Manovra 2026: dall’addio alle maxi-rate iniziali all’esclusione dei recidivi e al rientro dei decaduti
di Redazione

La rottamazione quinquies, la quinta edizione della definizione agevolata delle cartelle, nasce in un quadro di bilancio severo, con la manovra che deve rispettare l’obiettivo di ridurre il deficit al 3%. Per questo, si prepara a diventare una misura di equilibrio instabile tra rigore e flessibilità. Il governo intende chiudere il dossier nella riunione di maggioranza prevista a Palazzo Chigi mercoledì 8 ottobre, ma le ipotesi in campo restano almeno due, a tratti divergenti, su punti centrali come la durata, le regole di decadenza e i criteri di accesso.
96 rate in 8 anni
Nella versione originaria, firmata dal presidente della Commissione Finanze Alberto Gusmeroli, la sanatoria doveva essere la più ampia di sempre: 120 rate in dieci anni, il tempo lungo per permettere a tutti di rientrare. Col passare delle settimane, però, il disegno si è fatto più contenuto. La versione ora sul tavolo riduce la dilazione a 96 rate in otto anni, con 12 pagamenti annuali con rate minime, a quanto sembra, non inferiori a 50 euro. Il motivo è essenzialmente finanziario: le risorse disponibili sono scarse (circa un miliardo di euro) e ogni allungamento temporale costerebbe coperture che il bilancio non consente. Eppure, il compromesso non cancella del tutto la prima ipotesi: alcune bozze tecniche mantengono infatti la possibilità di un piano più lungo per i debiti maggiori, mentre per le cartelle di importo ridotto la dilazione potrebbe essere abbreviata. La parola d’ordine è «proporzionalità»: tempi diversi per debiti diversi.
Rate tutte uguali
A quanto pare, un’altra certezza è che spariranno le maxi-rate iniziali, quelle che concentravano il 20% del dovuto nelle prime due scadenze e che nelle precedenti edizioni avevano scoraggiato molti contribuenti. La quinquies prevede rate tutte uguali, distribuite sull’intero periodo.
L’acconto iniziale
Resta, però, un’incognita: ci sarà o no un anticipo obbligatorio? Una parte della maggioranza vorrebbe introdurre un acconto del 5% solo per i debiti oltre i 50 mila euro, come segnale di affidabilità finanziaria; altri, al contrario, spingono per una adesione senza «fee» né anticipo, per semplificare e incoraggiare la partecipazione. È qui che le due anime della misura – quella rigorista e quella inclusiva – si scontrano. L’ultima ipotesi, comunque, propende per la scomparsa della fee d’ingresso, con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione che dovrà comunicare il piano entro dieci giorni dalla domanda, una tempistica mai vista nelle rottamazioni precedenti (quando si attendevano anche due mesi).
La regola più discussa: quando si decade
E poi c’è il tema della decadenza. Il ministero dell’Economia propende per applicare le regole delle rateazioni ordinarie (articolo 19 del DPR 602/73), cioè la decadenza dopo due rate non pagate, anche se non consecutive. Sarebbe una svolta di rigore: oggi la perdita del beneficio scatta dopo otto rate saltate. Altri tecnici, invece, propongono di mantenere una tolleranza più ampia, proprio di otto rate, per non trasformare la rottamazione in un percorso a ostacoli. La scelta, ancora aperta, determinerà la reale efficacia della misura: due rate di margine rendono il piano «da ufficio di riscossione», otto lo rendono «da pace fiscale».
Chi potrà aderire e chi no
Sul fronte dell’accesso, le intenzioni del governo sono di escludere chi ha già una rottamazione in corso e, più in generale, i cosiddetti «rottamatori seriali», cioè coloro che hanno usato le precedenti sanatorie solo per bloccare pignoramenti o fermi amministrativi, senza poi pagare.
In compenso, i decaduti dalle precedenti edizioni – che una rottamazione non l’hanno più in essere – potrebbero essere riammessi, con una curva di rateazioni più morbida (otto anni invece dei cinque oggi previsti).
Su questo punto, però, le bozze non sono univoche. Un passaggio di testo, probabilmente frutto di un’errata formulazione, prevede addirittura di escludere chi «non ha in itinere rottamazioni in corso»: una lettura che, se confermata, renderebbe impossibile proprio il rientro dei decaduti. È l’incongruenza più evidente finora.
I carichi fiscali coinvolti
Infine, i carichi fiscali coinvolti. L’ipotesi principale prevede che la quinquies copra i carichi affidati alla riscossione fino al 31 dicembre 2023. Tuttavia, diversi esponenti della maggioranza puntano ad estendere la finestra al 31 dicembre 2024, per includere anche i ruoli più recenti. Resteranno comunque escluse, per vincoli normativi, le sanzioni penali, i danni erariali riconosciuti dalla Corte dei conti e gli aiuti di Stato da restituire.
10 anni di rotamazioni
Dal 2016 a oggi le quattro edizioni della rottamazione hanno recuperato 38 miliardi di euro su un potenziale di 112 miliardi, coinvolgendo quasi 8 milioni di contribuenti. Un risultato importante, ma zavorrato da un dato: quasi la metà dei contribuenti (49%) ha abbandonato il piano prima della fine, con punte del 70 % nella rottamazione ter. Un segnale che la durata da sola non basta: serve una struttura sostenibile, non solo dilazionata.
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