Aveva ricevuto l’Oscar alla carriera nel 2020. Lina Wertmüller si è spenta nella notte a Roma
di Redazione

Roma – È morta nella notte, a Roma, Lina Wertmüller, una delle più grandi registe italiane. Aveva 93 anni. La notizia è stata data da un amico di famiglia sui social, mentre fonti vicine alla famiglia stessa hanno dichiarato che «è mancata serenamente a casa, vicino alla figlia e ai suoi cari».
Protagonista del nostro cinema con film passati alla storia come «Mimì metallurgico ferito nell’onore», « Film d’amore e d’anarchia» o «Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto», Lina Wertmuller era nata a Roma nel 1928, al secolo Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich: dopo aver fatto l’aiuto regista di Fellini ne «La Dolce Vita», aveva esordito in regia con i Basilischi nel 1963, da lì una serie di successi memorabili, anche nella storia del costume italiano, culminati con la prima nomination all’Oscar per una regista donna nel 1977 per «Pasqualino Settebellezze».
Il vero nome di Lina Wertmüller
Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, questo il nome all’anagrafe di Lina Wertmüller, la più celebre regista italiana, è morta oggi 9 dicembre. Era nata a Roma il 14 agosto 1928. Nel cinema aveva iniziato come aiuto regista e attrice di Federico Fellini ne “La dolce vita” (1960) e “8” (1962). Il suo esordio come regista arrivò nel 1963 con “I basilischi”.
A 17 anni inizia la passione per il mondo dello spettacolo
Lina discendeva da una nobile famiglia svizzera. Suo padre Federico era un avvocato antifascista originario di Palazzolo San Gervasio, in provincia di Potenza, ma vive insieme alla famiglia a Roma dove Lina ha studiato. È amica e compagna di classe di Flora Carabella, futura moglie di Marcello Mastroianni che la introdurrà, a soli 17 anni, nel mondo dello spettacolo. “A Flora devo se ho fatto questo lavoro, lei ho seguito quando lasciò il Liceo e si iscrisse a una scuola di recitazione (solo che io scelsi il maestro Scharoff invece dell’Accademia Silvio D’Amico)”, racconterà la Wertmüller. Per alcuni anni lavora come animatrice e regista degli spettacoli dei burattini di Maria Signorelli e collabora anche con Garinei e Giovannini. Comunista fin da giovane, nel 1956, dopo i fatti d’Ungheria, è critica col Pci. “Essere di sinistra era, ed è stata per cinquant’anni, una moda culturale, ma anche una necessità per fare parte del giro giusto”, ammetterà in seguito.
L’esordio nel cinema è del 1963 con I basilischi
Nel 1953 è assistente alla regia nel film d’esordio di Virna Lisi, E Napoli canta mentre nel ’59 è l’autrice della prima edizione del programma Canzonissima. L’anno successivo Federico Fellini la vuole come aiutante e attrice per il film La dolce vita e, in seguito, la confermerà anche per 8 e mezzo. Nel 1963 debutta al cinema con I basilischi, pellicola ispirata al paese d’origine di suo padre. “Andando sul set di Salvatore Giuliano di Rosi, in Sicilia, decidemmo – racconterà in seguito – con amici di fare un giro per le cattedrali della Puglia, finimmo al confine con la Basilicata in un paesino che si chiama Palazzo San Gervaso, era quello da cui era venuto mio padre a Roma per fare l’avvocato. Non c’ero mai stata. Incontrai zii e parenti ed ebbi l’ispirazione per fare un ritratto del Sud profondo: la borghesia, lo struscio, il rapporto padri figli, ragazzi e ragazze”. Nello stesso anni dirige Rita Pavone ne Il giornalino di Gian Burrasca che ottiene un ottimo riscontro di pubblico e di critica. Negli anni ’60 dirige anche il film a episodi Questa volta parliamo di uomini con Nino Manfredi, le commedie musicali Rita la zanzara e Non stuzzicate la zanzara, di nuovo con Rita Pavone nel ruolo della protagonista e il western The Belle Starr Story, con Elsa Martinelli. Nel 1965 si lega sentimentalmente con il pittore, scenografo e scrittore Enrico Job, con il quale trascorre insieme ben 44 anni della sua vita.
Anni ’70, il sodalizio con Giancarlo Giannini e la nomination all’Oscar
Negli anni ’70 inizia la collaborazione con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato che sono i protagonisti indiscussi di film destinati a diventare dei veri e propri cult come Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972) e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974). Giannini è presente anche nel film i Pasqualino Settebellezze che ottiene ben 4 nomination all’Oscar, tra cui quella per la miglior regia e il miglior attore. Nel 1978 la Wertmuller entra nel Guinness dei primati per il titolo del film più lungo della storia, ossia perFatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici. Si sospettano moventi politici che negli Stati Uniti diventa semplicemente Revenge. “I produttori volevano titoli brevi perché secondo loro funzionavano di più, e io invece glieli facevo lunghi. Per uno scherzo quasi ottocentesco; mi divertiva che non se li ricordassero tutti”, rivelerà la regista.
Gli ultimi anni di Lina Wertmuller
Negli anni ’80 dirige solo 5 film tra cui Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada in cui tratta il tema del terrorismo con una certa leggerezza. Nel 1986 inaugura la stagione lirica del Teatro di San Carlo di Napoli con la Carmen, opera che viene trasmessa in diretta su Raiuno. Nel 1992 sbanca il botteghino con Io speriamo che me la cavo e con Paolo Villaggio protagonista di questa ennesima pellicola dedicata al Sud Italia.
Quattro anni dopo sceglie Tullio Solenghi e Veronica Pivetti per il film con Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica. Gli ultimi suoi lavori per il cinema sono Ferdinando e Carolina (1999) e Peperoni ripieni e pesci in faccia (2004) con Sophia Loren, mentre per la televisione gira Francesca e Nunziata (sempre con la Loren) e Mannaggia alla miseria che va in onda nel 2010 su Raiuno. Sempre in quello stesso anno riceve il David di Donatello alla carriera e nel 2015 la cittadinanza onoraria della città di Napoli, conferita dal sindaco Luigi de Magistris. Nel 2019 viene insignita del premio Oscar alla carriera.
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