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Buttafuoco si schiera: il giovane Montalbano meglio del vecchio

«’Ncanciati canali!»

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Roma - Su Il fatto Quotidiano di oggi Pietrangelo Buttafuoco si schiera a favore delle qualità attoriali di Michele Riondino.

Così: "Non c’è dubbio che Il Giovane Montalbano, quello con Michele Riondino, sia più bello de Il Commisario Montalbano che andrà in onda stasera con Luca Zingaretti e che stravince sempre negli ascolti.
Vecchio chiama vecchio, si dirà; la televisione ha un bacino di pubblico sempre più anziano. Le serie tivù, si sa, hanno un codice speciale – l’alchimia particolare che decreta il successo – ma vale sempre lo schema duale di Luigi Pirandello, I Vecchi e i giovani, laddove sono sempre questi ultimi a capitolare rispetto ai leoni accasati che la sanno sempre lunga.
Un Antonio Campo Dall’Orto, bravo per quanto possa essere, se ne andrà. Un’Antonella Clerici, invece – giusto in tema di Rai – resterà comunque.
I vecchi sono pur sempre quelli che hanno capito il gioco. E’ “il demoniaccio beffardo”, scriveva Pirandello, “che si spassa a rappresentarci come realtà ciò che poco dopo egli stesso ci scopre come nostra illusione”.
Non c’è paragone, infatti, tra la maschia sfrontatezza di Riondino, forte di segno attoriale, e la sgamata declamazione di Zingaretti, fatta tutta di calate.
Zingaretti – se anche si mettesse il ciuffo di Pappagone in testa – ha la faccia di quello che potrà fare solo una cosa, quella. Riondino – picciottazzo – ha il ventaglio d’espressione con tutte le sfumature.
Non c’è, appunto, gara tra i due commissari. Ma il “demoniaccio beffardo” – spegnendo le illusioni dei giovani – va ad albergare nella palpebra calante. Quella del ritmo lento.
Riondino che dice «‘ncanciari canali!» è un soprassalto. Zingaretti che, con improbabile sex appeal, prende tra le braccia Sonia Bergamasco (Livia), si fa largo tra le gambe di lei e poi – «l’indagine!» – se ne va al mestiere suo di sbirro per fare basta più, raddoppia in calata.
Tutta la lentezza di recitazione del vecchio, si sa, avvince. La lesta lettura del giovane – ormai s’è capito – inquieta.
Il vecchio vince sul giovane. Naturalmente si sta parlando di due modelli, belli entrambi, generati dalla stessa casa – la firma di Andrea Camilleri e la produzione, Palomar, di Carlo Degli Esposti – ma dover registrare che il vecchio tira mentre il giovane arranca certifica più un catenaccio all’immaginazione che un’opera aperta.
Il vecchio vuole solo il vecchio. E un Commissario così, nel gioco di specchi dell’Italia davanti al televisore, s’assegna un ruolo di retroguardia: la sottomarca è il vecchio, il giovane è il ben più smagliante brand ma per arretrare davanti alla cieca legge del successo dove il vecchio trova la strada a un altro vecchio.
Inutile dire quanto è perfetto Alessio Vassallo – il giovane – nel ruolo di Mimì Augello: “Sono femminaro, ebbene sì. E’ vietato?”. Nello stesso ruolo, invece, Cesare Bocci – il vecchio – cala di registro. Vederlo in mutande, al balcone, col pistolone abbandonato sotto il cuscino del divano, è stato come ritrovarselo in un frame di “Scherzi a parte”.
Certo, Angelo Russo – il vecchio – nel ruolo di Agatino Catarello, non si discute. Anche Roberto Nobile – il vecchio, nella parte di Nicolò Zito, il giornalista – è superbo. Non c’è dubbio che senza Il Commissario Montalbano non sarebbe venuto, dopo – in un viaggio al contrario – Il Giovane Montalbano. Assai troppo più bello è nella versione picciottazza, è vero. E comunque, stasera, «’ncanciati canali!».


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