Un bellissimo racconto di teatro in musica della storai del matrimonio nel Novecento in Sicilia
di Redazione


Modica – C’è la sceneggiatura di un film nello spettacolo teatrale andato in scena al Garibaldi di Modica il 21 dicembre, per ripercorrere la storia della famiglia Mugnieco e degli abiti da sposa in Sicilia. Ottanta anni.
Merito dello spirito vitale di Giovanni Mugnieco, il fondatore, un personaggio che ha attraversato la Seconda Guerra Mondiale sfuggendo a campi di prigionia, ai bombardamenti, ai rastrellamenti nazisti. E che avendo la possibilità di fuggire da un campo, ben sapendo che per ogni fuggiasco, dieci prigionieri sarebbero stati fucilati, rimase in catene, per amore dei propri compagni di prigionia.
Così, in teatro, la storia della famiglia Mugnieco si è intrecciata con quella del matrimonio in Sicilia, a partire dai primi decenni del Nocevento, fatta di formalità familiari, fidanzamenti concordati e sanciti dai pater familias, e dalle matrone che dietro le quinte gestivano economia e intrecci sentimentali, in un gioco in cui il ruolo della donna-mamma era preminente seppur secondario, almeno ufficialmente.
Le note al piano di Seby Burgio, siciliano diventato oggi forse il maggiore pianista Jazz italiano, chiamato da Massimo Ranieri nei suoi spettacoli, e la voce di Stefania Patanè, capace di cantare Mokarta a cappella, e a freddo, con una interpretazione da brividi, hanno restituito un affresco prima in bianco e nero, poi a colori, dell’evoluzione del matrimonio in Sicilia.
Inibizioni, sessuofobia, accordi tra famiglie, ritualità agrarie, forma e sostanza di una civiltà rurale che si imborghesiva. C’è tutto nel racconto di Donatella Liotta, autrice e attrice, che ha portato in scena Francesca Caruso e Umberto Andolina, i due fidanzatini siciliani costretti a una teoria di regole che dal primo bacio giungono alle “spinnagghi”, il dolce del trattenimento nuziale. La regia dello spettacolo è stata curata da Sergio Iacono, mentre Alessandra Pitino e Mario Mattia Giogetti hanno dato voce al racconto.
La microstoria di Giovanni Mugnieco interseca nel racconto teatrale la macrostoria della Guerra, della Sicilia arcaica eppur felice, dove la canzone popolare siciliana prima, quella francese poi, quella americana infine, raccontano l’amore nelle sue declinazioni.
C’è Louis Prima ed Edith Piaf, c’è Dean Martin e la Luna la mezz’o mare Mamma mia me maritari, c’è la bella figliola ca ti chiami Rosa, e c’è lui Giovanni Mugnieco, che l’8 dicembre del 1946 fa ritorno a casa dopo 4 anni di guerra e vicende umane che sembrano pezzi di copione de La vita è bella di Roberto Benigni.
Ed è l’8 Dicembre del 1958 quando il Signor Giovanni inaugura il suo primo negozio in via Marchesa Tedeschi. Mugnieco diventa sinonimo di Sposa e Sposo, e negli anni Settanta affiancano il papà i figli Piero ed Emanuele, fino all’8 Dicembre 1996, quando viene inaugurato il nuovo atelier, che si trova nella sede attuale, alla Sorda.
La due giorni al Teatro Garibaldi, la prima con lo spettacolo teatrale, la seconda di sfilata, è stata un omaggio dei figli e dei nipoti a questo uomo che dalla vita in guerra si salva per dare vita a un sogno d’amore.
Post scriptum: ci sia consentito di suggerire alla famiglia Mugnieco di depositare lo spettacolo in Siae. E’ un lavoro di ricerca sulla Sicilia davvero prezioso.
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