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20/12/2021 09:53

Ciccio Sultano il sensitivo: «Il fantasma del barone non mi vuole»

Lo chef ragusano tiene buono Don Saverio La Rocca con un bicchier di vino

di Redazione

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Ciccio Sultano il sensitivo: «Il fantasma del barone non mi vuole»
Ciccio Sultano il sensitivo: «Il fantasma del barone non mi vuole»

 Ragusa – «Sono cattolico. Ma ho anche tremila fisime legate al malocchio. E sono un sensitivo. Se entro in un posto e c’è qualcosa che non va, vengo investito fisicamente. Ancora oggi non mi sento benvoluto da questo spazio. Così cerco di entrare nelle grazie di chi ci ha abitato». E’ con un buon bicchier di vino che Ciccio Sultano si tiene buono il fantasma di Don Saverio La Rocca, barone di S. Ippolito, che nel 1765 costruì l’omonimo palazzo – tra i 18 patrimoni Unesco di Ragusa Ibla – che dal 2000 ospita il “Duomo” del cuoco-medium. «Qui molti avi del barone sono morti di tubercolosi» rivela al Corriere della sera. Ci mancherebbe pure questo dopo il Covid. Dice di avvertirne le presenze, per fortuna gli spettri non sembrano essere contagiosi.

«Come in tutti i posti dove ci sono state grandi violenze – continua -, quando il barone è andato via, ha tolto il blasone. Sa cosa vuol dire? – racconta alla giornalista – Che ha maledetto il palazzo. Perciò io glielo dico, con rispetto: barone, questo posto è sempre suo, ci beviamo una cosa assieme? E quello che non farò mai è acquistare tutto il palazzo. Tutto, mai. Manco se ho i soldi, manco in affitto. Al barone ho promesso rispetto. Non disturbo, faccio piano». Ma quale disturbo, il barone deve aver gradito il goccetto perché lo chef va a mille: mentre firma l’offerta gastronomica del “Pastamara” al Ritz-Carlton di Vienna, del resort San Corrado di Noto e del W Rome targato Marriott vicino piazza di Spagna a Roma, punta dritto alla terza stella Michelin. La cucina è anche affabulazione e Sultano sa “condire” i suoi piatti di storie fascinose.

Una cosa però è certa: «Vengo letteralmente dal nulla». Dai campi e i cantieri in cui, orfano, s’è ritrovato a lavorare quando aveva solo 9 anni; al bar-pasticceria di Vincenzo Corallo a Vittoria, quando ne aveva 13, a cui ruba i primi trucchi e segreti. Poi una spaghetteria a Marina di Ragusa e il catering, mentre studia sulle riviste di settore. Quindi il salto al “Tantris” di Monaco di Baviera, e da qui al “Felidia” dei Bastianich a Washington. Infine il ritorno a casa, al Duomo ragusano. E il fantasma di Don Saverio chiuderà un occhio se Ciccio nel frattempo, s’è allargato nella sua dimora coi “Cantieri Sultano” che includono laboratorio di pasticceria con bar, salotto, dehors, cantina e uffici. In cambio, gli lascerà un giorno libero in più per aggirarsi indisturbato tra le sale: gli affari vanno talmente bene che «dal prossimo anno chiuderemo un giorno in più alla settimana – annuncia -, chi lavora in cucina oggi non vuole solo più soldi ma maggiore libertà per vivere».