Cultura
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24/03/2020 22:24

Modica e la devozione alla Madonna delle Grazie

Una pittura su ardesia raffigurante la Madonna delle Grazie tra un cespuglio di rovi in fiamme

di Un Uomo Libero.

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Modica e la devozione alla Madonna delle Grazie
Modica e la devozione alla Madonna delle Grazie

Modica – Alcuni documenti importanti a Modica testimoniano la grande devozione alla Madonna delle Grazie.
Sono un decreto di Juan Alfonso Enríquez de Cabrera, conte di Modica, un biglietto di Vittoria Colonna, la madre del Conte, che accompagna il decreto, e il testamento di Vincenzo Miccichè.
Nel decreto e nel biglietto si fa cenno a una devozione antica per la quale a Modica si venerava la Vergine Maria sotto il titolo di “Madonna della Grazia” mentre nel testamento di Vincenzo Miccichè il riferimento alla Vergine è già come dispensatrice di grazie, “Madonna delle grazie” appunto.
Il decreto e il biglietto sono stati spediti da Madrid il 26 giugno 1622. L’intervento del conte era stato sollecitato da una supplica inviatagli dai Procuratori della chiesa di Santa Maria delle Grazie il cui originale è andato perso ma dalle risposte contenute nel decreto del Conte è possibile perfettamente ricostruire.
Nel 1615 miracolosamente era stata ritrovata intatta a Modica una pittura su ardesia raffigurante la Madonna delle Grazie tra un cespuglio di rovi in fiamme. Si gridò subito al miracolo e il popolo chiese a gran voce che sul posto del rinvenimento fosse edificata una grande chiesa.
Già una pittura su pietra di lavagna molto simile a quella ritrovata a Modica si venerava a Scicli dal 1605 in un’edicola posta lungo la strada che s’inerpicava al Convento francescano di S. Maria della Croce. Era stata tanta la devozione per quella pia immagine che la pittura nel 1615 (lo stesso anno del miracoloso ritrovamento di Modica, sic!) era stata trasferita dai frati dall’edicola alla chiesa del convento.
Nel 1622, l’anno in cui i Procuratori della chiesa di Modica scrivono al Conte, il tempio doveva essere già in avanzato stato di costruzione, se questi chiedono l’istituzione di una grande fiera franca di dazi con gli introiti della quale sostenere economicamente il culto della Vergine.
Nel biglietto, Vittoria, rispondendo alla supplica dei Procuratori, fa rilevare il suo prezioso ruolo d’intermediatrice e scrive:
“nonostante i numerosi impegni del conte, mio figlio, e nonostante i tempi particolarmente difficili che sconsigliano di concedere questo tipo di provvidenze, tuttavia mi sono fatta interprete verso di lui perché esaudisca il vostro desiderio trattandosi di una devozione così sentita. In cambio chiedo che facciate pregare per me e per il Conte e questo lo si faccia sempre ogni anno nel giorno in cui si festeggerà la Madonna.”
Come il solito, Vittoria denota un animo molto generoso e anche un’anima molto pia. A parte il tono confidenziale del biglietto.
Il decreto del Conte, invece, trattandosi di documento ufficiale, è abbastanza dettagliato. In esso si legge
Avendo ricevuto da parte dei Procuratori della Chiesa “nuovamente erecta” di S. Maria della Grazia della mia città di Modica un’istanza nella quale s’invoca un mio contributo nell’incentivare il culto già molto sentito e la grande devozione alla Madonna della Grazia, la cui festa si celebra la terza domenica di maggio di ogni anno, ho deciso di autorizzare una grande fiera, come’è stato richiesto. La fiera comincerà quattro giorni prima della festa e durerà fino a tre giorni dopo la festa per un totale di otto giorni e godrà delle stesse esenzioni, giurisdizione e “franchezze” della fiera del Salvatore già autorizzata dai miei Predecessori.
Il documento fu redatto da Don Juan Aguilar (o Yguluz?) y Barassa, segretario e cameriere del conte, cavaliere dell’Ordine di Alcántara. Fu trasmesso al Procuratore del Conte a Palermo Don Fortunio Arrighetti e da questi notificato al Governatore Paolo La Restia, al maestro razionale Don Giuseppe Grimaldo e all’economo Don Francesco Echebelz.
Fu registrato in Cancelleria a Modica il 5 settembre 1622.
Analizzando il decreto del Conte s’intuisce che non è l’originale e la copia è stata eseguita da una persona che non conosceva la lingua castigliana ma solo trascriveva ciò che sapeva leggere. Infatti, il testo contiene sviste ed errori. Premesso questo, dal documento si possono ricavare alcune preziose informazioni.
