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Mario Tozzi: Vi spiego cosa sta succedendo all'Etna

Corridoi di magma bollente sotto il mare, cunicoli da Malta all'Etna



"Negli ultimi mesi del 2018 sembra che la Terra si sia improvvisamente messa in moto in varie regioni del mondo, dall’Indonesia alla Sicilia e, come ogni volta, sismi ed eruzioni ci rendono inquieti. Vale la pena ricordare subito che questi fenomeni sono assai comuni e che è solo un caso che si riscontrino nello stesso periodo, mentre è impossibile immaginare collegamenti profondi fra regioni così lontane. Ma non bisogna dimenticare che, se l’Indonesia è attualmente la regione geologicamente più attiva del mondo, altrettanto si può dire per la Sicilia, la Calabria e il Mar Tirreno meridionale rispetto all’Italia".

Così Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico e saggista italiano, noto personaggio televisivo, in un intervento sul Messaggero Veneto. "Oltre a essere il vulcano più alto d’Europa, l’Etna è anche, insieme allo Stromboli, il più attivo: in media un’eruzione significativa ogni due anni. Si tratta di eruzioni quasi sempre tranquille: fluide colate di lava che si arrestano lungo le pendici. L’unico problema potrebbe derivare da fratture che si aprono a quote più basse, come già nel 1699, quando dai Monti Rossi la lava arrivò a invadere il fossato del Castello Ursino di Catania. Oppure dalle rare esplosioni in quota, come quella che nel ’79 uccise nove turisti. Un vulcano relativamente tranquillo, niente a che vedere con il Vesuvio e i Campi Flegrei, vere bombe a orologeria nel centro della penisola. Sulle quali si continua a vivere e costruire allegramente.

I terremoti collegati alle eruzioni dell’Etna sono frequenti e hanno causato vittime e danni in varie occasioni (Zafferana Etnea 1984). Si tratta della sismicità scatenata dalla risalita dei gas all’interno della camera magmatica, dove vengono elaborate le lave del vulcano. Oppure da grandi scivolamenti profondi, come enormi frane: tutto l’edificio vulcanico sembra essere in lento spostamento verso lo Jonio. Sono terremoti con ipocentro poco profondo e magnitudo relativamente bassa, molto diversi da quelli che, invece, di origine tettonica, fanno della Sicilia Sud-orientale la zona più pericolosa d’Italia. Nel gennaio del 1693 un terremoto valutato (a posteriori) di magnitudo 7,5 Richter, più forte di quello di Reggio e Messina del 1908, distrusse Val di Noto e Catania. Nel capoluogo ci furono 15 mila morti su quasi 20 mila abitanti. Cinquantamila vittime in tutta la regione e la distruzione totale di città e paesi.

Questi terremoti sono causati dai movimenti lungo una enorme spaccatura, lunga 300 chilometri, che costeggia la Sicilia orientale (la scarpata di Malta) e sarebbero in grado di causare decine di migliaia di morti nel capoluogo etneo, uccidendo quasi la metà della popolazione e radendo al suolo una città che non è assolutamente preparata a reggere l’impatto di quello che potremo (impropriamente) chiamare il nostro “Big One”. Come dimostrano i danni di questi giorni nei paesi etnei. Secondo recenti studi, la scarpata di Malta sarebbe anche il «rubinetto» del magma dell’Etna, che risalirebbe lungo superfici curve che pescano a oltre 20 chilometri di profondità, prima di stazionare nelle camere magmatiche più superficiali e alimentare nuove eruzioni. Questi corridoi profondi preferenziali (specie di «autostrade») spiegano anche perchè l’Etna sia cresciuto così in fretta e in modo così consistente rispetto ad altri vulcani. La Sicilia sudorientale è seduta sopra un mare di magma e dunque non si possono escludere nè nuove scosse, nè eruzioni da quote più basse con apertura di nuove bocche.
In questi giorni si registra, inoltre, un parossismo eruttivo di Stromboli con fontane di lava ed esplosioni che emettono lapilli, ceneri e gas. Stromboli è un vulcano in attività continua da oltre duemila anni, tanto che veniva chiamato il faro del Mediterraneo, perchè il pennacchio di lava era visibile da lontano durante la notte. Le sue eruzioni degli anni ’30 provocarono lo spopolamento dell’isola che ridusse di quasi dieci volte il numero degli abitanti, ma, normalmente, non destano preoccupazioni e la risalita a piedi al vulcano è un’esperienza di viaggio da fare. Il problema potrebbero essere qui gli tsunami: un’eruzione importante potrebbe portare molto vicina all’esposizione la camera magmatica superficiale del vulcano e causare fenomeni di instabilità e frane che potrebbero innescare maremoti giganteschi. Molto più consistenti di quello del dicembre 2002". 

Stromboli non ha nulla a che vedere con l’Etna: la sua attività è legata allo scontro che avviene, all’altezza di Sicilia e Calabria, fra la placca africana, che spinge da Sud, e quella europea che resiste a Nord. La prima si piega e finisce sotto la seconda, fondendo in profonditò e dando luogo a vulcani (isole Eolie) e terremoti profondi. Una situazione simile a quelle indonesiane. A complicare il quadro e ad incrementare il rischio ci sono i vulcani sottomarini che, dalla Catena Palinuro al ben noto Marsili, costellano i fondali davanti alla Calabria: un’eruzione di questi giganti porterebbe a tsunami catastrofici dalle conseguenze inimmaginabili".


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