è indovinare cosa accadrà, ma essere creduti, mentre di solito – argomenta il dotto cantautore – la conoscenza allontana dagli altri. E questo riguarda non solo Tiresia ma noi tutti». Almeno tutti quelli che, dalla pancia del “Grande Leviatano” su cui si apre l’album, cercano uno spiraglio di luce, di speranza.
«Sembrano temi da liceo, invece – spiega l’artista attorcigliandosi i ricci tra le dita – sono la vita di tutti i giorni, su cui magari ci fermiamo a riflettere dopo un incidente in motorino. Ecco, questo album vorrebbe avere la stessa funzione di quell’incidente, ma senza effetti nefasti».
A stimolare le menti, una serie di riferimenti letterari che spaziano dal “Moby Dick” di Melville all’Odissea di Omero, passando per Celine e le Sacre Scritture. «La Bibbia rimane il testo più selvaggiamente saccheggiato del rock’n’roll – scherza Vinicio – l’Antico Testamento è pieno di figure straordinarie e, anche se non posso parlare di fede in Dio, credo nella letteratura e nel fatto che ogni volta che ci si confronta con l’anima si è un pò religiosi». Allo stesso modo, per Capossela, «ogni volta che si mette al centro la bellezza e il vivere la vita come un’occasione si è politici».
Disco profondamente politico e religioso questo, quindi, anche perché nato come un’impresa alla Fitzcarraldo di herzogiana memoria, con un pianoforte degli anni 30 fatto issare fin sul Castello Aragonese di Ischia, alla ricerca della tipica magia caposseliana, che passa poi per una varietà di strumenti desueti come le percussioni indonesiane, la viola d’amore barocca, il santur, le onde Martenot, il theremin, la sega musicale, l’ondioline e una serie di cori variegati, dalle voci bianche alle donne sarde. La mitologia del mare viene poi esaltata da cantori come il cretese Antonis Xilouris, il chitarrista newyorchese Marc Ribot, il contrabbasso di Ares Tavolazzi e la collaborazione degli amici Calexico.
Incentrato sui temi del disco, il live – che parte il 27 aprile da Genova – promette di essere una vera immersione nell’epica degli abissi e dei suoi abitanti.
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