La prima fa riferimento a una chiesa “nuovamente erecta”.
Che cosa volevano dire i Procuratori con quell’espressione ripetuta pedissequamente nel documento del Conte?
Che la chiesa fosse di nuova erezione o che la chiesa si sostituisse a una precedente nella quale si venerava la Madre di Dio come “Madre della divina Grazia”?
Con molta probabilità è la seconda ipotesi quella corretta. Non per niente i Procuratori si dicono tali della “Chiesa di Nostra Signora della Grazia” e non “delle grazie”.
E ancora. Dal documento apprendiamo che a Modica esisteva già una fiera del Salvatore con “franchezze” e giurisdizione della durata di otto giorni.
E’ strano, però, che Vincenzo Miccichè di Scicli, nel suo testamento rogato nel 1623 (a distanza di un anno, sic!), lasci un cospicuo legato pro anima testatoris di quaranta onze una tantum da spendere col beneplacito del canonico Don Francesco de Assenzo per l’acquisto di arredi necessari per la venerabile chiesa di Santa Maria delle grazie di Modica e per il servizio liturgico in essa dispensato.
Ci troviamo, dunque, in presenza di due documenti coevi, il testamento e il decreto del Conte, di diverso segno. Ciò denota la grande confusione che già dai primissimi anni si era fatta a Modica tra le due devozioni, riuscendo la seconda, cioè quella a S. Maria delle Grazie, a soppiantare e sostituire definitivamente e in breve tempo la prima.
Modica nel Seicento era una città spagnola. La scarsa considerazione dei siciliani, le continue ruberie e truffe perpetrate per tutto il Cinquecento ai danni della famiglia Enríquez de Cabrera che, per il matrimonio di Anna Cabrera con Fadrique Enríquez (Toledo, contratto matrimoniale del 18 luglio 1480), dal 1480 annoverava tra i suoi possedimenti la Contea di Modica, avevano spinto i Conti a riempire il territorio di emissari e forze lavorative principalmente originari della Vecchia Castiglia.
In Spagna e soprattutto in Castiglia era frequente il ricorso a una “leggenda del sacro” che facilmente appagava le ansie spirituali di un popolo inquieto, indirizzandole verso forme di devozione popolare che servivano a esorcizzare la costante paura della morte. Il timore di morire scaturiva dalla consapevolezza dell’inesistenza della cura o dall’incapacità di far fronte a eventi naturali imprevedibili e incontrollabili come terremoti, alluvioni, carestie e pestilenze.
I continui ritrovamenti d’immagini sacre, spesso incoraggiati da religiosi particolarmente zelanti (nel caso di Scicli, i Francescani; nel caso di Modica, i Padri Minimi di san Francesco di Paola) alimentavano sapientemente la “leggenda del sacro” che oltre a dare stabilità sociale, contribuiva a dare anche stabilità economica, come facilmente si evince dalla richiesta dei Procuratori e dalla concessione del Conte.
Nel tempo le devozioni si sono sempre più radicate nella religiosità popolare locale fino a far parte di un patrimonio irrinunciabile che tuttavia esiste e resiste agli attacchi della “secolarizzazione fuori controllo” teorizzata da Jürgen Habermas in risposta al principio della “teoria aperta” enunciato da Karl Popper nel 1945.
Il povero Vincenzo Miccichè sul letto di morte si affidava alla Madonna delle Grazie non più per impetrare una guarigione fisica che non era sopravvenuta ma per un intimo bisogno spirituale che coglie l’anima nel momento unico, definitivo e supremo del distacco.
L’ha fatto anche l’Uomo di oggi super tecnologico e supponente davanti a un nemico invisibile, un virus, le cui armi sfuggono a ogni calibrata risposta della scienza come da sempre sono sfuggiti e sfuggiranno il concetto di Dio e la virtù della Fede.

 

Crediti:
Archivo Histórico Nacional, Madrid
Archivio di Stato di Ragusa, sez. di Modica
Carioti Antonino, Notizie storiche della Città di Scicli, ed. a cura di Michele Cataudella, vol. I e vol. II, Comune di Scicli, 1994
Pellegrino Francesco, Gli ultimi giorni di Vittoria Colonna, duchessa di Medina de Ríoseco e contessa di Modica in Incontri, anno V, n. 20, Lug-Set, 2017
Pellegrino Francesco, La Contea di Modica nei primi anni del Cinquecento/Storia di un giallo e di una contabilità ritrovata, The Dead Artists, 2019
Sitografia (al 24.3.2020):
Il testamento di Vincenzo Miccichè Scicli – RagusaNews.com

Libertà e Democrazia: Secolarismo, post-secolarismo


SANTUARIO MADONNA DELLE GRAZIE – DIOCESI di NOTO

 

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